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Aral - Com'è profondo il mare PDF Stampa E-mail
Scritto da Carlo Paschetto   

Noi ci siamo stati sull'Aral, mica a Paperopoli. Oddio, sull'Aral: si fa per dire, perché là non c'era un tubo. Acqua? Io non ho visto nemmeno le casse di minerale. Ho visto un bambino che beveva da una pozzanghera in mezzo alla strada, questo sì. E comunque è certo che sull'Aral piove poco e ho il sospetto che quel po' di pioggia sia pure contaminata da tutto il resto: avanzi di ddt, avanzi di esperimenti chimici e batteriologici, sale. Che altro?

Noi ci siamo stati sull'Aral. Abbiamo scritto un libro su Asia Overland 2002 e all'Aral abbiamo dedicato una pagina, ma avremmo potuto scrivere un libro sull'Aral e dedicare una pagina al resto, anche.
Perché l'Aral, io, ce l'ho ancora negli occhi. O meglio, non ce l'ho proprio: io non ho visto nulla. Ho visto un buco e molta sabbia. Mr. Usmanov mi ha detto che l'acqua in realtà c'è, a ben vedere, ma un po' più in là: cento chilometri più o meno. Ci si può andare in elicottero, volendo. Non so, ma questa cosa di volare su un avanzo arrugginito dell'era sovietica, sopra al fantasma di un mare prosciugato, a me sembra quasi una sfida alle leggi della sfiga. Altro che la mia paura di volare. Lasciamo perdere, eh, Mr. Usmanov? Ci credo e basta.

Noi ci siamo stati "dentro" all'Aral. Abbiamo camminato sul fondo del mare. Avete mai provato a camminare sul fondo del mare? Sulle acque uno c'è riuscito e molti, dopo, hanno millantato di saperlo fare, ma camminare sul fondo del mare - senza maschera e pinne, ovvio - provateci a farlo, non è mica uno scherzo. Una cosa bisogna dirla: raccogliere le conchiglie è più facile così. Non che ce ne siano rimaste molte e, a dirla tutta, fa anche un po' senso raccogliere "quelle" conchiglie. Sai mai cosa stai toccando davvero...

Dovessi dire, non saprei esattamente perché siamo andati all'Aral. Io volevo andarci perché qualcosa avevo letto, avevo visto in tv, avevo sentito dire. E poi che ne so, andiamo in tanti posti solo perché sono lì (citazione), e quindi tanto che siamo in zona perché no: chiamatela curiosità, turismo catastrofico, avventura, coscienza, chennesò. Comunque, tanto che eravamo in zona, abbiamo preferito l'Aral ad Osh, per fare un esempio. Se l'Aral non fosse quello che è oggi, probabilmente saremmo andati ad Osh. O tanto valeva andare sul Caspio.

Ricordo bene quella strana sensazione nel venire via dal dopobomba: io mi sarei fermato, avrei voluto rimanere seduto su quella spiaggia - spiaggia? - ad aspettare il tramonto. Dormire a Moynaq, sentire di notte il vento contaminato dell'Aral che soffia attraverso le fessure di qualche avanzo di casa costruita in fondo al mondo. Così, per provare a capire cosa vuole dire, oggi, vivere sull'Aral.
Non è che adesso, qui, valga la pena riassumere per chi non lo sa cosa *non* c'è all'Aral, che è successo laggiù, riportare a galla (bè, "a galla" si fa per dire...) la storia degli ultimi quarant'anni di follia umana abbattutasi in mezzo alla già di per sé deprimente piattitudine dell'Asia Centrale. Internet è una miniera, anche per questo. Se siete curiosi, potete fare una capatina qui, qui, qui, e ancora qui. O, più semplicemente, fare così.

Quello che è impossibile descrivere, spiegare, anche solo provare ad immaginare, è la dimensione.

Il fatto è che tu te ne stai lì a Moynaq a camminare sul fondo del mare, davanti a pareti di arenaria che qualcuno ti racconta essere scogliere, hai capito bene, vagando in mezzo agli scheletri arrugginiti e surreali di navi arenate fra la sabbia e i cespugli: quello che avanza di una specie di porto spettrale. Il tuo sguardo può spaziare fino all'orizzonte, dove il cielo diventa bianco perché il vento salato e contaminato dell'Aral solleva ogni sorta di schifezza e la trasporta per centinaia di chilometri, ed è inquietante, certo. La tua curiosità è magari soddisfatta anche solo da tutto questo.
Ma il problema è che ciò che vedi non è affatto tutto questo. E' solo una milionesima parte, un francobollo in una biblioteca, 35mm di fotografia per un infinito panorama day after. La verità è che tu te ne stai lì a raccogliere conchiglie cercando di non toccarle troppo, ma di fronte a te la follia è infinita. Per centinaia di chilometri, centinaia di migliaia di chilometri quadrati.
I tuoi occhi non la inquadrano l'angoscia, la tua mente può forse intuirne la portata, ma non riesce a darle la dimensione, la scala reale.

Provaci con questa:
                                                             

                                                                      dimensione 600x800
                                                                fonte www.redtailcanyon.com


L'avete aperta? Adesso fate due conti: ogni pixel dell'immagine è pari a un quadrato di 1km di lato. Voi siete un cinquecentesimo di ciascun punto. E siete a Moynaq, che più o meno si trova dove ho piazzato quel brufolo rosso: a molti, molti, molti punti di distanza da dove oggi inizia l'acqua. Acqua? Sì, quella schifezza verde. Oddio, non vi deprimete del tutto, il sensore del satellite ci mette il suo zampino nel colorare le cose, ma insomma, fa senso sì.
A proposito: il mio punto rosso copre un'area di circa 10x10 km... Moynaq è molto più piccola.
Dicevamo: siete dunque distanti dall'acqua molti punti, verso il basso dell'immagine, dalle parti del punto rosso. Perché siete lì? Bè, perché è lì che è la spiaggia. Ops: che era la spiaggia. E gli ombrelloni. E le cabine. E il porto, i pescatori, i bagnanti, i turisti, le conchiglie - vive, la vita. Era tutto lì, una volta. C'è ancora il cartello a ricordarlo: "Moynaq, stazione balneare".
Non sopravvivono più a Moynaq, quei pochi che non sono riusciti a scappare, ma certo hanno il senso dell'umorismo. Nero.

Ancora fate un po' fatica, vero? Io ho provato a contare i pixel. Un po' a spanne eh, tanto per farmi un'idea. La "pozza" più grande è lunga circa 250 km. Se ho capito bene, una volta, quando al posto di tutte quelle pozzanghere verdi c'era il quarto bacino chiuso al mondo, quell'unica "pozza" era più o meno circolare e aveva un diametro suppergiù di 400 km. In altre parole, copriva anche tutta quella regione che qui vi sembra grigio-biancastra. Biancastra? Sì. Sale. Solo sale, oggi. Sale per centinaia di chilometri.
Chi ha la mia età ricorderà le cartine geografiche alle scuole elementari: non c'era mica quella roba lì, non era mica fatto così l'Aral.
Io studiavo "c'è il Mar Caspio, ci sono i grandi laghi americani, c'è l'Aral...". Col cavolo. Un sacco di balle mi raccontavano.

Non so se a Moynaq ci fossero le discoteche come a Rimini, ma di sicuro c'era lo stesso numero di bambini a fare il bagno, e molta più acqua. Molta è un eufemismo: un qualcosina tipo il 50% in più in superficie ed il 75% in volume. Si faceva lo struscio sul lungomare di Moynaq negli anni '50? Mah, non lo so mica se i russi si strusciano. Però pescare si pescava. E non c'era la mucillagine.
Oggi sono scappati quasi tutti. Il vento bianco dell'Aral li insegue fino oltre Nukus, 200 km a sud est, e ancora per migliaia di chilometri quadrati. Deserto che avanza, sale, polveri chimiche, veleni. Per chi invece da Moynaq, e dalle zone circostanti, non è riuscito ad andarsene c'è solo una Chernobyl invisibile e sconosciuta a gran parte del resto del mondo.
Moynaq è una città morta popolata da fantasmi. Dovete guidare per parecchie ore prima di avere il coraggio di respirare di nuovo a pieni polmoni.

Fatto sta che all'Aral, e a Moynaq, ci siamo stati. Chissà se qualcuna delle mie amate t-shirt di cotone ha qualche relazione con quell'immagine. Cosa c'entrano le t-shirt? Le mie non lo so, quelle degli abitanti di Moynaq, loro malgrado, temo qualcosa.
Viene da chiedersi se abbiano per caso provato a fermare il sidecar e quelle tre Zigulì arancioni che abbiamo visto arrancare per strada in paese. No perché, con le micropolveri in sospensione, pare che funzioni...
 

                                                                    Carlo Paschetto
                                                              www.orizzontintorno.com

 

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