3 settembre 2007. Provenienti da Roma, via Madrid, sbarchiamo
a Johannesburg, dove pernottiamo in una guest house. L'indomani voliamo a
Upington. All'uscita dall'aeroporto ci attende una fiammante Land Rover blu, con
la quale compiremo un safari di ben nove giorni nel deserto del Kalahari,
unici passeggeri, oltre a Pieter, ottimo driver e guida molto esperta. Pranziamo
nella graziosa cittadina bagnata dall'Orange. Poi nel tardo pomeriggio
raggiungiamo un piccolo resort a una quarantina di chilometri dall'ingresso del
parco.
Giusto il tempo di scendere di macchina ed eccoci impegnati a scalare le dune di
sabbia color arancio. La vista è stupenda. Un pianoro e poi tutt'intorno una
dolce successione di collinette brulle disegnate dal vento. Soltanto cespugli
gialli e rarissimi alberi. Notiamo a distanza degli orici, un'antilope
elegantissima, simbolo di questa landa desertica.
L'indomani di buon'ora entriamo nel parco. Il nostro tour, che si snoda su tutto
il vastissimo territorio, prevede trasferimenti quotidiani, game - drives, brevi
soggiorni e pernottamenti (anche ripetuti) in tutti e quattro gli accampamenti
esistenti.
La prima tappa è Mata Mata. Poi di seguito Twee Rivieren,
Nossob, Grootkolk, ancora Nossob ed infine Molopo, sulla via del
ritorno.
Il Kgalagadi, sorto dall'unione di due riserve, appartenenti al Botswana e al
Sudafrica,è il primo parco transfrontaliero d'Africa.
Le due uniche piste, percorribili con fuoristrada dotati di quattro ruote
motrici, sono tracciate lungo il letto asciutto e arido di due fiumi,
improvvisamente scomparsi da oltre quaranta anni, letteralmente inghiottiti
dalla sabbia.
Lungo il tragitto capita spesso di valicarne cumuli molto insidiosi. O di
sbandare. O peggio ancora di affondare nella rena che ha cancellato la
carreggiata. Ai nostri occhi un paesaggio quasi lunare, nudo, brullo, riarso,
con scarsissima vegetazione, illuminato da una luce accecante. Un paesaggio
fors'anche inospitale, eppure così ricco di fascino, così carico di suggestione
.Così diverso e inusuale.
Scorrazziamo in lungo e in largo nel parco che è totalmente aperto, senza alcuna
recinzione. Siamo davvero dentro la natura. Proprio come piace a noi.
Gli animali sono liberi di muoversi in ampi spazi. Ogni quaranta chilometri
esiste una pozza artificiale, alimentata da un serbatoio, azionato da una pompa
ad energia solare.
Le temperature del giorno sono estremamente elevate. L'aria è molto calda. Il
sole scotta e la sete arde dentro. L'acqua è vita per gli animali. Anche noi ne
beviamo in continuazione.
E poi torniamo a sudare abbondantemente.
Gli avvistamenti sono frequenti e ben visibili, anche se raramente ravvicinati.
Osserviamo mandrie di gnu (comuni e blu), grandi colonie di springbok, gruppi di
eland, antilopi nere, famiglie di zebre e qualche sperduto alcelafo rosso.
Ma i veri, grandi protagonisti del deserto sono gli orici. Gli uccelli
abbondano, soprattutto i rapaci e gli struzzi. Anche I grandi predatori sono
numerosi. Specie i leoni. Ne scopriamo addirittuta una quindicina, soprattutto
isolati. Individuiamo anche un leopardo e molti gatti selvatici. E persino la
rarissima iena bruna, tipica del Kalahari.
Gli sciacalli, di taglia piccola, sono molto copiosi. Nella sabbia sgusciano e
si rintanano fulminei topi, ratti, scoiattoli, manguste, tassi del miele. Ma le
più simpatiche attrazioni del Kalahari sono i suricati, ritti in piedi e sempre
all'erta.
TIMBAVATI e THORNYBUSH
12 settembre: rientriamo a Johannesburg. Nuovo pernottamento nella guest house.
L'indomani mattina voliamo a Hoedspruit. Siamo diretti nelle riserve private
adiacenti il Parco Kruger che, altrettanto ricche di animali, si lasciano
di gran lunga preferire per il numero limitato di visitatori, l'integrità della
natura, il livello dei game-drives, la qualità dei servizi. Ma ovviamente a
prezzi molto più elevati del parco pubblico.
All'arrivo ci attende una camionetta che ci conduce nel Timbavati, un unico
vasto territorio privato, senza barriere e recinzioni, destinato alla
conservazione della natura.
Andiamo al Gomo Gomo Lodge. Un campo molto rinomato e di buon livello.Sin dalla
prima uscita rimaniamo esterefatti dalla massiccia presenza di animali che vanno
e vengono liberamente dal Kruger. Il primo animale che avvistiamo è un leopardo.
Poi una coppia di leoni che rincorriamo nella savana. Infine una grande famiglia
di elefanti.
Strada facendo ci imbattiamo in giraffe isolate, harem di gazzelle, gruppi di
zebre.
Un vero ben di Dio. Mai vista una simile abbondanza. Nei giorni seguenti
completiamo largamente l'avvistamento di tutti i big five. Infatti ci imbattiamo
in una mandria di bufali. Poi diamo la caccia con successo ad un rinoceronte
bianco con un cucciolo accanto. Nel mentre osserviamo molti uccelli, qualche
scimmia, un bushbaby, quattro facoceri, tantissimi impala, frequenti antilopi
d'acqua. E manco a dirlo alcune leonesse con prole. Poi uno splendido leone
maschio.E addirittura un altro leopardo, disteso sopra uno sperone roccioso. Nel
fiume galleggiano diversi ippopotami, mentre uno stormo di garzette si alza in
volo.
Al quarto giorno ci trasferiamo nel Thornybush, al Tangala Camp, una
struttura in stile coloniale, molto ben attrezzata. Qui abbiamo la graditissima
sorpresa di conoscere Johan, un ex diplomatico del Sudafrica in servizio
all'ambasciata di Roma che, abbandonate le rigide regole del protocollo, si è
interamente calato in tutt'altra attività. Ora fa la guida. Invece del doppio
petto indossa la divisa da ranger.Occhialini scuri e un cappellino con visiera.
Ha una folta criniera brizzolata con coda di cavallo. Un personaggio unico, che
sembra uscito da un fantasioso romanzo di avventure. E' lui, che parla un
italiano perfetto, ad accompagnarci per tre giorni nel bush, dando prova di una
preparazione straordinaria e di un'indomabile passione. Il game drive di
'Giovanni', come lo chiamiamo noi, è tutt'altra cosa rispetto a quelli delle
tantissime guide che lo hanno preceduto. Con lui diventa ancor più palpitante,
drammatico, avventuroso. La 'caccia' inizia sempre dalla ricerca e dalla lettura
delle tracce. L'animale, una volta individuato, viene inseguito a piedi e
localizzato, E poi raggiunto con la camionetta in un continuo, spesso intricato,
tortuoso fuoripista nel fitto della boscaglia. Altre volte l'animale viene
addirittua rincorso in macchina, zigzagando tra gli alberi, tra mille sobbalzi,
scuotimenti e giravolta, abbattendo rovi e arbusti e piegando i rami per evitare
di rimanerne colpiti. Sino a portarci a distanza ravvicinatissima dal fuggiasco.
Giovanni opera in piena sintonia con Bennet, un tracker molto abile ed esperto.
Con loro riusciamo ad avvistare una moltitudine di animali. Come mai prima
d'ora. Addirittura una ventina di leoni, seppure in tempi diversi. Sei,sette
leopardi. Quattro rinoceronti, nonché grandi mandrie di elefanti e di bufali.
Rispetto a Gomo Gomo incontriamo addirittura un animale in più: il ghepardo, da
solo o persino con nidiate di quattro o cinque vivacissimi cuccioli. E da ultimo
un pachiderma quarantenne dal peso di cinque tonnellate, alto più di quattro
metri con due zanne lunghe oltre 150 centimetri. Siamo felici all'inverosimile.
Per gli ultimi spiccioli di vacanza nel Thornybush,ci trasferiamo al Monwana, un
lodge molto elegante ed esclusivo. In via eccezionale, anziché la sistemazione
standard, ci viene assegnata una suite. Addirittura la migliore, molto grande,
lussuosamente arredata e dotata nientemeno che di tre bagni.
Anche qui avvistiamo moltissimi animali: due leoni, un leopardo, due rinoceronti
bianchi, diversi elefanti e addirittura un ghepardo femmina che allatta i due
cuccioli.
Ma restiamo davvero a bocca aperta davanti ad una novità assoluta: il
rinoceronte nero. Un animale rarissimo che sembra destinato all'estinzione. Si
pensi che in tutto il Kruger ne esistono meno di venti esemplari Non sappiamo il
perché ma è rinchiuso in un recinto di pali. E' decisamente molto più piccolo
del rinoceronte bianco.Ed anche particolarmente irrequieto. Dalla soddisfazione,
tocchiamo il cielo con un dito.
Il mattino della partenza lo trascorriamo al Cheetah Project, una vera e propria
clinica per la cura e la riabilitazione dei ghepardi e delle altre specie
minacciate.
Visitiamo, uno ad uno, i grandi predatori (tigre compresa), poi le antilopi e
gli uccelli.
Ci sorprende moltissimo il Cheetah King (ghepardo re), mai visto prima, che a
causa di modifiche genetiche recessive, ha il manto macchiato da bande scure,
anziche dai classici punti neri. Graditissima scoperta.
Rimaniamo, invece, profondamente delusi di non aver potuto ammirare il licaone.
Un desiderio inappagato che rincorriamo inutilmente da anni.
Testo di Giuseppe Cotichini
Fotografie di Luciana Ciocci
www.Safariedintorni.it
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