Il Brasile è spesso rappresentato da spiagge che evocano vacanze speciali e
fanno sognare milioni di persone, anche se poi la realtà affievolisce di molto
la fantasia ...
.......chilometri e chilometri di sabbia sempre intasati di gente e
l'acqua del mare che lascia a desiderare. Oltre allo splendore di questo mito
universalmente conosciuto c'è, purtroppo, un dramma che appanna il paesaggio e
ferisce il cuore. Sono i molti abitanti delle grandi città brasiliane che ogni
giorno sulle strade vedono violenza, soprusi e morte: coloro che vivono nelle favelas. Qui la
violenza è ormai diventata un sistema di vita che ingoia gli
abitanti e li condanna a respirare un clima terrificante: da una parte ci sono
coloro che vivono nella continua paura di essere assaliti, dall'altra ci sono
giovani che fanno della violenza il lato giusto della vita sbagliata.
E i bambini delle favelas? I bambini, ignari, nascono e crescono in uno stile di
vita dove gli spari sono il terrore e i banditi il modello. Il dominio ormai
assoluto del narcotraffico nelle favelas conquista inevitabilmente anche
l'universo immaginario dei piccoli che vedono ogni giorno intorno a loro le
persone coinvolte nel narcotraffico vendere i pacchetti di droga, girare con le
armi in spalla, dialogare con gli abitanti decidendo della loro esistenza,
applicare la legge del più feroce, uccidere i traditori e rispondere con le armi
alle invasioni della polizia.
La favela Rocinha, la più grande di Rio de Janeiro, del Brasile e forse
anche di tutta l'America Latina.
Si trova sul morro (collina) "Dois Irmãos",
che separa "Gavea" da "São Conrado", due dei più ricchi quartieri di Rio.
Questi bambini subiscono passivamente la violenza della vista di persone
morte e
coperte di sangue. E ripetono nel gioco tutto quello che vedono e sentono, si
tratta, in pratica, di una ben più drammatica versione di "guardie e ladri" o
"indiani e cowboy". Non serve la TV, né film o videogiochi: i bambini riescono
ad imitare alla perfezione tutte le scene, i gesti e persino il gergo tipico dei
narcotrafficanti.
Le condizioni di vita nelle favelas sono estremamente precarie. Manca tutto
nella vita di queste persone. Le loro "case" sono costituite da baracche
piccole, calde e sporche, spesso costruite ai margini di fiumi o laghi, con
inevitabili rischi di inondazioni e crolli. Le favelas esistono solo nelle
capitali, le grandi città. Moltissime persone emigrano da piccole città
dell'entroterra, dove generalmente lavorano nei campi, coltivando e badando agli
animali; essi lasciano tutto e vanno verso le grandi città alla ricerca di
lavoro e con la speranza di trovare migliori condizioni di vita.
I motivi di questi spostamenti sono sostanzialmente due. Il primo motivo è
l'assenza di una politica agraria seria con un'adeguata riforma. Gli agricoltori
non sono appoggiati da un governo totalmente disinteressato, non hanno
possibilità di finanziamento per modernizzare l'agricoltura, pertanto non resta
loro che abbandonare le proprie terre e dirigersi verso la metropoli più vicina.
L'altro motivo è la siccità, fenomeno molto comune nel nord-est del Brasile. A
volte passano due, tre, anche quattro anni senza che piova: si seccano i fiumi e
le fonti d'acqua, muoiono le piantagioni, gli animali e tutto finisce.
La favela Rocinha di Rio de Janeiro.
Una selva di pericolosi cavi elettrici abbraccia le fatiscenti abitazioni.
La gente che si sposta dall'entroterra verso le grandi città cerca lavoro, cibo
e protezione. Sono impreparati professionalmente e, dato che la competizione è
notevole, una parte di essi si marginalizza ed un'altra tenta di sopravvivere
nelle favelas. Quando arrivano nelle città, questi poveracci invadono nuovi
terreni e vi costruiscono le proprie baracche. Spesso alcuni di quelli che già
abitano nelle favelas si procurano nuovi spazi in nuove occupazioni e vendono le
proprie baracche ai nuovi arrivati guadagnando un po' di denaro. Ci sono gruppi
di persone nelle favelas che sono praticamente dei veri e propri nomadi.
Le autorità governative guardano con assoluta indifferenza il sorgere delle
favelas, sia perché non sanno come impedire l'insediamento di queste persone e
molti di questi utilizzano la lotta armata per difendere le proprie baracche,
sia per mancanza di volontà politica nell'affrontare il problema alle radici,
con una riforma agraria rivolta a valorizzare la campagna. La società, dal canto
suo, reagisce nei confronti delle favelas con due sentimenti che non aiutano di
certo: paura e disprezzo. Nelle grandi città, Rio, San Paolo, Fortaleza, dove
esistono grandi poli turistici, alle agenzie turistiche è proibito passare con i
turisti nelle vicinanze delle favelas.
Favelas della città di San Paolo.
La favela è un universo culturale che esula dagli schemi normali, in cui la
ristrettezza degli spazi e la conseguente assenza di intimità creano un vero e
proprio formicaio umano dove la vita viene regolata da mille codici a noi
sconosciuti e dalla dura legge dettata dai narcotrafficanti. Case appiccicate
l'una all'altra, vicoli stretti e maleodoranti, fasci enormi di cavi elettrici
scoperti che affiancano le abitazioni, spazzatura ovunque. Le baracche sono
costruite con fango e mattoni, spesso le abitazioni sono una sull'altra e ci
vogliono pericolose scale a pioli per entrare. I bambini giocano scalzi per le
strade sterrate o, in pochi casi, in asfalto; corrono e fanno volare i loro
aquiloni colorati nel cosiddetto gioco della "pipa", mentre giovani armati fanno
la guardia agli accessi della favela e altri girano con le dosi di droga pronti
a fare affari.
Favela Garibaldi - Quartiere Serrinha - Fortaleza,
la zona in cui operano
l'Escola Irmã Giuliana Galli
e l'Associazione Andrea Pescia - Per i Bimbi del Brasile.
E' difficile comprendere come si possa vivere in un metro quadrato dove c'è
tutto: la camera, la cucina, il bagno. Vi abitano tre, quattro, cinque persone
che è possibile vedere dall'esterno, dalla strada. Qualche rara camera è
intonacata alla bell'e meglio, pochi mobili, un bagno virtuale e il televisore
sempre acceso. Miseria, povertà, fame, delinquenza, speranza, sono sentimenti
che qui si incrociano: viene da chiedersi se Dio è arrivato fin lì, se si sia
dimenticato di questi angoli di mondo. Eppure non è raro vedere sorrisi sui
volti degli abitanti a testimonianza che Dio c'è. Qui la fede è forte ed è forse
l'unica cosa che riesce a dare speranza al popolo brasiliano.
Informazioni:
Associazione Andrea Pescia - Per i Bimbi del Brasile
www.associazioneandreapescia.org
|