leer
Viaggi e Relax
Banner
Viaggi e Relax
Erfurt live Header10 Viaggi e Relax

Le vacanze di molti italiani partono dal web e tornano nel web come esperienze utili per gli altri viaggiatori. [ViaggieRelax.it]

Diario di viaggio in Marocco PDF Stampa E-mail
Scritto da Maurizio Fortunato   

"Dio, Tè alla menta, Non c'è problema", ovvero se Dio vuole anche oggi avremo il nostro Tè alla menta, che problema c'è. La perfetta sintesi della filosofia di vita di questo popolo, ciò che più d'ogni altra cosa unisce
e fonde le due anime di questa terra, la cultura araba e la cultura berbera, perché tutto accade se Dio lo vuole e qualunque problema può essere risolto davanti ad una tazza fumante di Tè alla menta.


"Dio, Tè alla menta, Non c'è problema", ovvero se Dio vuole anche oggi avremo il nostro Tè alla menta, che problema c'è. La perfetta sintesi della filosofia di vita di questo popolo, ciò che più d'ogni altra cosa unisce e fonde le due anime di questa terra, la cultura araba e la cultura berbera, perché tutto accade se Dio lo vuole e qualunque problema può essere risolto davanti ad una tazza fumante di Tè alla menta. Non lo troverete inciso da nessuna parte, come il motto ufficiale "Dio, Patria, Re" scritto a caratteri cubitali in memoria perenne lungo le principali vie di comunicazione, ma credetemi non se ne potrebbe trovare uno più vero di questo dopo aver trascorso due settimane in questa magnifica terra che sa regalare ad ogni angolo contrasti stupefacenti. Immersi in una tavolozza di colori in cui il giallo dorato del deserto si fonde con il verde intenso dei palmeti e delle oasi, in cui gli spruzzi ocra delle antiche Kasbah, mute sentinelle lungo strade polverose, si stagliano sui profili di cime argentee ammantate di neve, in cui il bianco candido delle antiche medine intonacate a calce si riflette negli spicchi di blu cobalto d'un cielo che intravedi appena stretto tra i muri delle case. E quel caligginoso silenzio, così grave di echi remoti, di sussurri dietro una finestra chiusa, di fragori di guerra e cozzare d'armi, di vite strappate alla quotidiana fatica del tempo, ecco che d'un tratto prende vita e inizia ad animarsi, nel frusciare di un caffettano che ondeggia mosso da una leggera brezza, nelle frasi bisbigliate dietro un velo, nei grani d'un rosario che scorrono preghiera dopo preghiera, nel lento strascicare d'un vecchio che ti soppesa stringendo i suoi occhi lattiginosi, e mentre cresce si fa armonia fino a esplodere nelle mille voci di un mercato, nei rumori delle botteghe con gli artigiani piegati dal tempo sui loro antichi mestieri, qui il ritmico andare di un telaio, li il tonfo sordo del martello che incontra il metallo, la il leggero ticchettio di uno scalpello che incide la pietra, e tutto avviene intorno a te in uno spazio che non esiste e di cui tu stesso sei parte vitale ogni volta che questo lentamente appare e scompare, ora al passare d'un carretto trainato da un somarello, ora a seguire una frotta di ragazzini che si rincorrono vociando, ora nella fila dei turisti che disordinata procede a fatica tra i banchi della via. Questo è il Marocco, un connubio di antico e moderno che sono parte dello stesso modo di sentire la vita, in un alternarsi di opposti, di bianco e di colore, di spazi sconfinati e di vicoli affollati, di cime vertiginose e di pianure assolate, di sapori agri e di gusti dolci, in uno scivolare di percezioni che si accavallano e si rincorrono lasciandoti senza fiato. Sono riuscito a darvi appena un'idea di quello che potete aspettarvi arrivando qui ? e allora lasciatevi guidare ......................

21 Marzo 2004 Genova - Bologna - Marrakech
Si parte. Con un pò di fortuna , o come si dice per una serie di circostanze legate al caso, riesco a staccare l'ultimo biglietto aereo disponibile per quella data per Marrakech, per partecipare insieme ad altri compagni di ventura al Gran Tour del Marocco di Francorosso, uno dei giri più completi che si possa trovare in merito ( a meno di organizzarselo da soli ), due settimane di full immersion in lungo e in largo per il paese. E il caso stavolta mi ha assegnato l'aeroporto di Bologna, poco male da li non sono mai partito, lo annovererò tra le esperienze del viaggio. E' mattina presto quando in treno mi lascio alle spalle i famosi vicoli di Genova, forse una delle città italiane più aperte al contatto con la cultura araba e il cui centro storico non sfigurerebbe al confronto della più affollata medina marocchina. La città di Bologna non smentisce la sua efficienza ed in meno che non si dica , anche di Domenica, traghetto in bus dalla stazione ferroviaria al chech in dell'aeroporto di Borgo Panigale, in attesa del volo della Royal Air Maroc che ci porterà in meno di quattro ore a Marrakech, un nome che gia da solo è in grado di evocare racconti da mille e una notte e infatti sull'aereo scopro che ci sono persone partite anche solo per trascorrere un fine settimana in città. All'arrivo ci attende una temperatura quasi freddina ( ma chi l'ha detto che in Marocco si muore sempre di caldo ? l'inverno c'è anche qui e non scherza affatto ), la solita sfoltitura del gregge e via ai pulmann Gran Turismo assegnati per i vari tipi di Tour in partenza. Ora vorrei chiarire, una volta per tutte, che il termine Gran Turismo assume un significato ed una connotazione differenti a seconda della nazionalità dei passeggeri trasportati, infatti se questi sono Italiani inizia a colorarsi di mille sfumature eleitarie fino a comprendere un qualcosa che è una via di mezzo tra un pulmann turistico di vetusta età e un "ma che ce ne frega tanto noi ci adattiamo a tutto", in effetti si potrebbe obiettare che questo in parte è anche vero, forse perché per noi "il senso del viaggio" ci porta a cercare di essere sempre un po' più viaggiatori che semplici turisti. E ai piedi della scaletta del famigerato mezzo ci attende la nostra guida marocchina il mitico Saâd, guida nazionale diplomata ed accompagnatore in varie lingue tra cui l'italiano, nonché la controfigura del bravo Tomas Milian quando recitava nei panni del capitano di polizia il Trucido ( ditemi se non è vero ). Non c'è niente da fare penso che sia una cosa insita nel modo di fare arabo, quel mix di simpatia e cortesia che alla fine ti lascia sempre il dubbio, se ti hanno guidato dove volevano loro o ti hanno comunque portato li lasciandoti credere che era proprio quello che volevi fare, e se è proprio vero che non abbiamo più tempo e dobbiamo correre, e se è proprio vero che quello è il miglior prezzo che puoi spuntare, e se è proprio vero che li non è il caso di avventurarsi da soli, e se ............, ma d'altra parte se hai una guida devi lasciarti guidare e tutto il resto diventa parte del viaggio, dopo tutto per il nostro Saâd il compito più importante era quello di farci arrivare sani e salvi sulla scaletta dell'aereo che ci avrebbe riportato in Italia da li a due settimane. Ciao Saâd, Buona Fortuna (a proposito del libro che ci hai consigliato di comprare per approfondire la conoscenza della cultura berbera "La Stella verde" di Mark Parentis edito dalla Fabbri di Milano nessuno ne ha mai sentito parlare, ho chiamato anche la Fabbri stessa, ma forse è meglio così, non esistono libri che possono spiegarti ciò che comunque non potresti mai comprendere fino in fondo). E' ormai pomeriggio inoltrato quando arriviamo in albergo, il moderno Atlas in ave de France nella ville nouvelle di Marrakech, sulle montagne che stringono d'intorno la città la neve non si è ancora sciolta e l'aria che si respira non lascia presagire l'imminente arrivo della primavera, siamo in anticipo sul top della stagione turistica, ma abbiamo dalla nostra un clima migliore per girare ed un minor numero di persone da dover incrociare, sperando solo che Giove pluvio abbia ormai esaurito tutte le sue riserve d'acqua.

22 Marzo 2004 Marrakech - Essaouira
Primo giorno di tour e subito in cammino verso la costa atlantica, lasciamo Marrakech che ritroveremo al termine della seconda settimana come la ciliegina sulla torta. Fuori della hall ci attende il nostro bus, inutile sperare che nella notte sia stato sottoposto ad un lifting straordinario, tutti a bordo con un tempismo quasi perfetto e via con il tradizionale rituale della conta dei presenti, tante volte qualcuno fosse salito su uno di quei super delux con cui girano francesi e tedeschi tentando di bleffare invano sulle origini altoatesine del suo cognome. Ok ci siamo tutti, cosa facile a dirsi, ma meno facile a dover stabilire per il povero aiutante di Saâd ( un simpatico ragazzo marocchino che ci accompagnerà durante tutto il viaggio e che come scopriremo più avanti vivrà per due settimane in perfetta simbiosi con il mezzo meccanico, custodendolo, pulendolo e dormendoci dentro a scanso di equivoci ), per cui essendo questo tra i suoi vari compiti quello più qualificato lo eseguirà ogni volta con uno scrupolo assoluto passando a contare e a ricontare in arabo avanti e indietro per il corridoio almeno una decina di volte, probabilmente sempre con un risultato diverso perché alla fine solo con un grande sforzo di auto convincimento dava ogni volta il permesso di partire. Questo aneddoto mi da lo spunto per introdurre uno dei più grandi misteri di cui non siamo riusciti a venire a capo al termine delle due settimane, il funzionamento del sistema scolastico marocchino, e non perché ci fosse motivo di metterne in dubbio la validità, ma perché in qualunque parte del paese fossimo ad una qualunque delle ore del giorno ( mattina presto, mezza mattinata, mezzogiorno, primo pomeriggio, pomeriggio inoltrato, sera tardi ), non mancava mai di incontrare frotte di bambini e ragazzi di tutte le età che andavano e venivano dalla scuola in un festoso happening di corse e scherzi, siamo arrivati perfino a pensare che avessero regolato il suono delle campanelle d'ingresso e d'uscita con l'orario dei nostri passaggi o che magari avessero organizzato delle staffette volanti per avvisare del nostro imminente arrivo, mah..... ( ti vedo che stai ridendo, Patriza !! ). A parte gli scherzi siamo arrivati alla nostra prima sosta, una visita fuori programma che si rivelerà molto interessante, ci fermiamo nel paesino di Sidi Moktar sulla provinciale P10 a visitare un autentico mercato berbero che si tiene una volta alla settimana e che per nostra fortuna ( o meglio per volontà di qualcuno in alto, come ci ricorda il buon Saâd ) si svolge proprio oggi. Siamo l'unico pullman turistico insieme ad una miriade di carrettini trainati da piccoli somarelli ( il mezzo più popolare tra la gente del posto ) custoditi in un apposito parcheggio. Ci accodiamo al nostro Saâd ed entriamo nel recinto del mercato compiendo contemporaneamente un balzo indietro di parecchi anni, iniziando così ad entrare in contatto con tradizioni e modi radicati da molte generazioni. Il mercato si tiene all'aperto ed ognuno espone la sua mercanzia direttamente per terra stesa alla bell'e meglio su sacchi di iuta, spezie, ortaggi, frutta, oggetti e articoli per la casa, vestiti , scarpe e quant'altro, ci sono anche dei banchi fissi in muratura usati per vendere vari tipi di carne, tranne chiaramente quella vietata dalla regione islamica, che nugoli di mosche si incaricano di assaggiare in anticipo, leggermente in disparte si trovano enormi pentoloni fumanti in cui vengono immersi i polli per essere spiumarli. Passiamo attraverso la gente quasi fossimo invisibili, nessuno badi a noi e abbiamo così modo di osservare la reale natura del luogo senza ulteriori sovrapposizioni per turisti. Ogni persona sembra interpretare un personaggio a se stante ed alcuni fanno parte di quelle rappresentazione classiche che ci si potrebbe aspettare di trovare in una piazza del medioevo, come il cantastorie e l'incantatore di serpenti, versione moderna di antichi giullari, o come il venditore d'acqua che gira bardato nel suo costume caratteristico con a tracolla il suo orcio di pelle di animale, testimone di un mestiere da noi completamente scomparso, ed è un continuo salutarsi e stringersi le mani in un evento in cui fare la spesa ( cosa che vede quasi del tutto escluse le donne, scarsamente presenti, come se qui andare al mercato fosse un'attività esclusivamente maschile ) sembra solo il pretesto per incontrarsi e tenersi aggiornati sulle ultime notizie e sui fatti accaduti nel circondario. Perché qui tutto accade in una dimensione più intima, quasi familiare, e si riesce a percepire al di sopra dei rumori quel silenzio di sottofondo che è patrimonio comune di tutti, fatto di leggi non scritte, ma che tutti conoscono e rispettano, una consuetudine d'usi e costumi che ha secoli di vita, come appare intimo e particolare lo strano modo di parlarsi che hanno i berberi di qui, con quell'antico linguaggio muto delle mani in cui attraverso il contatto fisico sono in grado di esprimere quello che non esce dalla loro bocca, per questo non meravigliatevi se venendo qui vi capiterà di vedere uomini che si tengono per mano perché in realtà si stanno parlando. Ripartiamo poco dopo proseguendo il nostro viaggio verso Essaouira contenti di esser riusciti ad intrufolarci anche solo per poco in una realtà veramente autentica. Attraversiamo una zona ricca di estese coltivazioni di olive ed agrumi, sui bordi della strada pascolano greggi di capre prima che il caldo e la mancanza d'acqua secchino l'ultima erba rimasta spingendole, abili arrampicatrici, a cercare nutrimento sulla cima delle basse piante di argan ( una pianta largamente utilizzata in erboristeria per vari tipi di preparazione ) per cibarsi delle foglie più tenere. Ogni tanto il basso profilo della pianura è interrotto dalla presenza di qualche piccolo gruppo di case, ingegnoso il modo che hanno di realizzare i covoni di fieno, fatti a forma di casa con il tetto spiovente e ricoperti interamente di argilla per proteggerli dall'acqua piovana. Arriviamo infine sulla costa atlantica che in questa zona è particolarmente battuta dal vento. Siamo a Essaouira, cittadina conosciuta, come ci ricorda Saâd, oltre che per la sua lunga spiaggia anche per la lavorazione del legno, in particolare quello dell'albero della tuia, cosa che la rende, sempre a suo dire, il posto meno caro dove acquistare oggetti ed artigiano in legno, sarà anche vero ma se iniziamo a comprare già adesso alla fine delle due settimane occorrerà comprare anche una valigia supplementare ( cosa che poi accadrà puntualmente ) per portare tutti i souvenir in Italia. A mio avviso la città può essere considerata soprattutto un ottimo punto di partenza per iniziare a visitare il Marocco permettendo, pur nel pieno rispetto del suo essere araba, un impatto più soft che altrove. La medina con i suoi souq ed i suoi vicoli contorti, le sue botteghe di artigiani ( in cui è possibile fermarsi ad ammirare l'abilità delle tecniche di lavorazione ) non è molto affollata e si può girare tranquillamente senza l'assillo di dover continuamente porre cortese diniego alle offerte di acquisto. La parte vecchia della città si spinge verso il mare terminando con i bastioni della fortezza, testimone dell'antica presenza portoghese, su cui si può salire per ammirare la costa mentre le onde del mare si infrangono rabbiose sugli scogli sottostanti. Proseguendo lungo le mura attraverso uno stretto vicolo si arriva sulla grande piazza Moulay Hassan sui si affacciano numerosi e simpatici localini, proseguendo si arriva al mercato del pesce rinomato per la sua quotidiana vivacità, dappresso piccoli ristorantini ambulanti servono invitanti grigliate di pesce, crostacei ed enormi granchi, alle spalle nugoli di gabbiani volteggiano bassi attirati dal lavorio incessante degli uomini intenti a pulire il pesce che di li a poco passerà direttamente sulla griglia. E' questo il punto migliori da cui ammirare l'insieme della città vecchia che rifulge nel bianco delle sue piccole case sul blu del cielo e del mare. Attiguo al mercato del pesce si apre il porto dove ancora oggi abili artigiani costruiscono le tipiche imbarcazioni di legno qui utilizzate. E' appena passato da poco il primo pomeriggio quando ci trasferiamo in albergo, contrariamente al programma originale che prevedeva di arrivare in giornata fino a Safi ci fermiamo a dormire a Essaouira perché, come ci informa Saâd, l'albergo previsto dal tour è in fase di ristrutturazione ed è meglio evitare inutili problemi. Una combinazione del caso ?, la volontà di qualcuno in alto di riservarci per domani i 130 Km previsti per oggi ?, un improvviso overbooking alberghiero in una città ( Safi ) di mezzo milione di abitanti ? , ma d'altra parte non siamo soliti anche noi dire che le vie del Signore sono imperscrutabili e poi così il viaggio si uniforma di più al modo di pensare arabo, se Dio vuole .......... chissà cosa ci riserverà il domani.

23 Marzo 2004 Essaouira - Safi - El Jadida - Casablanca
Lasciamo Essaouira e sulla vecchia strada provinciale che costeggia il litorale iniziamo a risalire la costa atlantica meridionale, chilometri di sabbia punteggiata da piccole dune scure che a stento sembrano arginare un mare rabbioso e ribollente. Il panorama scorre lasciandosi a lato piccoli appezzamenti coltivati, ricavati con maestria così a ridosso del mare che quasi paiono dover essere inghiottiti da un momento all'altro e in cui cresce un particolare tipo di cipolla che per la composizione chimica del suolo e la vicinanza dell'acqua salata assume un gusto molto apprezzato per le più comuni preparazioni culinarie. La zona è scarsamente abitata e la presenza di vita si divide tra sparuti gruppi di case e greggi di pecore e capre che brucano indisturbati. Siamo quasi in vista di Safi quando in prossimità del paesino di Souira Kedima, una località che sta diventando meta di seconde case al mare per la gente di Marrakech, ci troviamo improvvisamente la strada sbarrata da un mercato, nel senso letterale del termine per cui la normale carreggiata stradale può prestarsi benissimo a diventare una via pedonale tra due file di banchi e bar improvvisati sotto tende berbere. E' un mercato locale settimanale, ci spiega Saâd, che normalmente si tiene in un altro giorno, ma che in via eccezionale è stato spostato perché il giorno successivo è quello dedicato alla festa dei bambini in cui si è soliti regalare caramelle e dolciumi. Allora era questo lo spettacolo che ci aveva preparato la sorte rimandano ad oggi i km del giorno prima, una ventina di minuti abbondanti a passo di formica incollati al finestrino a guardare quello che succedeva di fuori con quelli di fuori intenti ad osservare noi, per una volta finalmente passati dal ruolo di novelli osservatori a quello di osservati. In effetti avete mai pensato al fatto che quando andiamo in giro per il mondo a curiosare a casa d'altri, sia che lo facciamo in un tour organizzato o come viaggiatori indipendenti, un po' andiamo sempre a rompere i "maroni" come direbbero poeticamente gli amici emiliani. Finalmente riprendiamo il viaggio e poco dopo arriviamo in vista di Safi, una città prettamente moderna dedita alla pesca e alla produzione di fosfati di cui è ricco il sottosuolo, il primo impatto non è dei più piacevoli ed arrivando da sud la città ci accoglie con il suo grande complesso industriale, eredità dello sviluppo avviato agli inizi degli anni '60 da Enrico Mattei, che sbuffa verso il cielo blu cobalto alte volute di fumo biancastro, per fortuna sembra a detta di Saâd che il tutto sarà presto trasferito in una zona più idonea. Il luogo era già conosciuto all'epoca dei fenici e dei romani, ma la fondazione della città vera e propria si deve nel XII secolo alla dinastia dei sultani almohadi. Uno dei principali motivi di interesse è la produzione di ceramica, apprezzata come tra le migliori di tutto il Marocco e per cui ancora oggi vengono utilizzati degli antichi forni che meritano senza dubbio una visita. Dopo aver attraversato la medina, che inizia proprio alle spalle dell'antica fortezza portoghese di Qasr al-Bahr costruita nel 1508 a protezione del porto, uscendo dalla porta settentrionale, chiamata Bab Chaba, si può salire attraverso le viuzze della bassa collina di fronte per curiosare tranquillamente tra gli artigiani al lavoro ed osservare le tecniche di cottura della terracotta rimaste inalterate da secoli. Lasciamo Safi e riprendiamo il viaggio lungo il litorale atlantico, il panorama si fa più aspro e la costa sabbiosa si alterna a lunghi tratti rocciosi con alte falesie stratificate, passiamo accanto a piccoli campi di grano dorato separati dal mare da sottili strisce di sabbia rossa sferzate incessantemente dalle onde del mare e poi a file ininterrotte di serre. Ci fermiamo per il pranzo a Oualidia, nota località balneare stretta tra il mare e una laguna in cui nidificano varie specie di uccelli. Dopo il pranzo riprendiamo la strada verso la nostra prossima metà , la città di El Jadida , costeggiando un lungo tratto di costa in cui il mare forma una laguna interna in cui sono state ricavate delle saline per l'estrazione del minerale. Arriviamo a El Jadida nel pomeriggio inoltrato, la città fondata nel 1513 dai portoghesi con il nome di Mazagan è uno degli esempi di architettura militare portoghese meglio conservati in Marocco, anche se durante l'assedio del 1769, da parte del sultano Sidi Mohammed ben Abdallah, gli assaliti prima di abbandonare la città ne fecero saltare gran parte dei bastioni. Una delle principali attrazioni è la famosa Citerne Portugaise ( Cisterna Portoghese ), costruita nel 1541 per la raccolta dell'acqua piovana, che si trova nella via principale all'interno della vecchia cittadella in Rue Mohammed Ahchemi Bahbai e ritrovata fortunosamente agli inizi del secolo dopo che se ne era persa la memoria. Il riflesso delle volte sorrette da venticinque colonne crea sull'acqua degli effetti suggestivi, utilizzati anche da Orson Welles nel famoso film Otello, peccato che durante la nostra visita la cisterna fosse vuota cosi da impedirci di poterne godere appieno. Terminiamo la visita di El Jadida con una passeggiata lungo gli antichi bastioni godendo della vista del mare e della città dall'alto prima di proseguire il viaggio verso l'ultima meta della giornata, la città di Casablanca. Mentre raggiungiamo il nostro albergo passiamo davanti al luogo dove nel 2003 è avvenuto il tragico attentato che è costato la vita a numerose persone tra personale marocchino e turisti, la hall e l'ingresso dell' Hotel sono ancora presidiati da un nutrito numero di poliziotti e militari, ci stringe il cuore ripensare ai tragici eventi che hanno trasformato un momento di piacere in una tragedia, per questo non smetto mai di pensare che visitare un altro paese non è fare solo turismo, ma cercare di capire l'anima autentica del popolo di cui si è ospiti per accorciare le distante che si frappongono ad una pacifica convivenza su questo piccolo pianeta chiamato Terra. Dopo cena uscita fuori programma per ammirare Casablanca sotto una luce diversa, in particolare la grande moschea di Hassan II che deserta e con l'illuminazione notturna assume un fascino tutto particolare e per finire la serata cosa c'è di meglio che bere un drink nel famoso bar dell' Hotel Hyatt, quello del film di Humphery Bogart con un Sam di turno che suona sempre l'ultima canzone.


24 Marzo 2004 Casablanca - Rabat
Dedichiamo la mattina alla visita di Casablanca , il cui nome arabo è Anfa, la città più grande del Marocco e dal volto prettamente moderno, in cui forse più che altrove si sente l'influenza dell'occupazione francese e del modo di sentire vicino ai gusti occidentali. L'architettura coloniale dei suoi palazzi, l'eleganza dei suoi viali e parchi la rendono nell'aspetto una metropoli europea dall'aria un po' decadente, memore del livello raggiunto nel periodo coloniale sotto il cui impulso era diventata il principale centro economico del paese, ruolo che ancora oggi sembra svolgere con efficacia. Iniziamo il giro dalla piazza Mohammed V il fulcro della ville nouvelle di Casablanca intorno al quale si possono ammirare alcuni bei palazzi in stile moresco risalenti al periodo coloniale, come il palazzo della Posta, il Tribunale, l'Ancienne Prefecture ed il Consolato Francese. Dopo una breve visita ad un mercato coperto, ricco di colori e di vita quotidiana, riusciamo ad intrufolarci grazie ai buoni uffici della nostra guida Saâd all'interno di un palazzo governativo, di non so quale amministrazione, per ammirare la stupenda architettura araba dei suoi ambienti e dei suoi patii, proiettati in un attimo dal caos cittadino all'interno di un'oasi di pace e tranquillità. Proseguiamo la visita della città ammirando dall'esterno il palazzo reale di Casablanca, il sultano ne ha praticamente uno in ogni grande città del paese e se ne serve durante le sue visite ufficiali, sembra a detta di Saâd che prossimamente e grazie al potere del ritorno economico del turismo alcuni saranno aperti al pubblico. Visitiamo poi la moderna chiesa cattolica di Notre Dame de Lourdes con all'interno delle belle vetrate artistiche realizzate da un'artista francese, terminiamo la mattinata con la visita della spettacolare moschea di Hassan II proiettata con la sua imponente mole direttamente sull'oceano. Costruita per voler del sultano Hassan II, padre dell'attuale Mohammed VI, la moschea è il terzo monumento religioso più grande al mondo. Progettata dall'architetto francese Michel Pinseau fu terminata nel 1993 dopo più di cinque anni di lavoro per una spesa, si vocifera, di circa 600 milioni di dollari elargiti per lo più dalle casse pubbliche . Certo dopo aver visitato il Marocco qualcuno sarà portato a chiedersi se tutta quella montagna di dollari potesse essere impiegata meglio, ma d'altra parte quando costruirono San Pietro credete non ci fosse altro di più urgente da realizzare ? La moschea è inoltre un gioiello di tecnologia con il suo minareto di 210 mt. di altezza, le porte elettriche ed il tetto che si può aprire completamente, per poter visitare l'interno, è una delle poche moschee aperte agli stranieri, occorre prender parte ad una delle visite guidate che partono ad orari prefissati. Purtroppo a malincuore ho dovuto rinunciarvi sia perché non previsto dal programma originale Francorosso e sia perché la nostra buona guida Saâd sembrava quasi sconsigliarlo, facendo così propendere la maggioranza del gruppo verso un'esplicita rinuncia, peccato. Dopo il pranzo in un ristorante sul famoso lungomare di boulevard de la Corniche, una delle zone "in" di Casablanca ricca di locali alla moda, riprendiamo il nostro viaggio verso la nostra prossima meta, la capitale Rabat. Attraversiamo la degradata periferia di Casablanca e proseguendo sulla strada costiera percorriamo i 100 Km scarsi che ci separano da Rabat dove arriviamo nel tardo pomeriggio in tempo per fare un giro nella sua antica medina del XVII sec. interamente circondata da mura. L'atmosfera tranquilla e rilassata che ci accoglie, in contrasto con il traffico e i rumori di Casablanca, ci permette di apprezzare ancora di più la passeggiata tra il labirinto delle strette stradine su cui si affacciano le antiche case intonacate a calce, con i loro portoni eleganti e le piccole finestre chiuse in cui anticamente le donne potevano osservare da un piccolo foro quello che succedeva fuori senza essere viste. Continuiamo ad addentraci verso l'interno sostando ad osservare l'alacre lavoro degli artigiani indaffarati nelle loro piccole botteghe, e piano piano l'aumentare del vociare e l'animarsi della via ci introducono nella parte più viva della medina con la moschea ed il mercato che per alcuni versi sembra essersi fermato agli inizi del secolo come i tavolini degli scrivani su cui fanno bella mostra polverose macchine da scrivere Olivetti che da noi troverebbero posto solo in museo della tecnologia. La visita della medina di Rabat, in cui si può tranquillamente girare senza venir assediati da venditori di ogni specie, è uno dei ricordi più piacevoli del viaggio e anche se è tenuta in minor considerazione rispetto ad altre più grandi ed antiche merita senza dubbio una visita.

25 Marzo 2004 Rabat - Fès
Oggi il cielo è plumbeo anche se fortunatamente la pioggia sembra rimanersene appesa lassù in alto. Dedichiamo la mattinata alla visita di Rabat, capitale del Marocco dal periodo coloniale francese, iniziando dal complesso del Palazzo Reale situato all'interno di un'area cinta da mura, vi accediamo dall'ingresso nei pressi della porta Bab ar-Rouah ( porta dei venti ), una delle porte della città rimaste dal tempo della dinastia almohade. Del complesso fa parte oltre al palazzo vero e proprio anche la moschea di Ahl-al Fas che chiude un lato della grande piazza d'armi, non è possibile accedere all'interno degli edifici e bisogna accontentarsi di ammirali dall'esterno immaginando quali bellezze possano nascondere. Riprendiamo il pulmann per fare un'escursione fuori dalle mura della città dove nella zona sud si possono ammirare i resti dell'antica colonia romana di Sala Colonia inseriti all'interno della necropoli di Chellah costruita nel XIII sec. dalla dinastia dei merinidi. All'ingresso del complesso ci attendono due suonatori in costume che alla nostra vista iniziano ad eseguire una danza rituale, superata la massiccia porta principale un breve sentiero conduce ad una piattaforma panoramica da cui si può godere una vista d'insieme del sito archeologico prima di scendere direttamente tra quello che resta dell'antica città romana in cui non è facile distinguere i vari ambienti e la loro originale funzione. Completando il giro si arriva all'interno del complesso della necropoli islamica in cui numerose coppie di cicogne hanno trovato l'ambiente ideale per costruire casa. Anticamente si trovavano qui una moschea, un minareto e una scuola coranica che doveva ospitare diversi studenti, dietro i resti della moschea si trovano alcune tombe della dinastia merinide. Dopo la visita della necropoli rientriamo all'interno della mura e ci rechiamo a visitare la torre di Hassan ed il mausoleo di Mohammed V. L'edificazione della torre di Hassan, divenuta nel tempo uno dei simboli della città, fu iniziata per volere del sultano almohade Yacoub al-Mansour nel 1195, ma alla morte di questi quattro anni dopo i lavori vennero abbandonati dopo essere arrivati all'attuale altezza di 44 mt. contro i 60 previsti dal progetto originale. Neanche la moschea attigua, di cui la torre fungeva da minareto, ebbe migliore sorte perché nel 1755 fu completamente distrutta da un terremoto ed oggi se ne può solo intuire la struttura da alcuni pilastri parzialmente ricostruiti. Di epoca più recente è il grande mousoleo di Mahammed V edificato dal sultano Hassan II quello della grande moschea di Casablanca. In stile marocchino e riccamente decorato il mausoleo contiene in una camera sotterranea visibile dall'alto le spoglie del nonno e del padre, lo stesso Hassan II, dell'attuale sultano. Completiamo il giro di Rabat con la visita della Kasbah des Oudaias passando per la porta che conduce ai giardini andalusi e da questi salendo attraverso strette viuzze con le case addossate una all'altra nei caratteristici colori bianco e azzurro verso la via principale rue Jamaa al cui termine in direzione sud sorge un belvedere chiamato la Plateforme du Sémaphore da cui si può godere una vista panoramica della foce del fiume che separa Rabat da Sale. Ci trasferiamo per il pranzo proprio a Sale in un ristorante ricavato su una nave ancorata lungo una banchina sul fiume. Dopo un breve giro nella medina Sale con la prospettiva di visitare un'importante medersa, risultata poi chiusa per restauri, riprendiamo il nostro viaggio. Lasciamo la costa atlantica ed iniziamo ad addentraci verso l'interno percorrendo la S311 in direzione della nostra prossima meta, la città di Fès. Attraversiamo la foresta di Mamora ricca di piante di eucalipto e querce da sughero, passiamo accanto ad una maestosa tenuta stile ranch californiano, è la residenza di una delle principesse sorella del sultano, superiamo poi la città di Meknes ( che visiteremo l'indomani ) e gradualmente le grandi pianure coltivate iniziano a lasciare il posto a dolci colline mentre la catena del Medio Atlante, che si profila all'orizzonte, inizia ad accompagnare il nostro viaggio. Arriviamo così in breve tempo a Fès e dopo cena abbiamo il tempo di fare un giro per la città assistendo in un locale ad uno spettacolo folcloristico di danze e acrobazie.

26 Marzo 2004 Volubilis - Moulay Idriss - Meknes
Ci svegliamo sotto una leggera pioggerellina che ci accompagnerà durante tutta la giornata, fenomeno non raro in questo periodo dell'anno. Oggi non sono previsti molti chilometri ed il giro partendo da Fes include alcune mete molto interessanti per chiudersi di nuovo a Fes che visiteremo domani. La prima tappa prevede la visita del sito archeologico dove sorgeva l'antica città romana di Volubilis, dichiarato nel 1997 dall'UNESCO patrimonio mondiale dell'umanità si trova a circa 30 Km a nord della città di Meknes. Il sito è uno dei più importanti insediamenti romani del Nord Africa che sia giunto fino a noi in un ottimo stato di conservazione, ma è anche vero, per quello che ho potuto vedere, che se non si pone un sollecito avvio ad importanti opere di restauro e preservazione rischia di rimanerlo ancora per poco. In tutti i miei viaggi non mi è mai capitato di vedere dei così belli ed artistici mosaici romani direttamente sul loro sito originale, ad adornare i pavimenti delle case dei ricchi patrizi della città, lasciati però purtroppo in uno stato di semi abbandono e senza adeguate protezione da tutti quegli agenti, atmosferici e non, che ne possono facilitare il rapido deperimento. Mi auguro che si ponga un immediato rimedio, perché come si può vedere dalle foto i mosaici sono veramente di un pregio artistico notevole. Il periodo più fiorente di Volubilis risale al II e III sec. d. C. anche se sullo stesso luogo sono stati rinvenute tracce di insediamenti cartaginesi risalenti al III sec. a. C. . La città era uno degli avamposti più remoti dell'impero romano ed oltre ad una funzione di prima difesa aveva anche una notevole importanza nell'approvvigionamento di derrate alimentari per la capitale. Con il riaffermarsi delle tribù berbere mai dome i romani abbandonarono Volubilis al suo destino, ma la città continuo a sopravvivere in un mix di varie etnie fino al XVIII sec.

Il sito archeologico di Volubilis non è stato ancora completamente esplorato ed in futuro sarà certo fonte di nuove scoperte. Nella parte fino ad ora portata alla luce si individua un lungo viale cerimoniale il Decumanus Maximus, costruito nel 217 d. C. in onore dell'imperatore Caracalla e di sua madre Giulia Domna, chiuso nell'ingresso sud dall'Arco di Trionfo ricostruito negli anni 30. Ai lati del viale cerimoniale si trovano le case con i mosaici più belli e meglio conservati, come la casa delle Colonne, con un colonnato che circonda il cortile interno ornato con mosaici a disegni geometrici, la casa del Cavaliere, con un mosaico dedicato a Bacco ed Arianna, la casa di Venere, con uno stupendo mosaico dove la dea Venere è ritratta insieme a delle ancelle mentre fa il bagno, la casa di Ercole, con un mosaico che ritrae le famose fatiche del dio Ercole ed altre case patrizie tutte originariamente abbellite con artistici mosaici. Nei pressi dell'Arco di Trionfo sul lato sinistro si trova la casa dell'Acrobata, con un mosaico che ritrae un esercizio di destrezza in sella ad un cavallo, subito dietro si trova la piazza che ospitava il Foro con i resti della Basilica e del Campidoglio, dedicato alla triade divina romana, risalente al 218 d. C., proseguendo verso l'uscita si trova la casa di Orfeo, con un mosaico che ritrae Orfeo mentre suona la lira, che probabilmente apparteneva ad uno dei mercanti più ricchi della città

Dopo Volubilis proseguiamo il programma del giorno con la visita di Moulay Idriss, adagiato con le sue case bianche sul declivio di una piccola collina che domina il sito archeologico stesso. Il paese di Moulay Idriss fu fondato da un pronipote di Maometto che fuggito dalla Mecca alla fine dell' VIII sec. si stabilì in questa zona convertendo gli abitanti del luogo alla nuova fede, a lui si deve anche l'istituzione della prima dinastia imperiale del Marocco e alla sua morte venne edificato un santuario dopo riposano oggi le sue spoglie. Non è possibile per i non islamici visitare il santuario che con gli anni è divenuto il luogo di pellegrinaggio più visitato dai marocchini, così come Moulay Idriss è oggi il santo più venerato del paese, curiosamente vige ancora il divieto che proibisce ai non islamici di passare la notte nel paese stesso. Partendo dalla piazza principale si imbocca un vicolo sulla sinistra accanto ad un bar molto frequentato e dopo aver attraversato un mercato coperto seguendo le indicazioni si giunge all'ingresso del mausoleo dedicato al santo fino al punto in cui una sbarra di legno blocca l'ingresso ai non musulmani, tutt'intorno gli fa da cornice un dedalo di stradine con piccole botteghe di artigiani al lavoro, se vi sarà possibile non mancate di visitare uno dei forni a legna pubblici, dove le famiglie portano a cuocere il pane preparato in casa, viene in parte anche venduto ed appena sfornato è veramente delizioso, croccante fuori e soffice dentro.

Completiamo il programma della giornata con la visita della città di Meknès conosciuta anche come la Versaille del Marocco, dall'impronta architettonica voluta dal sultano alawita Moulay Ismail contemporaneo del re sole Luigi XIV di cui cercava di emularne i fasti. La città imperiale del sultano alawita si estende di fronte all'antica medina ed anticamente vi si poteva accedere dalla porta monumentale di Bab el-Mansour, oggi chiusa e trasformata in una galleria d'arte. Dietro la porta si trova la grande piazza d'armi , oggi place Lalla Aouda, nei cui pressi si trova il mausoleo dedicato al sultano Moulay Ismail che scelse Meknès come capitale del suo regno, uno dei più bei esempi di architettura araba e marocchina, l'accesso è consentito anche ai non musulmani fatta eccezione per la stanza dove è collocata la tomba del sultano al cui interno si alternano in continuazione dei muezzin in preghiera. A sud del mausoleo si trovano gli immensi granai fatti costruire dal sultano, gli Heri es-Souani, che servivano per immagazzinare grano e fieno per i cavalli del suo esercito le cui scuderie si trovano attigue ai granai. All'interno dei granai si respira un'atmosfera suggestiva e surreale utilizzata spesso anche come ambientazione cinematografica, come nel film "L'ultima tentazione di Cristo" di Martin Scorsese. Terminata la visita di Meknès torniamo a Fes per la notte.

27 Marzo 2004 Fès
Il programma odierno non prevede spostamenti e tutta la giornata è dedicata alla visita della città di Fès, una full-immersion nel più autentico spirito marocchino, in una realtà che nessuna fantasia riuscirebbe a descrivere con più vivida forza. Una miscellanea di sensazioni che non mancherà di lasciarvi stupefatti, un ambiente magico in cui sembra si sia riusciti a trovare la giusta equazione per fermare il tempo, colori, profumi, suoni, in un incessante brulicare di vita attendendo a quegli antichi mestieri artigianali che sembravano scomparsi da secoli. Certo una sola giornata è veramente tirata, ma come si sa in questi tipi di tour il tempo è sempre tiranno e a voler tirare al coperta da una parte se ne lascia inevitabilmente scoperta un'altra. Fès è una delle più antiche città imperiali del Marocco, fondata poco dopo l'inizio dell'espansione araba nel nord Africa ne conserva quasi intatta l'originale identità, qui l'integrazione con le autoctone popolazioni berbere, diversamente che altrove, si è realizzata in minima parte. Se non avete molto tempo a disposizione concentratevi sulle due zone più importanti e caratteristiche, Fès el-Bali , la parte più antica che comprende la medina, e Fès el-Jdid, la parte più moderna chiamata anche nuova Fès, dove si trova il Palazzo Reale ed il mellah il quartiere ebraico. Considerando la vastità del giro e l'elevato numero di cose da vedere è forse, come non mai, il caso di affidarsi ad una guida del luogo, mettendo un attimo da parte la nostra sicurezza di esperti backpakers e ricordando che qui più che in altre città del Marocco è importante prestare un minimo di attenzione in più al problema della sicurezza, avendo cura di non girare con borse a tracollo che penzolano allegramente di lato o peggio con zaini lasciati incustoditi sulle spalle, se non volete provare l'ebbrezza di dover compilare moduli su moduli in un commissariato di sicurezza come è purtroppo successo ad un nostro compagno d'avventura un po' sprovveduto, credo vi possa bastare l'esperienza di attraversare vicoli così pigiati l'uno all'altro che dire "si è trasportati dalla folla" scende da un piano cosiddetto letterale ad un dimensione che più terrena non si può. Potete contattare una guida autorizzata tramite l'ufficio del turismo o presso uno dei grandi alberghi, mentre all'interno della medina troverete molte persone che vi si offriranno come guide, sebbene in linea di massima ci si possa fidare il governo ha però deciso da tempo di proibire tale consuetudine introducendo norme molto severe che prevedono anche la carcerazione per la guida non autorizzata. Prima di immergervi in quel caravanserraglio umano che è la medina provate ad osservala dall'alto, vi troverete di fronte ad un città che sembra essere stata abbandonata da tempo e così una volta dentro lo stupore risulterà ancora maggiore. La nostra visita non può che iniziare da Fes el-Bali, la zona senza dubbio più caratteristica di tutta la città. Mi è veramente difficile ricordare l'esatto giro che abbiamo fatto, perché il dedalo di vicoli che abbiamo percorso, ora girando a destra ora a sinistra, sembra l'opera di un enigmatico matematico che abbia voluto lasciare traccia indelebile dei suoi tortuosi meccanismi mentali, ed in effetti non è poi neanche così importante quanto la capacità di lasciarsi prendere dall'atmosfera, scoprendo angolo dopo angolo qualcosa di interessante da vedere o da gustare, ma tendendo sempre l'orecchio a ravvisare l'approssimarsi di un pericolo annunciato dal grido "balak, balak" ( non è forse il termine esatto, ma suona pressappoco così ), che richiama l'attenzione al passaggio di un somarello carico della più varia mercanzia che s'appressa faticosamente verso di voi, in un vicolo che all'occorrenza sembra stringersi ancora di più, tanto da farvi trattenere il fiato e spingere in dentro i chili di troppo. E così per un disegno preciso o per una fortuita combinazione del caso abbiamo iniziato ad esplorare la medina, ammirando dall'esterno una delle porte della grande moschea di Kairaouine con università annessa, uno dei centri teologici più importanti del mondo mussulamano, infilandoci poi nella vicina medersa di el-Attarine costruita da Abu Said nel 1325 nello stile della dinastia merinide, passando così in un attimo dalla frenesia esterna alla rilassante ed incredibile calma interna della scuola coranica ancora oggi utilizzata dagli studenti. Siamo nel quartiere dove si lavorano i metalli, dai più nobili a quelli di uso più comune, a giudicare dal gran numero di botteghe dove gli abili artigiani ed i loro giovani apprendisti si affaccendano in un concerto di tintinnii e di tonfi sordi, accanto a botteghe stracolme di cuccume e pentoloni di tutte le dimensioni e fogge, in vendita o in noleggio, come quelle di dimensioni veramente notevoli che vengono utilizzate per preparare banchetti di nozze a cui è invitato tutto il quartiere. E accanto a questo, sovrapponendosi ed alternandosi si sviluppa l'intricato mosaico delle corporazioni in cui è divisa la medina di Fes, come negli antichi centri medievali, ognuna con i suoi spazi e i suoi luoghi comuni ben delimitati. Dopo la medersa ed un altra serie di giri nel labirinto visitiamo il museo Belghazi, che situato in un bel palazzo seicentesco ospita una ricca collezione di tappeti, gioielli, armi e oggetti di uso comune, dieci minuti di meritato riposo e ci rituffiamo nel traffico congestionato della medina verso la zona delle concerie con il souq dei tintori, probabilmente la zona di Fes più ancestralmente caratteristica e senza dubbio quella più immortalata nelle foto ricordo. L'arte della lavorazione della pelle affonda le sue origini in tempi antichissimi ed ancora oggi è praticata con metodi che risalgono al periodo medievale, con le vasche della tintura, in cui gli uomini si immergono fino alla cintola, costruite ancora con mattoni di fango e piastrelle di ceramica. E' uno spettacolo veramente unico e vederlo dall'alto crea l'effetto di una tavolozza di tutte le tinte e sfumature in cui l'artista si sia dimenticati aperti tutti i tubetti di colore e a rendere il tutto ancora più indimenticabile contribuisce anche il forte odore che si respira e di cui tutta l'aria è impregnata. Dopo il pranzo, in uno degli eleganti palazzi - ristoranti di cui è piena la medina, riprendiamo il nostro giro visitando prima un'altra medersa e successivamente una bottega artigianale dove si producono stoffe utilizzando ancora i vecchi telai di legno spinti dal ritmico movimento avanti e indietro delle gambe. Passiamo poi nella zona dove si producono le ceramiche seguendo tutte le fasi della lavorazione, dalla creazione dell'oggetto al tornio a pedale, alla cottura nei forni, per finire con la decorazione eseguita a mano. Lasciamo infine Fès el-Bali e riprendiamo per un breve tragitto il nostro pulmann per spostarci nella zona di Fès el-Jdid di più recente costruzione. In questa parte della città si trovano il Palazzo Reale, visitabile solo dall'esterno, ed il quartiere ebraico il mellah, sembra che questo termine, che in arabo significa "sale", sia stato usato qui per la prima volta per indicare la zona destinata ad ospitare la popolazione di origine ebraica, una palude salina, prima di diventare di uso comune nel mondo arabo. Il quartiere ebraico, abitato oggi quasi esclusivamente da arabi dato che la maggioranza degli israeliti è emigrata negli ultimi decenni, ha una fisionomia più aperta rispetto alla medina, è più facile da girare e le sue case sono ornate da graziosi e caratteristici balconcini di legno e ferro. Tra le sinagoghe merita una visita quella di Ibn Danan restaurata nel 199 grazie ad un contributo dell'Unesco. All'interno si possono ammirare degli arredi sacri e cultuali, tra cui una copia della Torah custodita in una nicchia ricavata nel muro in fondo alla sala, scendendo un stretta scala si accede ad una piccola sala sotterranea dove è situato un mikveh, una piscina rituale in cui vengono effettuate le abluzioni rituali prima delle cerimonie più importanti. Terminiamo la visita della città di Fes uscendo dalla porta di Bab Dekkaken chiamata anche la porta blu dal colore delle piastrelle di ceramica con cui è decorata, il nostro pulmann è li ad attendere per riportarci in albergo insieme ai ricordi indelebili di questa stupefacente città.

28 Marzo 2004 Fès - Ifrane - la Valle dello Ziz - Erfoud
Riprendiamo il viaggio lasciandoci alle spalle la fantastica Fès, una città che sembra piombata fino ai nostri giorni dai confini del tempo, come uno squarcio di medioevo saltato fuori all'improvviso da un buco nero a farci rivivere con le sue ancestrali atmosfere attimi e sensazioni di vita passata. E con Fès lasciamo per ora anche quella parte di Marocco che è con le città imperiali la metà araba della sua anima, per ritrovarla poi alla fine del viaggio splendidamente conservata in un'altra città da favola, Marrakech. Ci aspettano le montagne, con le catene del Medio ed dell'Alto Atlante, una terra aspra e dura quasi ai confini della sopravvivenza, ma che ha saputo custodire gelosamente l'altra metà dell' anima di questo paese, quella berbera, un'anima le cui tradizioni non sono mai venute meno e che ha saputo fondersi con i conquistatori senza mai perdere la sua specifica identità. Scendiamo verso il Sud del Marocco abbagliati dall'intensità dei colori in un'aria limpida che ne esalta i contrasti, dove l'ocra delle antiche kasbah, che sembrano partorite direttamente dalla terra arsa, gioca a rincorrersi con il verde dei rigogliosi palmeti. Usciamo da Fès sulla statale P24 sotto una leggera pioggia che saluta la nostra partenza, il paesaggio che ci scorre accanto cambia rapidamente e mentre il profilo delle montagne si avvicina sempre di più i paesi iniziano ad assumere un aspetto vagamente familiare, i tetti delle case si fanno d'improvviso aguzzi e spioventi e sembra di essere entrati in una nostra valle montana circondata dalle montagne imbiancate da una neve candida. Attraversiamo il paese di Imouzzer fermandoci poco dopo per una breve sosta a Ifrane, che in lingua berbera significa zona arida e fredda, una piccola cittadina fondata dai francesi negli anni '30 a 1650 mt. di altitudine come località di villeggiatura al riparo dalle calure estive delle pianure e delle città costiere. Ci accoglie un'atmosfera rilassata, una tranquillità assoluta che ha in sé qualcosa di irreale, un senso dell'ordine e della pulizia che lascia ancor più stupefatti se paragonato a quello che abbiamo appena lasciato, sembra quasi che un pezzetto di Svizzera sia stato trapianto direttamente qui nel cuore del Marocco in una foresta di lecci e cedri ed è buffo vedere le persone aggirarsi nelle linde strade del paese nei loro tradizionali caffettani. Qui ha sede l'università di Al-Akhawayn fondata nel 1995 dal sultano Hassan II e da re Fahd dell'Arabia Saudita, la più esclusiva di tutto il paese frequentata dai figli dell'elite di tutto il mondo arabo, non manca poi una residenza reale, un vero e proprio castello che fa bella mostra di se dall'alto di una collina e che come tutte le altre è preclusa alle visite. Lungo la strada appena fuori dal paese una grande scultura leonina, tappa obbligata per le foto ricordo dei turisti locali a cui subito anche noi ci accodiamo, sembra vegliare sul campus universitario di fronte. Prima di riprendere la strada principale facciamo una breve deviazione inoltrandoci per un tratto su una strada secondaria all'interno della foresta per riuscire ad avvicinare le piccole scimmie di Barberia che popolano queste montagne e che a detta della nostra guida Saâd si avvicinano volentieri per prendere da mangiare direttamente dalla mani, ma per quanti sforzi prodighiamo in chiassosi richiami delle bestiole non si vede traccia. Ad Azrou, tranquilla cittadina berbera, lasciamo la statale P24 e ci immettiamo sulla P21, maestosi altopiani si sostituiscono alla foresta di pini e cedri mentre sul profilo dell'orizzonte che si apre terso alla nostra vista si stagliano le cime innevate del Medio Atlante, ci si sente improvvisamente piccoli di fronte a tanta bellezza, persi ad ammirare il panorama in questo splendido isolamento interrotto solo dall'incontro con piccoli gruppi di pastori nomadi che accompagnano le loro greggi. Attraversiamo Timahdite e successivamente Zaïda, piccoli paesi la cui economia è sostenuta principalmente dall'estrazione del ferro e del cobalto nelle miniere a cielo aperto che colorano il paesaggio di nero e verde intenso. Lungo la strada osserviamo numerose stele che come ci spiega la nostra guida Saâd ricordano ognuna il luogo dove è caduto un ufficiale francese, morto durante quella guerra d'indipendenza combattuta per difendere il sogno d'un impero e divenuto ormai, insieme con tutti gli altri morti nobili o plebei, un piccolo granello di sabbia di questa terra arsa. Quasi senza accorgercene siamo arrivati a più di 2000 mt. di altitudine e dopo la sosta per il pranzo a Midelt riprendiamo la strada continuando a salire ancora per un tratto fino al valico del passo della Cammella sulla catena dell'Alto Atlante, una serie di cime spettacolari che taglia in due in senso longitudinale questo stupendo paese, il tempo si è fatto nuovamente cupo e piove leggermente mentre ci lasciamo alle spalle piccoli villaggi con le case costruite come le antiche kasbhe. Iniziamo a scendere verso il paese di Rich situato nei pressi di una piccola oasi, da qui hanno inizio la valle dello Ziz, che prende il nome dal fiume omonimo l'Oued Ziz, e la cosiddetta zona del Tafilat dai contorni paesaggistici incantevoli. Le tribù della zona furono tra le ultime a sottomettersi alla dominazione francese ed anche in epoca più remota primeggiarono per potenza e ricchezza con le altre etnie del paese, l'attuale dinasta degli Alawiti è originaria di questa zona. Siamo sulla soglia del Marocco più intimo, pronti ad inebriarci di quello spirito che aleggia silenzioso all'ombra di una palma e che lontano dai clamori e dalla frenesia delle grandi città ne fa il vero cuore africano del paese. Come ad ubbidire ad una sapiente regia che non sembra paga di stupirci con i suoi effetti il tempo cambia ancora e torna di nuovo il sole, siamo ormai nei pressi del Tunnel du Légionaire costruito dai francesi per superare le asperità della natura, qui il letto del fiume si apre a disegnare una larga ansa che in un lungo respiro supera le gole prima di tuffarsi verso l'altopiano. Attraversato il tunnel continuiamo a risalire il fiume costeggiando le Gole dello Ziz prima di arrivare nei pressi della cittadina di Er-Rachidia, importante crocevia sull'asse nord-sud del paese. Per un tratto il fiume scompare dalla nostra vista per riaffiorare più avanti fino al punto in cui sembra quasi tuffarsi nel mare verde del grande palmento di Aufouss, che si snoda come un serpente silenzioso tra le alte rocce stratificate del canyon disegnato dal tempo. All'orizzonte si profila una tempesta di sabbia e l'aria è satura di polvere in sospensione, cosi i piccoli villaggi che incontriamo lungo la strada sembrano assumere un'atmosfera ancor più spettrale ed abbandonata. Arriviamo ad Erfud , tappa finale della nostra giornata, che la tempesta di sabbia non si è ancora placata e così l'escursione prevista per ammirare il tramonto sul deserto si trasforma in un'attesa per l'alba del giorno dopo.

29 Marzo 2004 Erfoud - Merzouga - la Valle del Dràa - Zagora
Sveglia nel cuore della notte per andare ad assistere allo spettacolo del sole che sorge dalle grandi dune di sabbia dell'unico vero Erg sahariano del Marocco, l'Erg Chebbi. E' uno spettacolo unico e vale certo qualche ora di sonno persa, saliamo a bordo delle Land Rover 4x4 e formata la colonna partiamo alla volta di Merzouga, circa 50 km a sud di Erfoud, ben presto la strada asfaltata lascia il posto allo sterrato mentre i fari delle macchine fendono il nulla attraverso un deserto roccioso in cui la pista si distingue a malapena tra segni e tracce di mille passaggi, è un corsa contro il tempo mentre l'orizzonte si fa sempre più chiaro, presagio dell'evento ormai prossimo. Finalmente arriviamo in vista dell'Erg come novelli marinai che in balia di un contorno solo blu approdano felici su un piccolo pezzo di terra, non resta che compiere l'ultimo sforzo e ci addentriamo, chi a piedi e chi a dorso di dromedario dietro lauto compenso, sulla sabbia soffice e impalpabile alla conquista della duna migliore per ammirare il panorama. Ancora pochi minuti e i raggi del Sole iniziano a fendere l'aria ammantando tutto con mille sfumature di colore, dal giallo ocra al rosso porpora in un continuo rincorrersi di luci ed ombre che disegnano sulle grandi dune del deserto un gioco che continua a ripetersi da millenni, immutato ed ogni volta diverso. E' difficile staccarsene. ma il viaggio deve proseguire e a malincuore prendiamo la via del ritorno, lungo la strada che ci riporta a Erfoud ci imbattiamo in una tenda berbera isolata e ci fermiamo a vedere più da vicino la loro vita. Istintivamente come gli altri mi abbasso a guardare dentro, nella tenda ci sono solo donne e bambini, probabilmente gli uomini si sono allontanati per cercare pascoli per le loro greggi. I bambini ci guardano incuriositi e un po' impauriti, la madre si copre il volto con il velo e ringrazia con un cenno del capo quando qualcuno le si avvicina per metterle in mano qualche moneta, c'è un'altra ragazza un po' più dentro la tenda, ha degli occhi stupendi ed un espressione forse un po' triste, non si capisce se è la figlia maggiore od una seconda e più giovane moglie. Tutto avviene in un attimo e non posso che ritrarmi subito con la colpevole sensazione di aver violato la loro intimità, quasi a voler portar via una parte della loro anima per seguire la mia stupida curiosità, provo un sentimento di doloroso rincrescimento, devo appiopparmi una nota di demerito e con me il resto del gruppo che si sofferma in stupidi commenti.

Lungo la strada ci fermiamo a visitare un palmeto chiamato della Kasbah dell'Arabo, mentre camminiamo lungo i sentieri che corrono parallelamente ai piccoli canali di irrigazione ci vengono illustrare tutte le fasi della vita delle palme, ognuna delle quali è di proprietà di privata, ed particolare la delicata fase dell'impollinazione che avviene grazie all'intervento dell'uomo che prelevata la punta dalla palma maschio deve nel giro di pochi minuti metterla all'interno della palma femmina, che unica produce i datteri, quelli di questa zona non sono però particolarmente pregiati anche se sono normalmente destinati all'esportazione. Arriviamo infine a Zagora , una cittadina recente fondata durante il periodo coloniale francese e caratterizzata da una forte presenza militare per la sua posizione strategica al confine con l'Algeria. Mentre entriamo in città con il pulmann la nostra guida Saâd ci fa notare una fila di case con piccole finestre da cui donne senza velo, che esercitano quello che si dice il mestiere più antico del mondo, scrutano i passanti sulla strada, è un'anomalia tollerata tipica di questa zona data l'alta concentrazione di militari. La città di Zagora è situata in una grande oasi e di fronte al nostro albergo c'è un bel palmeto, ma siamo scoraggiati ad uscire da soli per alcuni episodi di violenza ai danni di turisti accaduti in passato, è sempre difficile stabilire quanto di vero ci possa essere o quanto riportato tra le guide diventi una leggenda a cui tutti finiscono per credere, ma a scanso di equivoci preferiamo desistere..

30 Marzo 2004 Zagora - la Valle del Dràa - Ouarzazate
Ripartiamo da Zagora invertendo la rotta in direzione di Ouarzazate, inizia così la lenta risalita del nostro viaggio verso nord-ovest, accompagnati dai verdi palmeti e dalle belle kasbah del versante occidentale della valle del Dràa che ci sfila accanto, ma prima ci spingiamo ancora per alcuni chilometri verso il confine algerino a toccare il punto più estremo a sud del nostro tour, Tamegroute. Al centro del paese, considerato una volta un importante centro religioso, si trovano un'antica biblioteca con annessa una medersa coranica ed una zawiya, una confraternita religiosa che sorge normalmente nei pressi di un marabutto, la tomba dove sono conservate le spoglie di un importante santo islamico che in vita ha operato nella zona. La biblioteca contiene dei preziosi manoscritti e antichi libri di natura religiosa e scientifica, i più preziosi dei quali risalgono al XIII sec. , alcuni molto particolari sono scritti su pelle di gazzella. Non si può accedere all'interno della biblioteca se non accompagnati dal suo vecchio guardiano, un personaggio unico che sembra uscito da un epico racconto, geloso e attento custode delle opere e delle loro fantastiche storie che sarà ben felice di illustrarvi in un italiano stentato che non si capisce dove possa aver appreso, mentre vi catechizzerà sull'assoluto divieto di scattare fotografie, anche in assenza dell'uso del flash. Poco lontano sorge il santuario con la tomba del santo, i visitatori non sono ammessi all'interno e si può sostare solo nel cortile esterno dove numerosi pellegrini, venuti a chiedere al santo la guarigione da malattie di natura psichica, sostano anche per mesi in bivacchi improvvisati sotto le volte dell'ampio colonnato che lo circonda in attesa di un segno. Prima di lasciare definitivamente Zagora ci fermiamo a scattare una foto al famoso cartello che riporta la distanza di 52 giorni a dorso di cammello dalla mitica Tombouctou e ora via sulla statale P31 verso Ouarzazate. Risaliamo la valle del Draà attraversata dall'omonimo fiume che nasce dall'Alto Atlante per andare a sfociare, ma solo quando c'è molta acqua, nell'oceano atlantico. E' un susseguirsi di palmeti, villaggi berberi e antiche kasbah, lungo la strada ci fermiamo per una sosta a Agzd dove c'è una kasbah del XIII sec chiamata di El Kissane come il nome della montagna il Jebel Kissane il cui profilo si può ammirare dal paese, nel bar dove ci ristoriamo c'è un simpatico e giovane dromedario a cui qualcuno ha insegnato a bere direttamente dalla bottiglia e diventato ormai un'attrazione per i turisti di passaggio. Dopo Agzd la strada inizia a salire disegnando sinuosi tornanti come quelle volute che crea in aria il nastro colorato mosso dalle mani leggiadre di una giovane ginnasta, attraversiamo le gole di Asedi Assouin mentre il panorama che ci circonda, lasciati i toni verdi ed ocra dei palmeti e delle antiche kasbah, si colora di scuro con la terra e la roccia che sembrano essere state bruciate in passato da un fuoco ardente. Mentre scendiamo dall'altro versante la vista spazia sull'altopiano di Ouarzazate con il profilo innevato dell'Alto Atlante.

Arriviamo a Ouarzazate giusto all'ora di pranzo e subito dopo ci rechiamo a visitare la grande kasbah di Taourit . La kasbah era ancora utilizzata come abitazione fino a pochi anni fa e solo recentemente grazie anche all'interessamento dell'Unesco alcuni ambienti sono stati restaurati ed aperti al pubblico, si può cosi comprendere ed ammirare come fosse organizzata la struttura interna di un edificio di queste dimensioni, con i piani bassi aperti direttamente sul cortile interno ed utilizzati come ambienti di lavoro e cucina, mentre via via a salire si trovano i vari piani occupati dalle numerose mogli, ognuna con un appartamento privato per lei e i suoi figli più piccoli, i piani degli uomini adulti della famiglia e in cima a tutti il piano riservato agli usi conviviali comuni come sala da pranzo o sala di lettura. Dall'esterno la kasbah assume un aspetto imponente con torri e sbalzi merlati, mentre la geometria dei vari ambienti interni è irregolare in un susseguirsi ad ogni piano di stanze di varie dimensioni e altezza che si aprono una dentro l'altra come scatole cinesi, alle pareti numerose nicchie utilizzate come armadi o ripostigli e piccole finestre a volte chiuse con grate di ferro, le stanze più importanti e di uso comune nei piani alti sono rifinite con eleganti porte di legno intarsiato, soffitti a cassettoni decorati con motivi ornamentali geometrici tipici della cultura islamica e piccole maioliche colorate alle pareti e sopra le piccole finestre. La kasbah di Taourit è senza dubbio uno dei luoghi più interessanti che abbiamo visitato in Marocco e l'unico in cui si possa ancora apprezzare la bellezza degli ambienti interni, peccato solo che dell'arredamento originale non sia rimasto pressoché nulla. Terminata la visita della Kasbah riprendiamo il pulmann per una breve escursione nei pressi di Ouarzazate, è ormai pomeriggio e nel breve volgere di poche ore il tramonto saprà regalare ai pazienti spettatori uno spettacolo di luce fiabesca, è il momento migliore per visitare la famosa kasbah di Aït Benhaddou


quando gli ultimi raggi del Sole che salutano il giorno che muore giocano ad ammantare di un fuoco acceso le facciate e le torri ocra delle antiche residenze. La kasbah si trova ad appena una trentina di chilometri da Ouarzazate su una sponda dell'Oued Ounila e sulla strada abbiamo il tempo per ammirare anche la bella kasbah di Tiffoltout ed un'altra in stato di abbandono. Finalmente arriviamo alla kasbah di Aït Benhaddou, un castello dalle cento torri che si erge su di una piccola collina inserito in uno scenario veramente unico, sul bordo dell'Oued Ounila alle spalle di un grande palmeto e appena prima dello spazio sconfinato ed arido del grande deserto di hamada. Non si fa fatica a comprendere come la kasbah di Aït Benhaddou sia stata scelta come set di molte e importanti produzioni cinematografiche dal Gesù di Nazareth al più recente Gladiatore. Per visitare la kasbah, la cui integrità è ora sotto la tutela dell'Unesco, occorre attraversare il letto del fiume o su di un passaggio costruito con dei sacchi di sabbia, più che sufficienti nei periodi di secca ad evitare di bagnarsi i piedi, oppure guadandolo, per una modica cifra, in groppa ad uno dei simpatici somarelli abilmente guidati da ragazzi del luogo, inutile stare a sottilizzare se qualcuno ha abilmente disfatto il passaggio per racimolare qualche spicciolo dai turisti di passaggio, fa tutto parte dell'emozione del viaggio compresa l'abilità che bisogna esercitare per restare aggrappati sulla schiena dell'animale. Entrati nella kasbah si sale per piccoli viottoli in un susseguirsi di negozietti e piccole case dove vi inviteranno con un cenno ad entrare, conoscendo ormai l'inguaribile curiosità del turista medio, in cambio di qualche moneta. La kasbah di Aït Benhaddou a differenza di quella di Taourit non è appartenuta ad un unica e potente famiglia e le persone che vivono qui, in piccole e dignitose abitazioni composte da due o tre ambienti, sono per lo più piccoli agricoltori od allevatori di bestiame se non spesso donne sole con i loro bambini abbandonate dai mariti, una consuetudine piuttosto frequente da queste parti. Tutto ciò la rende forse meno appariscente vista dall'interno, ma certo più pulsante di vita vera. Arrivati in cima alla collina, su cui si trova un antico granaio fortificato ora in rovina, sarete ripagati dallo sforzo e potrete finalmente godere di una vista eccezionale che spazia su un orizzonte che non finirà di stancarvi, tra il palmeto, il deserto e la kasbah sotto di voi, in attesa poi del tramonto che ammanterà tutto con mille sfumature di porpora, dispiace davvero dover venir via da un luogo così bello.

31 Marzo 2004 Ouarzazate - la Valle del Dadès - la Gola del Todra - Ouarzazate
Questa mattina niente valigie, zaino leggero e via, effettueremo un'escursione che ci vedrà attraversare la Valle del Dadès fino alle Gole del Todra con ritorno in serata alla nostra base di Ouarzazate. La Valle del Dadès si insinua come una sottile lama, ad est del paese di Ouarzazate, tra la catena dell'Alto Atlante e i picchi neri di origine vulcanica della zona desertica del Jebel Sarho. Grazie alla presenza di numerose oasi, alimentate dalle acque dell' Oude Dadès che scorre al suo interno, la valle permise fin dai tempi antichi un insediamento stabile, come testimoniano le numerose kasbah che si incontrano e che le hanno valso l'appellativo di Valle delle Mille Kasbah, non saprei dirvi se il numero corrisponde al vero, ma è certo che per parecchi chilometri è un susseguirsi di vari paesi senza soluzione di continuità tra di loro quasi a formare un unico insediamento abitativo. La Valle del Dadès merita inoltre anche l'appellativo di Valle delle Rose per l'intensa coltivazione che vi si svolge e da cui si ricava praticamente qualsiasi tipo di prodotto cosmetico possibile, dalle essenze alle creme, dai saponi ai profumi ed altro ancora, peccato che non sia questo il periodo giusto per vedere le piante in fiore perché deve essere senza dubbio uno spettacolo incredibile per gli occhi e per l'olfatto. Il primo paese che si incontra lungo la valle è Skuora un importante centro scolastico, proprio ai margini della strada si erge questa maestosa kasbah che si staglia sul profilo delle cime innevate dell'Alto Atlante, mentre numerose altre e suggestive kasbah sono visibili nelle oasi di questa zona raggiungibili attraverso sentieri sterrati. Proseguiamo il viaggio attraverso un panorama roccioso ed arido mentre un falco pellegrino volteggia sopra di noi seguendo i nostri passi, in questa zona il governo marocchino ha avviato un programma di reinverdimento che sfrutta innovative tecnologie già sperimentate in altre zone desertiche, ma senza apprezzabili risultati fino ad ora anche per le scarse precipitazioni degli ultimi anni. Continuando ad addentraci nell'interno della Valle del Dadès arriviamo al paese di El-Kelâa M'Gouna, il principale centro di produzione di acqua di rose e di tutti gli altri preparati a base di foglie di rosa, la raccolta dei fiori avviene nel maese di Maggio e culmina con una caratteristica festa popolare, inutile aggiungere che qui era programmata una sosta tattica per permettere alle gentili signore del nostro gruppo di "saccheggiare" allegramente l'annesso spaccio di vendita. Dal paese di El-Kelâa M'Gouna e per una quarantina di chilometri fino al paese di Boumalne du Dadès è tutto un susseguirsi di kasbah grandi e piccole, meglio conservate o in stato di abbandono, mentre il panorama si fa più verde con un'unica grande oasi che si insinua lungo il corso del fiume.

Prima del paese di Boumalne du Dadès una deviazione a sinistra conduce alle Gole del Dadès, una zona suggestiva e ricca di kasbah e ksar, come suggerisce la guida di viaggio della Lonely Planet, che però non fa parte del nostro programma di viaggio e che putroppo non visitiamo. Dopo aver attraversato Boumalne du Dadès, al centro di un vivace mercato settimanale che si tiene all'interno di un caravanserraglio, continuiamo il nostro viaggio verso la Gola del Todra, la nostra meta finale. Lungo la strada, dopo il paese di Imiter, ci fermiamo a Tinerhir un paese conosciuto ed apprezzato per la produzione dei tappeti e che a detta della nostra guida marocchina Saâd qui costano meno che altrove. Provare per credere, come recitava lo slogan di un famoso imbonitore televisivo in voga alcuni anni fa sulle emittenti private, ma certo non ci si può esentare dal fare un salto in uno dei numerosi bazar che si incontrano lungo la strada, giusto il tempo di alleggerire la carta di credito e di appesantire il carico dei regali per il volo di rientro , devo però altresì aggiungere che, pur non essendo un amante dei tappeti, alcuni sono veramente belli con disegni e colori fantastici, così come pure il relativo prezzo. Lasciata Tinerhir, apprezzata anche per la sua parte antica con un souq ed un ksar originali, arriviamo finalmente dopo pochi chilometri alla Gola del Todra. La gola è una frattura naturale che divide la catena dell'Alto Atlante dai contrafforti del Jebel Sarho, i raggi del sole che filtrano all'interno si riflettono sulle pareti creando, soprattutto nelle prime ore giorno, dei magici effetti. La Gola del Todra viene utilizzata oggi, oltre che come base per alcune interessanti escursioni nei paesi della zona, anche come palestra da arrampicata per la presenza di pareti verticali che ben si prestano a praticare questo sport, al suo interno scorre un piccolo torrente dalle acque cristalline a cui una leggenda locale attribuisce miracolose proprietà benefiche e curative.

E' ormai pomeriggio inoltrato quando riprendiamo la strada del ritorno verso Ouarzazate ammirando gli stupendi panorami che la Valle del Dadès ci offre nel suo versante orientale, in un susseguirsi di villaggi dalle piccole case colorate, come ad esempio quello di Tizgui, ricchi di vita ed inseriti in un ambito paesaggistico unico tra appezzamenti coltivati, palmeti e kasbah abbandonate adagiate sulle sponde del fiume, mentre sullo sfondo pianure desolate si protendono incontro al deserto roccioso del Jebel Sarho.

1 Aprile 2004 Ouarzazate - Passo del Tizi n'Tichka - Marrakech
Lasciamo la città di Ouarzazate con gli occhi ancora pieni delle struggenti emozioni che il Sud del Marocco ha saputo regalarci. Cullati dal canto di un'antica nenia berbera che si affievolisce nel silenzio degli sconfinati altopiani, dove la vita segue arcaici ritmi senza tempo, al riparo dell'ombra d'una palma sotto un sole che non concede tregua, dove ogni più piccolo gesto esprime muto una sapienza antica che le parole stesse non saprebbero esprimere meglio, dove anche le mura delle antiche kasbah si fanno polvere per confondersi con la sabbia del deserto che sembra averle partorite, in un continuo fluire di stupefacenti contrasti, fissati in maniera indelebile nei nostri ricordi. Una sottile vena di malinconia sembra pervadere l'aria, mentre in tutti noi s'appressa quel sentimento di nostalgia che invade l'animo quando il viaggio ha ormai intrapreso la strada del non ritorno, è come se solo ad un tratto ci si accorgesse del tempo che è passato e di quanto poco s'approssima alla fine. La strada sale incessante arrampicandosi per tortuose vie verso il passo del Tizi n'Tichka ben oltre i 2000 mt., ci lasciamo alle spalle il paesaggio lunare dell'Anti Atlante, spettacolari e verdi terrazze, mentre una leggera nebbia scende a coprire la cima della montagna che si staglia davanti a noi ancora ammantata di neve candida, sembra quasi di essere sospinti in avanti dall'alitare d'un antico spirito che ci regala l'ultimo saluto, partecipi d'un rito che con la ripida discesa verso Marrakech ci apre la via, attraverso uno stretto passaggio, incontro ad una nuova dimensione. E arriviamo finalmente a Marrakech , l'ultima tappa del nostro viaggio in Marocco e la migliore sintesi conclusiva di quest'esperienza, la città che più d'ogni altra sa offrire un autentico punto di vista sull'insieme cosi variegato e composito della cultura di questo paese, tra la ragion d'essere araba e l'antica memoria berbera, tra sapori mediterranei e profumi africani, in un continuo equilibrio tra antico e moderno che qui convivono l'uno accanto all'altro, ora sfiorandosi appena, ora intrecciandosi indissolubilmente. La storia della città di Marrakech è costellata di splendori e miserie, dall'anno della sua fondazione, avvenuta nel 1062 ad opera del sultano almoravide Toussef bin Tachfin, è stata più volte capitale del regno e più volte conquistata e ridotta ad un rango inferiore, molte delle sue antiche bellezze architettoniche sono andate irrimediabilmente perdute, distrutte dalla nuova dinastia araba che subentrava alla precedente sconfitta, ma anche nei momenti di maggior decadenza la città è sempre riuscita a mantenere intatto un suo fascino intimo e discreto, sapendo rinascere ogni volta dalle sue stesse ceneri, dentro e fuori da quelle antiche mura, rosse e porpora al tramonto colorate dal sangue che sgorgò quando fu costruita la Koutoubia (la grande moschea ) come narra un'antica leggenda berbera, che abbracciano l'antico cuore della sua medina. Prima di acquartierarci di nuovo, per gli ultimi giorni del nostro tour, nello stesso albergo che ci aveva ospitato al nostro arrivo in Marocco, il moderno Atlas in ave de France nella ville nouvelle, ci fermiamo in centro ansiosi di dare un primo assaggio all'atmosfera che si respira in città e che contrasta in maniera così rumorosa dal quel Sud che abbiamo appena lasciato. Ed ogni visita della città di Marrakech non può che iniziare dal quel suo cuore pulsante che è la piazza Djemaa el-Fna, crocevia dove passato e presente si incontrano e si confondono, all'interno di uno spazio in cui anche gli spettatori sono chiamati a farsi attori. Tutto sembra sospeso come per magia in un interminabile sospiro, rari passanti si affrettano silenziosi, poche donne bisbigliano agli incroci dietro un velo che ne nasconde il volto, sembra che tutto sia sospeso come in religiosa attesa e si ha quasi il timore di violarne la sua nudità, di risvegliare quello spirito misterioso che la possiede e che ora si è placato, ma c'è una forza inesorabile che ti attira verso il suo centro, in attesa che il sipario si apra di nuovo su quello spettacolo che si svolge oggi come ieri, ieri come cento anni fa, perché questa piazza è il teatro del mondo, che cambia e che rimane sempre uguale a se stesso.



E cosi, come per un magico incanto, mentre le ombre della sera scacciano gli ultimi furtivi raggi del Sole la piazza inizia a risvegliarsi, a prendere nuovamente vita. E in un attimo tutto diventa clamore, in un brulicare di anime che si affaccendano attorno alla propria opera, all'interno di quel disordine organizzato in cui ognuno è rispettoso del ruolo che si è scelto nel governo del teatro in cui la scena si va a rappresentare. Sorgon così fuori dal nulla gli attori di questo immaginifico circo che ogni sera attira a se da ogni luogo spettatori e comparse, li si affannano ad allestire banchetti, li ad accendere fuochi, li a cucinar pietanze e piatti dei più ricercati, mentre l'aria si satura degli odori che dalle volute di fumo si spandon per l'aria, di pesce fritto, di carni arrostite, di brodo di lumache, di zuppe di verdura, di spezie pungenti, di pani fragranti, di frutta odorosa, di montagne di dolci caramellosi, in un vociare di richiami che ti accompagna e ti tira ora da una parte ora d'altra. E ad ogni angolo puoi essere partecipe d'una scena diversa, saltimbanchi e giocolieri, incantatori di serpenti e ammaestratori di scimmie, cantastorie e danzatori, megere e fattucchiere, cavadenti e vecchi stregoni, mentre tutto inizia a girare vorticosamente attorno e dentro di te, in attesa che tu decida fino a che punto vuoi partecipare al gioco. E' una delle esperienze più particolari e coinvolgenti a cui si può assistere, il momento in cui culmina l'esperienza trascendente di un viaggio in questo splendido paese, imparando a gustare da viaggiatori un autentico squarcio di vita non fatto ad uso e consumo di semplici turisti, e per questo si colloca bene prima di ripartire. Non ci sono regole per viverla, ne norme da rispettare, tutto è lasciato alla vostra libera interpretazione, potete essere attori come solo semplici spettatori, potete attraversarla da dentro o spiarla dall'alto di una delle tante terrazze che la circondano, ma anche solo il ricordo di esserci comunque stati sarà una cosa che vi porterete dentro per sempre. Un tempo in ogni città del Marocco si poteva trovare uno spettacolo del genere, ma solo qui ha saputo mantenersi vivo conservando intatte le sue antiche prerogative, grazie anche all'intuito del governo che si è adoperato perché potesse continuare a svolgersi. Il programma della serata, con cui concludiamo il nostro primo giorno a Marrakech, prevede la classica cena facoltativa con spettacolo "Fantasia" presso il ristorante Chez Ali, poco lontano dalla città sulla strada per Safi, devo dire che in un primo momento, subodorando il solito pacco confezionato per turisti, declino gentilmente l'invito, salvo poi ripensarci dopo aver letto sulla guida della Lonely Planet, generalmente poco tenera in circostanze simili, una nota di elogio come l'unico spettacolo folkloristico veramente interessante. Aggiungo che in effetti, a parte alcune piccole cadute di gusto tipo Disney Araba, la serata merita veramente, in particolar modo perché si ha la possibilità di gustare un'ottima cena con alcune delle più squisite portate della cucina marocchina ( la zuppa Harira, la mia preferita, preparata con brodo d'agnello, pollo, vari tipi di verdure e spezie come il coriandolo, la cannella , lo zafferano e con il tocco finale di alcune gocce di limone , per continuare con mezzo agnello alla brace per tavolo, diversi tipi di Coucous e Tajine, finendo con vari dolci tra cui il il m'hancha, paste piatte e rotonde farcite con miele, mandorle e coperte di glassa e cannella ), comodamente seduti sotto un'ampia tenda berbera, mentre diversi gruppi folkloristici si alternano al suo interno per rallegrare la cena. La serata si conclude con uno spettacolo di cavalleria fatto di abili acrobazie e cariche simulate che terminano con l'esplosione di colpi da antichi moschetti.

2 Aprile 2004 Marrakech
Dedichiamo la giornata odierna alla visita della città di Marrakech detta anche "la città rosa", che con le sue bellezze artistiche e naturali attira ogni anno un gran numero d visitatori. Scende una leggera pioggia mentre iniziamo la visita della necrepoli che si trova vicino alla moschea della Kasbah, appena passata una delle porte, Bab Agnaou, che si apre nelle antiche mura che circondano la medina , e che contiene le tombe della dinastia dei saaditi. La costruzione fu iniziata per volere del sultano saadita Ahmed al-Mansour verso la fine del 1500, ma con la caduta della dinastia il luogo venne abbandonato e pur salvandosi dai successivi saccheggi cadde nell'oblio fino alla riscoperta ad opera del generale francese Layautey. Il complesso è suddiviso in 3 piccole sale, riccamente decorate e abbellite da stucchi e intarsi di ceramica, al cui interno riposano numerose spoglie dei sultani e dei loro familiari, tra cui alcuni bambini. La sala centrale, detta delle 12 colonne per il colonnato interno realizzato con marmo italiano, è la più grande e maestosa ed ospita le spoglie del sultano che ne ha ordinato la costruzione. Appena dietro la moschea e la necropoli si trova uno dei palazzi più famosi di Marrakech, il Palais el-Badi, fatto erigere tra il 1578 ed il 1602 dallo stesso sultano saadita che fece costruire la necropoli. Nel suo periodo di splendore il palazzo era considerato uno dei più belli al mondo, ma oggi dopo il saccheggio operato dal sultano Moulay Ismail con la conquista di Marrakech versa in cattive condizioni. Per ammirare gli interni di uno dei palazzi che hanno resa famosa nel tempo la città di Marrakech si può visitare poco lontano il Palais de la Bahia, ancora oggi in parte utilizzato dal sovrano e dalla sua famiglia. Costruito alla fine del XIX secolo quale residenza di un gran visir del sultano Moulay al-Hassan I si compone di vari ambienti, cortili e passaggi tutti abbelliti secondo il classico stile architettonico arabo e marocchino, con decorazioni di ceramica alle pareti e stucchi ed intarsi di legno sui soffitti e negli stipiti delle porte. Terminata la visita del palazzo ci rechiamo a visitare poco lontano, in rue Riad Zitoun el-Jedid, uno dei più interessanti e spettacolari musei di tutto il Marocco, il museo Dar Si Said, da non mancare assolutamente. In effetti il nome, attribuito oggi comunemente al museo delle Arti Marocchine, deve essere più propriamente riferito al palazzo che lo ospita, fatto costruire dal fratello del gran visir Bou Ahmed quello per cui fu costruito il Palais de la Bahia. Il museo ospita una delle più belle collezioni d'arte, unendo insieme oggetti raffinati, gioielli in argento, oggetti in legno di uso comune, stupendi portali intarsiati, ceramiche decorate a mano, tappeti ed arazzi, antichi giochi per nobili bambini, armi da fuoco e caratteristici pugnali, il tutto inserito in un ambiente architettonicamente già notevole di suo, peccato che al suo interno sia severamente proibito scattare fotografie. Proseguendo nel nostro giro cittadino riprendiamo il pulmann per spostarci nella zona nuova di Marrakech , la ville nouvelle, per visitare le Jardin Majorelle uno dei numerosi giardini esotici che si trovano in città. Creati dal pittore francese Jacques Majorelle ed oggi di proprietà dello stilista Yves Saint-Laurent ( uno dei tanti nomi noti, tra cui anche parecchi italiani, ad avere una casa qui ) ospitano varie specie di piante, in particolare cactus provenienti da varie parti del mondo e buganvillee, al suo interno l'atmosfera tranquilla e rilassata ed il delicato profumo dei fiori concorrono a farne un'oasi di pace che invita a prendersi una sosta dalla caotica e frenetica vita che scorre appena fuori. I giardini ospitano anche un piccolo museo di Arte Islamica in cui è possibile ammirare alcuni dei lavori di Majorelle. Passato il momento di immersione nella natura siamo pronti a rituffarci nella medina e mentre ci dirigiamo per il pranzo in uno dei famosi palazzi, antichi riad, trasformati in raffinati ed eleganti ristoranti, attraversiamo il souq con il suo dedalo di vicoli, di negozi, di botteghe artigianali, con quel vociare che ora aumenta e ora scompare come per magia, appena girato un angolo, per piombare in un surreale silenzio. Il fascino del souq di Marrakech ha i connotati tipici di tutte le città marocchine dove più forte è l'impronta araba ed ogni volta è pronto a stupire offrendo di se una panorama sempre nuovo ad ogni svolta. E mentre la sera si avvicina la forza ancestrale della piazza Djemaa el-Fna ci richiama di nuovo a se, è stupefacente come sia possibile restare incantati di fronte a questo spettacolo che muta ogni sera per rimanere sempre fedele a se stesso. E quello che la sera prima ci sembrava in un modo ora si presenta con una sfaccettatura nuova, una voce si sovrappone ad un'altra nella nostra memoria e sembra quasi di non essersene mai staccati, come legati da un filo invisibile che inevitabilmente ci riporta indietro. Per concludere la giornata ci concediamo una puntata al casinò nel famoso albergo La Mamounia, appena dentro la medina passata la porta di Bab el-Jedid, e con il pretesto di ammirare gli interni di questo splendido palazzo costruito tra il 1925 ed il 1929 e meta preferita di personaggi storici come ad esempio Winston Churchill tentiamo la fortuna nella sala delle slot machine, per accedere nella sala vera propria occorre essere in giacca e cravatta, riuscendo anche a vincere qualche centinaio di dinari.

3 Aprile 2004 Marrakech
Oggi aleggia una strana atmosfera in albergo, è il nostro ultimo giorno di permanenza in Marocco, non c'è nessuna sveglia che ci invita ad alzarci, nessun orario da rispettare, nessuno che ci aspetta per iniziare un nuovo giro, non c'è più la nostra guida Saâd ad augurarci il buon giorno, siamo soli, soli e liberi, e per la prima volta ci sentiamo un po' persi, come sospesi tra un quotidiano che di li a poco abbandoneremo e il quotidiano della nostra vita che presto riabbracceremo. Ed è allora invitabile che in tutti noi monti quell'impalpabile malinconia che precede la partenza, che ci rende svogliati e sazi, come se tutto fosse già compiuto e nulla più ci attendesse. Quanto possono essere lunghi seppur brevi quindici giorni, quanto è facile immergersi in un'altra realtà diversa dalla nostra tanto da non volersene più staccare, ma anche la vita che ci scorre accanto può sembrare così lunga tanto da apparire alla fine sempre così breve, quante volte abbiamo sentito dire che partire è sempre un po' morire, forse è proprio questo quello che si sente quando ci appressiamo per l'ultimo viaggio verso la meta oscura da cui siamo venuti. Mi rimane ancora qualche foto da scattare nel rullino iniziato, ancora qualche regalo da portare via e allora a piedi raggiungo di nuovo la medina circonda da possenti mura, il souq, la piazza, cercando di memorizzare ogni viso, ogni sorriso, ogni più piccolo ricordo di questo stupendo paese e il pomeriggio insieme ad altri del gruppo ripercorriamo tutto su una delle tante carrozzelle che per una modica cifra offrono la possibilità di rivedere il tutto da una prospettiva diversa, attraverso gli stretti vicoli e fuori verso i quartieri più periferici li dove ha inizio il palmeto di Marrakech, che però in effetti non ha nulla a che vedere con i palmeti del Sud del paese. E al termine della giornata decidiamo di concludere il nostro viaggio in Marocco in una maniera un po' insolita andando a mangiare un hamburger nel McDonald che si trova nella zona nuova della città, siamo gli unici stranieri presenti, ma ci confondiamo facilmente con i ragazzi del luogo i cui modi per certi versi non sono dissimili da quelli di qualunque ragazzo della stessa età di una qualunque città italiana, a dimostrazione di come questo paese così legato alle sue tradizioni, ai suoi ancestrali modi di essere sia anche un paese proiettato verso usi e costumi più occidentali.

4 Aprile 2004 Marrakech - Bologna
E' l'alba quando incontriamo per l'ultima volta la nostra guida Saâd, il tempo dei saluti si è fatto urgente, il suo compito è finito ed ora raggiungerà per qualche giorno di riposo il suo piccolo paese, il nostro aereo è pronto sulla pista e mentre decolla noi siamo ormai rientrati nella vita di tutti i giorni, forse qualcuno sta già pensando al prossimo viaggio e qualcun'altro, forse, sta già pensando al giorno in cui ritornerà ...................
 

Diario di Viaggio di Maurizio Fortunato – 2004




 

SOS Problemi in vacanza?

- vacanza rovinata
- bagaglio smarrito
- diritto del turismo
- altro

Newsletter
Ricevi HTML?
Diritto del Turismo
Subacquea
Studio Legale
Divorzio
Tot. visite contenuti : 10198940
Viaggi e Relax

Original design by Webdesign Erfurt - Administration and Review by Marco Daturi - Daturi.com mantained by Laura e Luigi

Erfurt live leer
Viaggi e Relax Viaggi e Relax Viaggi e Relax