INTRO
Ebbene si! L'abbiamo fatto! Siamo andati a vedere il TT all'isola di Man! In
moto! Per il centenario! Strabiliante, incommensurabile, commovente... Per chi
ama le moto quello dovrebbe essere il mondo: quell'odore, un misto di
idrocarburi, salmastro e essenze naturali che esalta come una droga, l'invertita
proporzione numerica tra automobili e moto, di tutti i tipi, di tutte le epoche,
come i guidatori e i passeggeri, i paesaggi che sembrano quelli di un film
fantasy, gli alberi fatati, le case degli gnomi... ho paura che sia davvero una
droga, ne sento già l'astinenza!
In realtà non riusciamo, noi che abbiamo fatto insieme questo viaggio, a
descrivere il TT a chi non c'è stato. Non siamo capaci. Sentiamo che tutte le
parole che affiorano non sono minimamente sufficienti a rendere l'idea di cosa
sia questo universo di cui la gara è 'soltanto' il Sole, che lo illumina per
quindici giorni l'anno, come un'estate rapida quanto attesa. Ecco, io ho sempre
aspettato l'estate con trepidazione, specialmente durante un periodo della mia
vita (la mia lunga adolescenza) per me esistevano solo due stagioni: l'estate
(che però qui in maremma si avverte già verso il 25 aprile), e la stagione in
cui aspettavo l'estate. Ecco, credo che per molta (o poca?) gente la vita sia
scandita da due stagioni ancora più diseguali tra loro: il TT e la stagione in
cui si aspetta il TT (per correrci, per esserci, per tornarci). Questo dalla
prima volta in cui hanno avuto la fortuna (o la sventura...) di esserci... e non
mi sento di escludere che forse anche per me, che pure non ho mai corso in moto,
sarà così. Forse perchè quel mondo è talmente accogliente e inebriante da far
sentire chiunque come se fosse un vecchio amico, atteso, ritrovato, o che fa una
gradita visita a sorpresa. Esattamente il contrario di tanti ambienti in cui ci
tengono a immaginarsi elìtari, ma dove in realtà, per farne parte, basta pagare,
e non avere particolari talenti o passione.
Io avevo maturato il desiderio (sogno) di andare a Manx dopo aver letto uno dei
due libri fondamentali sull'argomento (in ordine di lettura, 'La corsa proibita'
di Donnini, e 'Ti porterò a Bray Hill' del compianto Patrignani), Marcello era
scettico, non aveva letto il libro e quello che io gli dicevo contribuiva solo a
rafforzargli il concetto di una pazzia collettiva. Poi, anni dopo, tutta una
serie di eventi ci ha portato a poter sperare di andarci, e infine ad essere
determinati nell'organizzare il viaggio (la famosa congiuntura favorevole!).
Ferie chieste da Dicembre, traghetto e camping prenotato ad Aprile, ferie
concesse con riluttanza e successivo 'rinfaccio' dal mio EX datore di lavoro,
tempo di merda che ci costringe ad una 'falsa partenza', ma SI VA! Fra andata,
giri vari e ritorno, abbiamo macinato circa 5000 kilometrini, che per lo spirito
sono stati un elisir, e non sembrava neanche di essere stanchi fisicamente, ma
una volta a casa, forse anche per l'impatto con la brutale routine, io mi
sentivo un cencino... Ma per l'anima è stato come innamorarsi, ho continuato a
camminare come sospesa a mezz'aria per almeno due mesi, e quando ci penso mi
capita anc'ora, dopo più di un anno, ora che mi brucia la delusione di non
essere riuscita a tornarci (ebbene si, ci avevamo preso gusto), per motivi di
salute ... spero solo che la colpa non sia della maledizione dei folletti, che
ti impedisce di tornare sull'isola se non li saluti appena sbarchi... ma io l'ho
fatto appena ho potuto, nella concitazione del momento ho solo confusamente
ringraziato La Qualunque mi avesse permesso di essere lì, vi chiedo perdono,
pioveva, era buio, il rombo dei motori ci stordiva, le cavallette, non è stata
colpa mia!
CRONACA DEL VIAGGIO
Siamo partiti in tre. Con due moto: io e Marce (il mio maritino) col VF (Honda
750 C dell'89), fedele compagna, e Carlo Alberto (il Carlone nonchè mio
fratello) con la Guzzi Daytona al suo primo viaggio con lui, dopo essere rinata
(come la Fenice?) dai due scatoloni in cui l'aveva ricevuta (la fede!).
Siamo partiti di Lunedì. Cioè, ci abbiamo provato. Fermi al solito distributore
sulla superstrada, che utilizziamo come rampa di lancio, io guardo il cielo un
pò nuvoloso e chiedo se non sia il caso di metterci in 'configurazione da
pioggia' (tute da acqua, sacchi sulle borse), ma Marce, che ha paura di soffrire
il caldo, dice, indicando verso la nostra futura direzione «no, tranquilli, fa
aria!». C'era un rettilineo che finiva su un dosso, e dopo... il diluvio! Ma di
quelli che non vedi niente, il vento ti frusta con l'acqua e la grandine, dopo
un kilometro avevo bagnati anche gli slip, e persino la testa dentro il casco! A
quel punto era impossibile ed inutile fermarsi a infilare le tute da acqua
(poteva forse servire di più una tenuta da sub!) Si procede sulle uova fino alla
prima uscita (circa 40 Km da casa) e si torna indietro, sempre sotto lo stesso
diluvio - pareva un brutto film catastrofico anni '40 - sconfortati ma
intenzionati a non mollare. Ci è costato due giorni di cicli in asciugatrice (
giacche e pants di pelle e tutti i bagagli) e una fotocamera digitale che è
affogata nel mio zaino (impermeabile 'dall'interno verso l'esterno', come i miei
stivali, dice Carlo Alberto).
Allora, dicevo, siamo partiti di mercoledì, con le tute da acqua, gli anfibi, e
la roba nei sacchetti di nylon (quelli neri dell'immondizia, per i bagagli nelle
borse laterali, quelli da surgelatore, con la zip, per le attrezzature
elettroniche nella borsa a serbatoio). Grande invenzione il nylon! Evvai!
Avevamo prenotato via e-mail il traghetto per Douglas e tre notti in campeggio a
Union Mills. Gli altri 4000 Km (2000 all'andata, 2000 a ritorno) erano da
improvvisare. Navigatore umano (io, con le fotocopie evidenziate delle mappe) e
interfono (bella cosa). Le tappe previste sono state rispettate: Lyon (700
kilometrini circa da Venturina), Calais, Londra, Liverpool, a cui si è aggiunta
Haysham, 90 km più a nord, perchè la compagnia di navigazione (Steam Packet) ci
ha cambiato porto d'imbarco (avvertono di questa possibilità nella prenotazione,
e, avendo saputo per e-mail del cambiamento solo per Carlo, la sera prima
dell'imbarco siamo andati al porto di Liverpool a sentire se per noi era tutto a
posto così ci hanno comunicato che il cambio valeva anche per i nostri
biglietti; almeno ci siamo potuti imbarcare insieme!)
Poichè le nostre moto non hanno molta autonomia, il nostro ritmo di viaggio è
più o meno questo: rifornimento ogni 150 km circa, ricreazione ogni due
rifornimenti, al calasole ci fermiamo per la notte; quindi la prima tappa,
partendo da Venturina, è stata a Lyon, in un albergo di quelli lungo
l'autostrada, pratici ed economici (Ètape, camera con bagno, colazione, e garage
per la moto, fra i 27 e i 35 euro). Avevamo scoperto questa comodità in uno dei
viaggi precedenti, a Clermot Ferrand. Come sempre in Francia, ritroviamo la
pioggia, ma le loro strade consentono comunque un ritmo accettabile e una
maggiore sicurezza anche sul bagnato. Passato il traforo del Frejus (23 eurini
per 12 Km), le alpi francesi mi sono sembrate meno 'spigolose'delle nostre, e,
come tutta la Francia che ho visto, più verdi. Fuori dall'Italia, essendoci meno
distributori (ma aree di sosta più grandi e attrezzate), ci capita a volte di
dover uscire dall'autostrada per cercarne uno, e spesso ci perdiamo fra paesini
e stradine di campagna; questo ci angoscia prima di fare benzina, ma ci diverte
dopo, perchè ci ha sempre dato la possibilità di vedere luoghi insoliti ed
incontrare personaggi interessanti, come la donnina che, per render pratiche le
informazioni che chiedevo per tornare all'autostrada quando abbiamo sbagliato
strada ai piedi delle Alpi (Chambery, o giù di lì), ci ha detto di seguirla (lei
in macchina) e ci ha anche aspettato fare benzina! Nello stesso bar, un
vecchietto ubriaco, saputo che ero italiana, ha iniziato a vantarsi di sapere
l'italiano urlando TUTTI CUANTI NON CE LAVORO, TUTTI CUANTI... (incoraggiante!).
Comunque sono rimasta colpita anche dalle aree di sosta che abbiamo trovato in
Francia ed Inghilterra: sembrano parchi o giardini, puliti e curati, enormi, con
vari servizi, anche gratuiti ma puliti, grandi alberi che fanno ombra su prati
dove scorazzano deliziosi coniglietti che sembrano Tippete; e, udite udite, la
massa vegetale fa anche da barriera acustica, quindi all'interno si può riposare
sentendo ben poco del rumore dell'autostrada! Altre ancora sono dotate di tutto,
vari ristoranti, banca, campi da tennis, tiro con l'arco, albergo con parete da
free climbing e piscina... da non credere! E poi anche una sosta è l'occasione
per conoscere viaggiatori come noi, o diversi... ad un distributore due tipi
(francese col Fazer e austriaco col mega GS 1200, anche loro verso il TT),
vedendo la moto di Carlo che sputava spontaneamente la benzina in eccesso da
sotto hanno detto: «moto Guzzi, avventura!»; Carlo prontamente ha messo sotto la
sua moto una lattina tagliata di cocacola... ma poi abbiamo dovuto comunque
gettare quella benzina perchè c'è venuto il dubbio che lo zucchero del
rimasuglio di Coca, che non si legava co la benza, non giovasse al motore...
Il giovedì mattina si parte per Calais. Attraversiamo verticalmente la Francia
orientale, Dijon, Troyes, Reims, la Borgogne e la Champagne, Chalon... Visto
dall'autostrada, in giugno è un'immenso ondulato mare verde, raramente
costellato da piccoli abitati rurali, ad eccezione di qualche impianto
industriale per la produzione del famoso vino, o di qualche centrale atomica
(!). Ma è verde a perdita d'occhio! Con l'unica mia preoccupazione di un
distributore ogni 70/100 km.
Per cena siamo a Calais, dormiamo in un albergo della stessa catena di quello di
Lyon e la mattina dopo siamo sul porto col biglietto per Dover. Oltre
all'emozione, c'è la preparazione mentale al fatto che quando usciamo dalla nave
si viaggia a sinistra. Occhio alle rotatorie! E il sorpasso è a destra!
Non so perchè fino ad ora non ho fatto molte foto, fattostà che il 95% delle
circa 400 foto di questo viaggio sono state fatte nel Regno Unito...
In Inghilterra le autostrade sono quasi tutte gratuite, la qualità non è quella
delle strade francesi, ma sono comunque larghe e in buono stato; l'unico appunto
è per le rampe delle aree di sosta, che di solito si trovano sugli svincoli
delle uscite, il che crea un pò di confusione, soprattutto per le immancabili
rotatorie. Però, una volta raggiunta, l'area di sosta è veramente bella e
confortevole, ci sono giardini, laghetti, prati, e anche armadietti per i
motociclisti.
In poco tempo siamo sulla circonvallazione di Londra, costeggiamo la città sul
lato occidentale da Sud a Nord Ovest sull'autostrada M25, diretti verso l'uscita
di Heathrow per poi raggiungere la North Circular Road, dove si trova l'Ace
Cafè, la nostra prima meta di malati di motociclismo a Londra. Viaggiamo per
circa 150 Km (!) immersi nella campagna inglese, e invece lì sulla nostra
destra, nascosta dalla vegetazione, c'era una delle più grandi città del
mondo... è una sensazione strana pensare che la strada che faccio per andare da
casa mia a Firenze, corrisponde a circa mezzo giro intorno a Londra!
Naturalmente capita che dobbiamo fare benzina e un cartello ci segnala che il
prossimo distributore è troppo lontano, così decidiamo come al solito di
'avventurarci' fuori dall'autostrada per cercarne uno vicino ad un centro
commerciale e poi non troviamo più le indicazioni che cercavamo. Chiediamo ad un
automobilista fermo ad un semaforo accanto a noi e questo è talmente gentile
che, arrivati al distributore, oltre a spiegarci, ha persino strappato la pagina
del suo atlante stradale che ci interessava e ce l'ha data, cosa che farebbero
in pochi (io forse no).
Per arrivare sulla NC road dobbiamo seguire le indicazioni per Hammersmith, e,
vista la prima, ci sentiamo più vicini alla meta, così chiediamo a Carlo, che
era già stato all'Ace (ma a piedi), di andare avanti, sperando che riconosca
qualcosa; ma quando arriviamo al bivio fra 'centro Hammersmith' e 'Londra'
(inteso come 'City'), lui sceglie la seconda e ci troviamo immersi nel traffico
londinese del venerdì pomeriggio...buffo, perchè Carlo ha motivato la sua scelta
dicendo «pensavo che passando nel centro di Hammersmith avremmo trovato
casino!».
Dopo 4 ore persi a girare per Londra, fra la Circular e il centro nonostante una
cartina con le indicazioni per l'Ace vergata direttamente a mano da un
poliziotto che era venuto a dirci di uscire dalla 'ZTL', abbiamo trovato
un'anima gentile su una BMW che ci ha guidato di persona alla North Circular e
infine all'Ais Cafai (come lo chiamano loro). Purtroppo è andato via subito, non
ha voluto neanche una birra di ringraziamento, probabilmente ci aveva concesso
più tempo di quanto poteva...
L'ACE CAFE', pare un ex garage in una ex zona industriale che sta forse
trasformandosi in cintura di accoglienza per lavoro o turismo, - è poi la zona
di Wembley - ma ci sono ancora molte case abbandonate. Siamo arrivati nel tardo
pomeriggio, e già ci ha stupito la discreta presenza di moto, sopratutto da
strada, di ogni età, anche molto tunizzate. Abbiamo subito legato con una coppia
di 'latini' (lui italiano, lei spagnola) che vivono a Londra per lavoro; dopo
una birra abbiamo deciso di andare a cercare una camera in uno degli alberghi
vicini,a piedi, perchè dovevamo 'risalire' controsenso la NC road e fare il giro
era impensabile... ebbene si, ci siamo fidati a lasciare le nostre moto davanti
all'Ace, ci siamo fidati dello spirito motociclistico del luogo, e ci è andata
bene! Invece non è andata benissimo la ricerca dell'albergo, perchè erano tutti
pieni per via che era la serata inaugurale dello stadio di Wembley dopo il
restailing, con la partita Inghilterra-Brasile! Alla fine abbiamo dovuto
'accontentarci' di una tripla all'Holiday Inn in fondo alla strada, alla modica
cifra di £ 163,00 (circa € 244,50!), però compreso parcheggio chiuso e colazione
a buffet, per la quale sicuramente ci hanno rimesso, come aveva promesso Carlo
Alberto...
Tornati all'Ace dopo aver fermato la camera, ci siamo trovati le moto bloccate
dall'enorme quantità di altre moto arrivate nel frattempo, ma la cosa non ci ha
dato problemi, visto che dovevamo ancora cenare e volevamo passare la serata lì,
e poi ci piace tanto vedere tante moto! E lì certo, non ci andrei per mangiare
(no comment) ma per il resto è stata una serata da panico totale: Streetfighter
Night, burn-out e pinne infinite lungo la North Circular Road (noi spettatori
allibiti), stuntman improvvisati e non, pazzia inglese, brulicare di motori,
tute di pelle e aria di idrocarburi, si sono fermati persino i camion della
Royal Mail, la Polizia passa per dare una calmata ma è solo una piccola tregua
prima di veder sfrecciare anche ragazzini pestiferi su mini moto fra le ruote
delle auto sulla NC road.
La coppia Italo-spagnola ci ha fatto conoscere altre persone interessanti,
abbiamo poi spedito loro le foto via mail, sperando di reincontrarci là, prima o
poi. Ma la cosa più icredibile è stata che lì abbiamo incontrato due amici di
Carlo, il Turbine e Simone, venuti anche loro (da Lucca) con le loro moto(Guzzi)
per andare al TT. La festa è stata grande e, dopo la serata, ci siamo dati
appuntamento a Manx, perchè loro sarebbero passti prima a trovare degli altri
amici.
La mattina dopo, saccheggiato il buffet dell'albergo, siamo partiti per
Liverpool, da dove pensavamo di avere l'imbarco per Manx il giorno successivo
(almeno noi, perchè Carlo Alberto aveva già ricevuto la mail che l'avvisava del
cambiamento dell'imbarco da Liverpool ad Haysham).
Nei circa 350 Km abbiamo trovato molto traffico e anche alcuni incidenti; ad
un'area di sosta vicino a Birmingham, che dietro aveva un parco con un lago,
abbiamo parcheggiato accanto ad alcuni motociclisti inglesi e ci siamo messi a
conversare con loro; anche loro andavano al TT, ognuno con entusiasmo ma con
diverse filosofie di viaggio:
1) 'Cats Killer', o come lo chiama Carlo, 'il criceto', per la frenesia con cui
si muove, con la Kava e il casco autografati tipo Godzilla e la targa
personalizzata (Cats Killer, appunto), poi ritrovato a Liverpool e poi nei
paddock a Douglas...entusiasmo e energia. Là ci ha detto che era venuto per fare
il Mad Sunday, aveva su la maglietta Survived, «l'hai già fatto altre volte?» «è
la trentesima»; stupore di Carlo «ma quanti anni hai?!», «52», stupore più
grande, un biondino asciutto dagli occhi aguzzi che ne dimostrava non più di
quaranta, «è la velocità che mi stira le rughe» dice...
2) In contrasto col 'criceto', parcheggiato accanto, un signore pacato col
Suzuki GSX carico ci ha insegnato la strada per l'Ibis Hotel di Liverpool;
quando Cats Killer ci ha detto che bastava 1 ora lui ha risposto che per noi (sè
compreso) era un'ora e mezzo...non ci siamo offesi, comprendendo la differenza
di 'stile'. Questo pacato signore si era anche offerto di guidarci là lui
stesso, ma doveva aspettare degli amici, e questi arrivavano troppo tardi per
noi che non avevamo prenotato, così siamo dovuti partire da soli.
Arrivati a Liverpool abbiamo cercato il Travel Lodge, che è un pò meno caro
dell'Ibis, ma è anche molto più lontano dal porto; comunque tutti e due
brulicavano di ragazze travestite in gruppi a tema, infermiere, suore, vigilesse,
wonder women, diavoline, e tutte con in testa coroncine con lustrini: siamo
capitati nel giorno in cui tutte le nubende festeggiano con le amiche l'addio al
nubilato, una vera pacchia per chi è a caccia... Comunque, meno male che accanto
all'Ibis, sul porto, c'è il Formule One, meno confortevole (e più economico) ma
almeno avevano una camera (con tre lettini e senza bagno nè colazione), e il
parcheggio chiuso!.
Liverpool (in centro) è una città piena di contrasti architettonici, fra il
vecchio e il futuristico, ma che le conferiscono uno stile piacevole e
accogliente più a passegiarci dentro che a vederne la skyline dal mare, dal
quale appare uno stile un pò caotico (l'abbiamo vista a ritorno da Manx); il
porto antico è molto suggestivo, circondato da un loggiato un pò
orientaleggiante; la passeggiata lungo il porto è piacevole e, contrariamente a
molte città di mare, pulita. L'abbiamo fatta al tramonto, inizia proprio davanti
all'Ibis-Formule One, e siamo arrivati al terminal della Steam Packet (l'unica
compagnia di navigazione che porta a Manx); lì c'erano già ad attendere tanti
'Manxiani' con le loro moto e Sidecar, dei veri gioielli storici, e c'era anche
il nostro amico Cats Killer (o Criceto... ), era lì che fremeva... o forse
eravamo noi a fremere! All'ufficio della Steam Packet ci hanno comunicato che
anche noi dovevamo imbarcarci ad Haysham come Carlo Alberto, e siamo stati
contenti di imbarcarci insieme (e di averlo saputo almeno la sera prima!)
La cosa più bella di Liverpool è la musica! È una città intrisa di Rock, forse
più che altrove lì sono visibili le motivazioni dell'esistenza di questa musica,
come invece a Londra se ne vedono le conseguenze economiche. Per dei rockofili
come noi, era proprio una pacchia! In tutti i locali, anche nei ristoranti, e
nelle strade, si ascolta buona musica Rock, dal vivo o su cd, non il solito pop
commerciale che si sente nei barrini delle nostre città. Siamo stati al Cavern,
l'atmosfera era proprio perfetta, un gruppo suonava Hard Rock molto bene, il
cantante ha autografato i guanti di Marce (che poi li ha persi - rubati? - sulla
nave per Manx), un signore alto e distinto, un pò retrò, che sembrava essere il
padrone, si è avvicinato a noi, che avevamo appena preso un bel boccale di
birra, e ci ha invitato a brindare con lui. Chissà perchè... mi è sembrato che i
nostri jeans di pelle nera e i nostri capelli lunghi fossero stati considerati
un look particolarmente adatta al luogo... ma forse il mio era solo il classico
pregiudizio italiano sull'immagine e a lui girava semplicemente così. Abbiamo
anche attirato l'attenzione di vari gruppi di ragazze mascherate, quelle che
festeggiavano l'addio al nubilato, come mi hanno spiegato, e che si sono fatte
fotografare con Carlone (foto non inviata). Ad attendere questi sciami di
ragazze, che a fine serata sarebbero state tutte sbronze, come la maggior parte
di... tutti, c'erano delle enormi limousine a noleggio fatte su base Hammer,
tipo pulmini. Ciò mi è sembrata un'idea intelligente, sperando naturalmente che
gli autisti fossero sobri! Abbiamo chiesto loro come facevano a guidare quegli
arnesi ed hanno risposto divertiti dalla domanda «boh!, si guidano, dopo un pò
ti ci abitui».
Noi ce la siamo cavata con due birre, e comunque eravamo usciti a piedi!
La mattina dopo si parte per Haysham. Uscendo da Liverpool passiamo dalla
periferia nord e troviamo le tipiche palazzine di mattoni rossi dell'era
industriale, quei quartieri che hanno ispirato films come Fool Monty, tanta
musica di quella che ascoltiamo noi, ma anche lo squallore e la violenza
giovanile di cui purtroppo sentiamo le cronache anche adesso...
Il viaggio verso Haysham è stato liscio, tranne che abbiamo ritrovato il clima
piovoso che avevamo lasciato a Calais (visto che avevamo goduto di un bel clima
soleggiato da quando eravamo sbarcati a Dover). Dei vari tipi incontrati a causa
delle nostre moto, più spesso per la Daytona di Carlo, che è più 'garosa', ma
anche per la nostra V Four, in un'area di sosta, dei tipi con un furgone -
coppia di giovani Cechi al loro primo TT, accompagnati da due veterani inglesi
che spiegavano loro le particolarità del nostro motore - ci hanno dato delle
dritte sulla strada verso Haysham.
Haysham è praticamente un porto, preceduto da un villaggetto, su un promontorio
del golfo che lo protegge, e da vari capannoni abbandonati. Un pò squallido, ma
per noi era bellissimo!
Essendo arrivati con varie ore di anticipo - l'impazienza fa questi scherzi -
abbiamo dovuto aspettare in banchina (il terminal è un capannone con un minibar
e alcuni distributori automatici) e io mi sono quasi addormentata appoggiata
alla moto.
Quando finalmente, dopo tutti i riti (adesivi, etichette, documenti) ci siamo
imbarcati, dalla nave ci siamo resi conto che salivano sciami di moto e solo
moto. Eravamo entrati nel mondo 'invertito', il mondo delle moto: d'ora in
avanti, fino al ritorno da Manx, saremmo stati sempre molti di più delle
automobili!
La navigazione nel mare d'Irlanda è stata più tranquilla di quello che credevo,
abbiamo anche visto, relativamente da vicino, tre piattaforme gasifere. Per
pranzo abbiamo azzardato un 'fish and chips', ma per me la crosta unta di fritto
che racchiudeva il trancio di baccalà (piuttosto lesso) è stata troppo pesante,
per di più sulla nave! Colpa mia, c'era da intuirlo. Comunque no problem.
Abbiamo anche conosciuto (ci siamo trovati allo stesso tavolino per mangiare) un
nuovo compagno di viaggio: Albino, scooterista solitario di Bolzano, che poi è
stato con noi fino al ritorno a Liverpool, dove si è fermato, salvo le tante
volte che ci siamo persi; tipo riservato e gentile, Carlo lo ha reincontrato
quando sono andati insieme all'Elefantentreffen, salvo poi perderlo di nuovo...
Ma ecco che si vede la prima lingua di terra dell'isola di Man e tutti ci
sentiamo in subbuglio. Tantè che Marce, forse nel viavai dei preparativi per lo
sbarco, perde i guanti di pelle autografati. Peccato, erano belli, meno male che
ne aveva portati un altro paio!
Ed eccoci tutti nel garage della nave. L'assurdità è che, nella frenesia di
sbarcare, quasi tutti hanno acceso i motori troppo presto, e anche sgassavano,
come se, una volta aperto il portellone, aspettassero la famosa pacca sulla
spalla per partire a razzo. Il risultato è che, ben prima che aprissero il
portellone, l'aria era diventata irrespirabile. E lo dice una a cui piace
l'odore della benzina bruciata! Ma l'ossigeno è ossigeno! Comunque vedere
abbassarsi il portellone e sentire quel suono di motori che crsceva era
un'emozione bimbesca!
Appena usciti dalla nave era il tramonto e pioveva, e io sapevo che, secondo la
leggenda, avrei dovuto salutare gli spiritelli del luogo, pena il non tornare
più, ma non sapevo Chi avrei dovuto salutare così ho rivolto un pensiero
generico... adesso mi viene il dubbio che non sia bastato!
Le indicazioni che avevamo per il campeggio erano chiare così l'abbiamo trovato
subito: è una fattoria su una collinetta a circa quattro miglia da Douglas,
sulla strada che porta verso l'interno, e che è parte del circuito. Quindi il
campeggio stesso era già una buona postazione per vedere le gare. Appena siamo
arrivati alla fattoria-campeggio - verdi prati bagnati di pioggia - mi ha
accolto un vecchietto, un pò gnomo irlandese, un pò spaghetti western, facendomi
strada tra tutti quelli che erano dentro la reception, dove ho presentato i dati
della prenotazione fatta via mail, che, tra l'altro, avevano accettato senza
acconto.
Abbiamo montato le tende sotto una pioggerellina fine e poi siamo andati a
cercare qualcosa da mangiare: non c'era un gran chè, un chiosco di hot dog
chiuso e una specie di pub in una stalla dove c'era solo birra. Così, visto che
ci avevano detto che Douglas era a circa 2 miglia (all'andata non ci avevamo
fatto caso, sprovveduti!) ci siamo avviati a piedi... ma le miglia erano molte
di più, come la pioggia e la stanchezza, che aumentavano a scapito
dell'entusiasmo. Così dopo l'ennesima semicurva dopo la quale non si avvistavano
luci di città, ci siamo arresi, abbiamo fermato un dei bus che passavano in
direzione campeggio (erano le 23.00 e non ne passavano più verso la città) e
siamo saliti, chiedendo all'autista di fare i biglietti. Quando ci ha detto che
il prezzo era di 5 £ a persona la nostra faccia lo ha persuaso a farci pagare
soltanto due biglietti, tanto era a fine giornata ha detto. Infatti poi abbiamo
scoperto (leggendo il pratico opuscolo informativo che ci hanno dato alla Steam
Packet), che le 5 £ , pagate la mattina, valevano per tutto il giorno e per
tutte le tratte dell'isola.
Siccome abbiamo fatto l'errore di mettere un nailon anche sotto la tenda, oltre
che sopra, nella notte la pioggia è colata fra il nailon e il pavimento della
tenda, e col nostro peso, l'acqua è filtrata dal pavimento bagnandoci i sacchi a
pelo, visto che non avevamo neanche i materassini! Bella nottata!
Così il giorno dopo, a parte i vari giri previsti, siamo anche andati
all'ufficio turistico della Steam Packet, al porto, per cercare una sistemazione
più asciutta. La simpatica e paziente (con il nostro inglese!) impiegata ha
ascoltato il nostro problema (la tenda allagata) e ci ha trovato subito una
sistemazione, oltretutto bellissima, comoda e non troppo costosa: non potevamo
sperare di meglio!
E qui si sfata una leggenda metropolitana, perchè non è vero che se non si
prenota prima per il TT non si trova posto per dormire, anzi, quando si è lì si
trova meglio.
Siamo andati a pagare il campeggio i 3 giorni prenotati e non 'consumati' (70 €)
e, presentando la mia carta prepagata ci siamo sentiti rispondere «Only cash»,
così come poi in tutta l'isola, e i nostri contanti hanno subito una drastica
riduzione. Pur simpatico, lo stesso vecchietto-gnomo, che mi ha detto «com'in my
love» e che non potevo trovare un posto migliore per pagare (io gli avevo
domandato «è qui che si paga?»), non è stato una gran consolazione.
Però ci siamo trasferiti in un bellissimo cottage B&B nella parte di Douglas
dove la scogliera è a picco sul mare, la parte opposta del porto, in una
stradina tranquilla a due passi dal clamore della Promenade. Tipico bellissimo e
panoramico, (30£ notte e colazione) letto con piumone e riscaldamento acceso la
notte (siccome non era caldo, si può capire come stavamo nella tenda bagnata!).
Il padrone di casa era Mr Robert, gentilissimo eccentrico-sofisticato, solo un
pò troppo loquace di primo mattino, al risveglio il nostro inglese era appena
l'essenziale per chiedere la colazione (già anche in italiano non siamo molto
loquaci prima delle 9.00!)
Carlo è rimasto al campeggio con Albino, visto che le loro tende non erano
alluvionate e che, pareva, avevano con sé meno soldi di noi. Dico 'pareva'
perchè noi ci siamo fidati di due carte prepagate (grave errore) ed avevamo
portato solo pochi contanti. Ci era andata bene in Francia e Inghilterra, ma a
Manx vogliono solo contanti, come abbiamo scoperto al primo pagamento. E questo
senza poterli reintegrare con la stessa velocità, perchè, forse a causa della
sterlina, il tetto massimo di prelievo del bancomat era più basso, e OGNI
prelievo ci costava 5£ (circa 7,50€!)! Per di più, il secondo giorno, la carta
di Marcello, che non avevamo ancora usato e doveva contenere 1500 Euro, veniva
data per scarica da tutti gli sportelli bancomat. Così, dopo un amaro conto dei
contanti rimasti, abbiamo dovuto decidere di partire un giorno prima del
previsto, per farci bastare i soldi nel caso le carte fossero state
inutilizzabili anche in Inghilterra e Francia (si pensava che una fosse stata
clonata e quindi non volevamo farcela ricaricare da casa). Abbiamo convinto
Carlo a rimanere fino al giorno stabilito (lui che poteva), chè tanto non era
solo perchè si era riunito col Turbine e Simone, con i quali ci siamo trovati la
terza sera.
A parte le scocciature economiche, il soggiorno sull'isola è stato meraviglioso,
come ho detto più volte, sia per l'aspetto umano, cioè per gli incontri vissuti,
sia per l'aspetto estetico, perchè l'isola è bellissima, verde, gli alberi
secolari, i prati che a sdraiarcisi (una volta asciutti) sembrano di velluto,
gli edifici - e i panorami - che sembrano illustrazioni da libro di favole,
alcuni, o di saghe fantasy-cavalleresche, altri, come il castello di Peel. Siamo
andati lì un tardo pomeriggio, molto prima del tramonto, che a quelle latitudini
dura tanto e la notte viene più tardi. In quello scenario mistico ci siamo fatti
prendere dal divismo e così abbiamo fatto delle foto in pose stile Havy Metal
anni '80.
Gli abitanti dell'isola sembrano autenticamente festosi, anche perchè se invece
devono negarti qualcosa lo fanno gentilmente ma senza finte smancerie. Come
quando abbiamo preso una birra ad uno dei tanti chioschi sulla promenade
pensando di bercela passeggiando, ed invece ci hanno rincorso spiegandoci che
per bere ci sono quelle aree apposite e non si può portare la birra altrove.
Paese che vai...un ubriaco straniero fermato alla guida è stato espulso
dall'isola per due anni (oltre ad altre sanzioni).
Le emozioni più intense le abbiamo vissute al Grandstand, dove sono la partenza
e i paddock della gara. L'eccitazione è palpabile, ma allo stesso tempo nei
vialetti del mercatino-paddock-museoacieloaperto, il semplice appassionato,
comune mortale, può incontrare il campione leggendario e il newcomer, il team
manager della grande squadra di SBK, e il pilota esperto anche se sconosciuto ai
più, perchè magari non vince grandi titoli, ma è sempre lì. Si possono scambiare
due parole con loro, in totale relax, senza securuty di mezzo o transenne, come
se fossimo tutti lì per lo stesso motivo (anche se con ruoli differenti): un
vecchio corridore col sidecar, prima ci ha descritto la sua Creatura, le
modifiche che ha fatto con le sue mani, poi si è messo in posa 'da corsa' sul
suo bolide per lasciarsi fotografare da Carlo, «i do it for you!» gli ha detto;
Troy Corser si è fatto fotografare con noi e mi ha autografato la manica del
giubbotto; Sir Phil Read, mi ha fatto l'autografo (sull'altra manica del
giubbotto) con due baci scrivendo 'x x' e spiegandolo col suono mimato, memore
del suo passato di play boy; John Readman, anche lui gentilissimo, si è fatto la
foto con Carlo, e poi con me, insieme a quel campione di Cross del Sudafrica,
che nessuno riconosceva e di cui purtroppo non ricordo il nome, benchè abbia
anche firmato i guanti di Marce insieme a Readman.
Un'altra esperienza veramente emozionante è stato il giro del circuito, che si
può fare a metà mattina, prima della chiusura per prove e gara. Senza nessun
appuntamento, ci si trova a stormi, (o sciami, a seconda dell'andatura!) di
moto, al Grandstand, e da lì si parte, seguendo il fiume di moto e, ma non
serve, le indicazioni per i piloti lungo la strada. All'inizio il gruppo è
compatto, custom, scooter, sidecar e moto da strada tutti mescolati; poi il
passo si allunga, e i gruppi diventano più omogenei per genere, tranne qualche
eccezione; dopo un pò noi custom (non certo la categoria più rappresentata)
abbiamo perso di vista gli scooter, rimasti dietro, e le moto da strada, fuggite
avanti, come Carlo, che sul tratto di montagna (a senso unico), si è lasciato
prendere il polso 'dal demone della velocità'.
E le gare? Assurde, dalla velocità non si riuscivano a vedere le moto, tantomeno
a fotografarle! La prima foto che ho fatto era ad una moto già passata e le
altre sono tutte mosse, proprio como le vedevo io!
Sono state tre belle giornate passate all'aperto, il sole era tornato e non
abbiamo mangiato poi malissimo, soprattutto, pare buffo, i panini freschi
distribuiti a pochi spiccioli dai volontari della chiesa vicina al Grandstand.
Il giorno della partenza è arrivato in fretta e sento ancora quella malinconia,
ma anche l'eccitazione di esserci stata, perchè, come dice De Andrè, 'è stato
meglio lasciarci che non essersi mai incontrati'!
Il SeaCat, preso verso le 2 p.m., ha portato Albino, Marce e me a Liverpool in
poco più di un'ora. Albino è rimasto là per vedere (e sentire) quello che gli
avevamo raccontato, mentre noi abbiamo proseguito verso Londra, dove pensavamo
che avremmo passato la notte. Invece abbiamo viaggiato per tutto il pomeriggio
senza trovare posto da nessuna parte, e abbiamo continuato fino a notte.
Alle 11 p.m. fra Londra e Dover, stanchi, infreddoliti, in un'area di servizio
abbiamo conosciuto una coppia di Bergamo; anche loro venivano dal TT, era il
loro viaggio di nozze, con un anno di ritardo dovuto alla nascita della loro
bimba. Il loro Renault Scenic trainava un carrello con due Suzuki, 600 nuova per
lui, 250 2t Gamma per lei... abbiamo parlato un bel pò - la loro auto si era
rotta a Manx, 500 € per la pompa della benzina - ma anche loro erano euforici.
Ci hanno offerto un caffè e una cioccolata calda e avevamo detto che glielo
avremmo restituito a Dover la mattina dopo, ma non ci siamo più trovati... mi
dispiace, vorrei avere l'occasione di restituire il calore di quella sera...
Abbiamo trovato una stanza in un albergo sul porto di Dover dove il tempo si era
fermato agli anni '70, purtroppo però era più stile telefilm poliziesco che non
'swinging London'. Ma va bene così.
La mattina dopo si salpa per Calais. Arrivati lì saltiamo un distributore di
benzina perchè non avevamo fatto più di 50 km col rifornimento precedente, ma
una volta sull'autostrada, (quindi dopo un pò di km) troviamo un cartello che
indica il primo distributore a 70 km e io vado in paranoia! Lì non ci sono altro
che campi (belli, verdi, ma campi) per centinaia di km! Per di più si mette a
piovere (ma che strano!). E così per quasi tutti i 400km fino a Dijon, dove
abbiamo deciso di fermarci a dormire (in Francia la mia carta funzionava, così
me l'ero fatta ricaricare da casa), ed asciugarci.
Abbiamo trovato una camera all'Ibis dietro la stazione grazie alla receptionist
dell'Etape che ha fatto da 'ufficio turistico' ed ha telefonato prenotando per
noi, perchè era alta stagione e tutto esaurito! La mattina dopo, appena
ripartiti, un denso fumo grigio e puzzo di bruciato mi hanno mandato nel panico,
«si incendierà la moto!» pensavo. Invece fortunatamente Marcello è riuscito
subito a isolare il danno (si era bruciato il regolatore di tensione), mentre
io, (sciagurata!), ero scesa al volo e mi ero fatta dare una brocca d'acqua da
una barista lì di fronte, come se la moto non ne avesse presa abbastanza! Dopo i
primi momenti di disorientamento (era la prima volta che il nostro bolide ci
lasciava a piedi, se si escludono le volte che è rimasta senza benzina!) ci
siamo resi conto che era venerdì mattina e avremmo potuto trovare un'officina
aperta. In più aveva smesso di piovere... Mentre spingevamo la moto per levarci
dalla strada, un tipo con l'aria tossica (eravamo dietro la stazione...) ci dice
confusamente che gli dispiace, ha un amico meccanico, ma ora non può aiutarci
perchè deve correre a lavoro; poi si ferma un ragazzo strabordante su una GSX-R
che ci vede in difficoltà, e ci indica la direzione per l'officina Honda. Solo
che noi abbiamo capito che era a 'deux (due)' Km, ma forse lui aveva detto 'des
(alcuni) chilomètres' visto che da lì erano almeno 6! - O forse sono i Francesi
che minimizzano le distanze, perchè già una volta era successo quando andammo
all'ultimo Free Wheels, eravamo quasi in riserva, era buio, chiedemmo ad una
passante quanto mancava a Cunlhat e lei ci rispose 'quinze (quindici) Km'e poi
scoprimmo che erano quasi 50! - Comunque ci incamminiamo fiduciosi, Marce
spingendo la moto, non si lascia mica lì; dopo un bel pò di strada nel caos di
una mattina piovosa in città, nonostante il nervoso sorridiamo pensando al film
'Frankenstein Junior' dove Igor dice «potrebbe andare peggio (...) potrebbe
piovere!» ed infatti si rimette a piovere forte, ma acqua tiepida e limpida come
non ho mai visto, mi ha pulito gli stivali ed era persino buona da bere (tanto
ormai)!
Ci fermiamo sotto una tettoia del porto fluviale e ci viene in mente che abbiamo
l'Europa Assistance (non l'avevamo mai fatta prima e subito ci serve...mah!)
così li chiamiamo... e ci costa quasi un ora di telefonate, tutto il credito e
la carica del cellulare, ma poi riusciamo a farci mandare un carroattrezzi, di
lì a due ore! Fra una telefonata e l'altra lasciamo la moto sotto la tettoia e
andiamo a cercare il promesso meccanico mentre diluvia acqua minerale...Troviamo
uno stronzo sulla porta di un negozio di cross che, spiegato il problema, ci
dice ridendo e con le braccia incrociate, che l'officina era in fondo alla via
(una via lunghissima) ma che sicuramente il danno era più grave di quanto si
pensasse (stronzo e incompetente!). Ma per uno stronzo, ci sono tante persone
gentili, come l'omino del successivo garage Dafi Moto, che, di sua iniziativa,
visto che l'officina Honda era ancora lontana, gli ha telefonato per sentire se
avevano il pezzo e, saputo che loro non l'avevano e neanche volevano il lavoro
(«troppo lavoro oggi»), ha telefonato ad un altra officina (Dijon Moto Cassè),
gli ha spiegato il problema e ci ha dato l'indirizzo. Con tutto ciò abbiamo
convinto l'autista del carratrezzi Europ Assistance (quando è arrivato) a
portarci là (era dalla parte opposta di Djon, è stato molto comprensivo!) invece
che all'officina Honda come aveva detto la centralinista. Era ormai passata
l'ora di pranzo e il posto era chiuso, in compenso lì davanti ritroviamo il
'tossico' della stazione, che ci riconosce e ci dice che quello dell'officina è
un suo amico e che sicuramente ci tratterà bene (buffo, era lui l'amico di cui
ci aveva parlato)! Io sospettavo il classico inermediario profittatore, invece
poi abbiamo capito che il tipo era lì per ritirare la sua motina e voleva
soltanto essere considerato 'dell'ambiente'. Nell'officina Dijon Moto Cassèe
smontano le moto icidentate per vendere i pezzi (ma anche le moto intere,
sopratutto enduro e cross anni '80), avevano il pezzo per noi seminuovo, abbiamo
pagato solo quello (150€) perchè la manodopera l'ha messa Marcello, ci hanno
dato anche un fusibile e CRC, ci hanno risolto la situazione in modo tempestivo
e onesto! Al rientro in Italia abbiamo spedito loro una cartolina di
ringraziamento...
Verso le 17.00 siamo ripartiti, e a quel punto abbiamo deciso di fermarci a
dormire a Lione, perchè non volevamo trovarci sulle alpi di notte, così siamo
scesi nello stesso albergo dell'andata.
Il giorno successivo è stato quello del rientro a casa. A metà dei 12 km del
Frejius, dopo 1000 km di biliardi, abbiamo sobbalzato sulla prima di un'infinita
serie di buche, e abbiamo capito, con amarezza, di essere in Italia. La conferma
l'abbiamo avuta dopo i sette Autogrill chiusi per lavori di seguito..
Nel frattempo Carlo Alberto, che era rimasto a Man fino al Venerdi con i suoi
amici, aveva visitato una fabbrica di birra dove c'era il raduno Guzzi (perchè a
Man, in occasione del TT, ci sono anche molti raduni monomarca), e dove uno dei
suoi amici, con la 'Grigiona', aveva vinto il premio 'best in show', era rimasto
a piedi con la sua Dytona all'altezza di Troyes, forse dopo averla tirata un pò
troppo (era praticamente in rodaggio, dopo essere stata rimessa a nuovo). Solo
che il suo problema era più complesso del nostro, e per di più la moto si è
fermata di Sabato mattina, e si sa che di sabato pomeriggio le officine sono
chiuse. Per di più il Lunedì doveva essere a lavoro. Trovata un'officina, la
loro reazione nel guardare la moto smontata fu: «Mon Dieu!». Vista la
situazione, anche Carlo si è accordato con l'Europ Assistance, per riportare la
moto in Italia, l'ha lasciata in custodia all'officina, e ha preso il treno per
Parigi. Da lì, il giorno successivo, è tornato in Italia col TGV. Ed era
contentissimo!
Infatti, a parte le piccole disavventure, o le amarezze che ci aspettano quando
si fanno confronti infelici, un'esperienza come questo viaggio è una carica per
l'anima. E non vediamo l'ora di rifarlo!
CONSIDERAZIONI VARIE
Io credevo che l'isola di Man non avesse altro di interessante se non il TT.
Come mi sbagliavo! A parte che gli eventi motoristici (e non solo) si
avvicendano tutto l'anno, il posto in sè è veramente fatato! Fiori di tutti i
colori, boschi che formano frondose gallerie naturali, castelli diroccati a
picco sul mare, la luce che cambia ogni cosa... (non mi sono drogata!)
Noi sognamo sempre di tornare nei 'mari del sud', ma ora ai nostri sogni si
aggiunge questo mondo del nord, quest'isolina che ci ha conquistato con una
forza che chi non c'è stato non può capire... Ecco, questa è una cosa che quando
me la sentivo dire mi dava fastidio, («se non ci vai non puoi capire»), ma ora
comprendo che era vero l'unico che è riuscito a descrivere le senzazioni che dà
quasi come quelle che ho provato io, è Donnini nel libro 'La corsa proibita',
citato prima, ma comunque ognuno ha le proprie, legate alle esperienze che fa..
Una marea di moto da tutte le parti, parcheggiate o in movimento, di tutti i
tipi... una cosa in comune l'avevano: dalla più piccola Monkey alla più grande
Gold Wing, dalla più antica alla più attuale, tutte, anche negli accessori,
comprati o autocostruiti, privilegiavano una certa funzionalità, per il lungo
viaggio o per la performance più estrema, che comunque spesso gratificava anche
il gusto estetico (almeno il nostro); erano poche le moto 'preconfezionate' solo
per il parcheggio al bar, o per il bike show statico, ed infatti le Harley erano
le meno presenti (cattivella?). Oltre al nostro VF, visto che eravamo in due!
In realtà per chi non partecipa, la gara è il meno, proprio perchè è certo bello
veder passare quei bolidi, sopratutto sentirne il suono, mo non si riesce
veramente a seguire la gara solo guardando, proprio perchè la velocità la rende
impercettibile, oltre alla modalità a tempi. Noi eravamo a circa 200 m dal
Grandstand, e le moto ci sfrecciavano davanti a circa 270 km/h!
C'è radioTT che la racconta, ma bisogna essere ben allenati con l'inglese e
sentirla bene.
È bello chiedere particolari tecnici su un motore al suo
assemblatore-meccanico-pilota di 80 anni e vedere un suo coetaneo con la
maglietta '+ sono vecchio + vado forte'. Penso che le passioni sono ciò che ci
tiene in vita... fino alla morte. Il TT ha una brutta fama per questo, molti
morti (quest'anno no, ma nel 2007, quando ci siamo stati, sono morti 1 pilota e
2 spettatori, più alcuni feriti), ma io penso che chi si trova qui spinto da
questa passione sa a cosa può andare incontro, ed evidentemente pensa che valga
la pena rischiare, perchè non farlo vorrebbe dire morire comunque. È giusto che
i piloti non siano costretti a rischiare qui per una gara di campionato, ma non
sarebbe giusto impedire a tutta questa gente che vive per il TT di continuare
come meglio crede il suo modo di vivere, forse potendo scegliere anche il modo
di morire... Sulle strade toscane muore più di una persona al giorno, magari per
andare o per tornare dal lavoro, se non sono già morti lì, e non accade per
passione o per vocazione, mettendo in conto tutto, ma per le incombenze della
vita quotidiana, pensando «magari ce la faccio ad arrivare in tempo per...»
Questo mi sembra molto più scandaloso e triste!
Il confronto dell'ambiente strada italiano con quello europeo è infelice (per
noi). Non è un luogo comune: le strade italiane sono cosparse di buche,
escrescenze gibbose longitudinali e mostri di Vega ai margini al posto di una
decente, e utile, segnaletica. E ci costano care! In tutti i sensi!
Ciò si avverte soprattutto al ritorno («e te non partire!» è la conclusione di
una mia collega), perchè ci si rende conto di come sono le cose fatte bene e al
meglio ci si abitua subito. Dopo i 'biliardi' francesi (inglesi un pò meno, ma
almeno sono gratis!) al rientro si viene shekerati e ci sentiamo feriti
nell'orgoglio! Ma come è possibile che fino a 10 m prima la strada era perfetta
e ora faccia così schifo? Pare un catalogo di trappole! Cos'è un segreto di
stato francese, una tecnica tramandata dai druidi gallici per fare l'asfalto
senza buche? E i nostri servizi segreti cosa fanno? (meglio evitare...). E tutti
i soldi che abbiamo speso per rifare le strade, e quelli che spendiamo nelle
autostrade, dove vanno a finire? Nelle buche? E tutti i morti? Qualcuno dice che
siccome ci costano di più le conseguenze degli incidenti stradali che non il
rifare PERBENE le strade, ciò è conveniente perchè alza il PIL... Come le multe
degli Autovelox: chissà perchè sulle strade Tedesche (ma anche francesi e
inglesi, non ufficialmente) si corre più velocemente, ma i morti sono minori di
un terzo dei nostri... ma, ancora, cosa è più conveniente tra il Velox e un
lavoro fatto senza smafiate?
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