Ci
sono viaggi che ti fanno capire di essere fortunati, ma ti fanno capire anche
che la ricchezza materiale non è nulla se non c'è dentro di noi quell'umanità,
rispetto e amore per il prossimo!
'Delle volte si rimane chiusi nel nostro intimo solo
perchè si ha paura di credere ai propri sogni'
Ero tornato da un viaggio ad Istanbul dopo aver attraversato tutti i Balcani a
bordo della mia motocicletta e visto gli effetti devastanti della guerra dello
scorso decennio, quando ho iniziato a pianificare il mio ritorno nel 'continente
nero'! Essendo ammalato di una malattia terribile, il 'Mal d'Africa', l'amore
per quella terra unica, magnifica, indimenticabile aveva occupato la mia mente!
In fase di organizzazione del viaggio, ho cercato di unire all'aspetto
prettamente vacanziero del raid anche quello umanitario. Raggiungere il
villaggio di Ngarigne (80 km a sud di Dakar) attraversando l'affascinante
Marocco, l'infinito e misterioso Sahara Occidentale e la colorita savana
senegalese in sella ad una moto naked (la mia Honda Hornet 900) per portare un
piccolo aiuto ai bambini della scuola materna ed elementare del villaggio.
Filippo Aghito si è unito alla grande avventura con la sua 'Duna' (Yamaha Tenerè
600 abbastanza datata e con tanti chilometri alle spalle!)
All'iniziativa 'Cuore Grande: Pisa - Dakar
con una naked!' hanno aderito diverse
Aziende, Scuole, parenti e amici che hanno versato un contributo direttamente
sul c.c.b. della Fondazione 'aiutare i bambini ONLUS'. Con il ricavato e l'aiuto
di tutti sarà ora possibile iniziare la costruzione di una sala mensa nella
scuola del villaggio.
Dopo aver preparato tutti i documenti necessari, acquistati i biglietti della
nave e dell'aereo e organizzato il trasporto della moto per il ritorno, arriva
il giorno della partenza. In un soleggiato ma freddo pomeriggio di novembre
iniziamo la nostra avventura partendo da 'piazza dei miracoli' di Pisa e
raggiungendo Genova dove la mattina successiva ci imbarchiamo su una nave
della compagnia COMANAV non dopo aver trascorso più di 3 ore al check-in in
quanto il mio nominativo e la mia motocicletta non erano inseriti nella lista
'passeggeri'. Una traversata lunga oltre 48 ore ci porta a Tangeri da
dove inizia la nostra permanenza in Africa, che, attraverso circa 5.000 km da
nord a sud, ci porterà a Ngarigne, piccolo villaggio sulla Petite Cote in
Senegal.
Arrivati al porto marocchino, senza più il mio gps rubato in cabina, dopo un
controllo alla dogana e la consegna della 'dichiarazione d'immissione temporanea
del mezzo' (modello D16 bis) già compilata a bordo della nave, usciamo subito
dalla città e ci dirigiamo a visitare le grotte di Ercole. Ci fermiamo ad
Asilah per la notte e con un semplice giro in centro, io mi accorgo subito
di essere in un altro mondo; gente con i muli per strada, nella via centrale del
paese tanti uomini che sembrano indaffaratissimi e che discutono in modo molto
animato, negozi pieni di televisori vecchi oramai 'reperti archeologici' dai
noi, alimentari pieni di spezie, sale barberie e piccoli snack bar al limite
dell'igiene (oserei dire di aver utilizzato un metro di valutazione molto
ampio!). Prendiamo un buonissimo thè alla menta, ma attenzione a quando si
prende il bicchiere
è bollente!
Il giorno seguente un veloce trasferimento autostradale sotto un diluvio
universale ci porta a Casablanca dove pernottiamo per una notte al
camping 'Oasis'. Il giorno successivo chiediamo il visto per la Mauritania in
ambasciata, io faccio l'assicurazione per la moto in quanto la mia carta verde
non copre questo Paese e infine visitiamo la grande moschea di Hassan II. E'
buio ma decidiamo comunque di ripartire e, nonostante non si veda nulla, eccoci
arrivare a Marrakech, una città molto, forse troppo, turistica! Il
Marocco non era quello, lo avevamo già scoperto nella nostra prima sosta e
soprattutto lo avremmo scoperto nei giorni seguenti.
Dopo una passeggiata nel 'labirinto' della medina e nella piazza Jamel Fna
ammirando il minareto di Koutibia riprendiamo la strada in direzione Agadir.
Strade di montagna, piccoli paesi, mercatini pieni di mercanzie, strade
pericolose (ho preso in pieno, all'uscita di una curva, una lingua di cemento
fresco caduto da qualche bidoniera e non so come sono riuscito a rimanere in
sella alla moto!)
Arrivati ad Agadir, città marocchina piena di alberghi lussuosi e residence con
'parecchie stelle', ci sistemiamo subito nel campeggio 'Agadir' dove incontriamo
coppie di italiani che con i loro camper vengono a 'svernare' da queste parti e
visitiamo il centro e il lungomare. Il giorno successivo superiamo Guelmin,
la città degli 'Uomini blu', chiamati così a causa della polvere color indaco
che, per ripararsi dal sole, si spalmano sulle zone del corpo e dagli indumenti
tipici della gente tuareg e cittadina famosa per il suo mercato di cammelli
(anche se lo si dice più per attirare qualche turista!) e, dopo altri 125 km nel
nulla, raggiungiamo la cittadina di Tan Tan dove ci accolgono due grandi
statue di cammelli ad indicarci che siamo entrati nel Sahara Occidentale. Il
paesaggio è cambiato a vista d'occhio. Il verde dell'Alto Atlantico ha lasciato
spazio al terreno arido, fatto di terra rossa e cespugli bassi. Iniziamo a
vedere ed 'assaporare' la sabbia del deserto. Io comincio ad immaginarlo, ma mi
sbaglio. Più ci spingiamo a sud e più spettacolare diventa il nostro viaggio. Un
vento pauroso ci fa guidare in piega. Siamo sulla P41, la strada che conduce in
Mauritania, siamo alle porte del Sahara, chiamato ex Sahara Spagnolo in quanto
sotto il controllo degli iberici fino alla metà degli anni 70. La fisionomia
della gente, le costruzioni, i villaggi, i mezzi di trasporto, il modo di
comportarsi delle persone cambiano radicalmente rispetto al Marocco visto fino a
quel momento.
Il viaggio è ancora lungo, ma siamo emozionantissimi. Noi, con le nostre fidate
moto in mezzo al nulla con destinazione l'Africa nera!
I nostri pranzi e cene nei tipici locali marocchini a bordo delle strade tra le
carni appese in bella vista con centinaia di mosche che girano intorno, sono
diventati la nostra normalità. Stasera ci gustiamo degli ottimi spiedini di
fegato di capra ai ferri, conditi con un sugo di cipolle rosso, il tutto
accompagnato da un buonissimo e morbidissimo pane e da una aranciata che ha un
sapore stranissimo!
La tappa che da Tan Tan ci conduce a Laayoune è la più dura, quella che
rimarrà indelebile nelle nostre menti, quella che assoceremo sempre a questa
indimenticabile avventura!
Vento forte, sabbia ovunque, visibilità bassa, caldo afoso
Ci fermiamo a fare
una sosta e bere qualcosa in una stazione di servizio a sud di Sidi Akhfenir,
'tra la sabbia e la sabbia', e conosciamo un trio di motociclisti olandesi che
partecipano alla 'Amsterdam - Dakar Challenge'. Ripartiamo e neanche il tempo di
inserire la marcia più alta, che troviamo sull'asfalto delle lingue di sabbia
più o meno lunghe. I miei occhi si spalancano e il cuore mi sale in gola, con le
gomme stradali della mia Hornet devo riuscire a superare questi ostacoli. Mentre
Filippo piano piano riesce a superarle, io con le gomme sgonfie e ad alta
velocità provo a passarci dentro. Supero la prima, la seconda, la terza, ma alla
quarta finisco a terra. Un camionista di passaggio mi aiuta ad alzare la moto e
mi spinge fuori dalla sabbia. Il vento è sempre più forte, la strada si vede a
malapena. Tanti pensieri mi vengono in mente. Ancora sabbia, ancore piccole dune
sull'asfalto, altra caduta. Stavolta è un motociclista olandese che mi aiuta ad
uscire dall'empasse e successivamente sono io ad aiutarlo in quanto la sua moto
è insabbiata. La guida diventa un piccolo inferno. Io e Filippo maciniamo
chilometri in quelle infernali condizioni e abbiamo voglia di fare una sosta.
Arrivati nella cittadina di Tarfaya ci accorgiamo che si tratta di un
ammasso di baracche in mezzo al deserto. Strade di sabbia e gente sull'uscio di
casa ad aspettare non so cosa. Veniamo fermati in vari posti di blocco e dopo
aver consegnato le nostre fiches (delle schede notizie con i nostri dati
anagrafici, professione, n. di passaporto, ecc.) arriviamo a Laayoune. E' una
città piena di caserme. L'esercito e la polizia da queste parti è molto
presente. Ci sistemiamo in uno degli alberghi più economici della città 'Hotel
Marhaba' (anche se è difficile definirlo albergo!), ci dedichiamo alla
manutenzione delle nostre moto, facciamo una doccia in una 'specie di bagno' e
usciamo a visitare il centro. Ci accorgiamo subito che si tratta di una città
molto animata (rapportato alle loro tradizioni!) e ascoltiamo anche della musica
locale che dopo pochi minuti diventa infernale per le mie orecchie!
La mattina seguente dopo aver fatto alcune foto e visitato la parte spagnola
della città, ci dirigiamo verso Dakhla. Io spero tanto che la strada sia
migliore di ieri. La notte precedente avevo avuto degli incubi
avevo sognato
infinite lingue di sabbia!
Il vento è forte anche oggi. Dovremmo riuscire a vedere l'oceano a ovest, ma c'è
così tanta sabbia, che crea una nebbia sottilissima e fitta che non ci fa vedere
nulla.
Guido la mia moto che sembra di volare su una pista di sabbia. All'orizzonte non
capisco se la sabbia ha invaso tutta la strada o è solo sabbia che si muove
senza depositarsi sull'asfalto. Fortunatamente si tratta del secondo caso! Per
chilometri e chilometri 'mangio' sabbia e guido in piega.
Quando incrocio tir provenienti dalla direzione opposta, il vento mi muove così
tanto che sembra di andare a terra. Filippo invece con la sua 'Duna' non riesce
neanche a starmi dietro. Il vento lo fa sbandare da una parte all'altra della
carreggiata! Superato Boujdour, il vento comincia a calmarsi, la guida
diventa più piacevole anche se monotona. Alla mia destra e alla mia sinistra il
nulla, di fronte invece vedo una lunga lingua di asfalto che si perde
all'orizzonte. Non una curva che possa farmi muovere il manubrio! Mi fermo a
bordo strada, prendo le taniche di benzina e riempo il serbatoio. Dopo aver
mangiato un 'tajinn' (piatto di carne con patate, cipolle e broccoli al forno)
in un caffè pieno di mosche ed una insopportabile puzza di pesce avariato,
proseguiamo il nostro viaggio e, come all'improvviso, ecco spuntare sulla nostra
destra l'oceano Atlantico. Delle magnifiche scogliere a picco sono a due passi
da noi. La meraviglia e lo stupore ci conquistano, e rimaniamo senza fiato ad
ammirare ciò, che fino a poco tempo prima, non immaginavamo esistesse: quella
terra e quel mare. Certo ci vuole tempo per sedimentare e per assaporare tutto
questo senza paura. Ma il tempo è una delle più grandi risorse dell'Africa e
tutto può depositarsi con calma nel cuore.
Riprendiamo la guida perché abbiamo voglia di raggiungere Dakhla. Superiamo un
bivio ed un ennesimo posto di blocco ed improvvisamente si presenta la piana
della laguna, una distesa sconfinata di sabbia solcata dalla strada. Più avanti
il mare quasi lambisce la strada e appare in lontananza un'isola sospesa
sull'acqua come un miraggio. Ci sembra di attraversare le acque come Mosè! Il
panorama ai nostri occhi è indimenticabile. Io e Fili siamo lì, con le nostre
inseparabili moto, in mezzo a quella infinita distesa di sabbia accarezzata
dalle acque. Mille pensieri mi vengono in mente. In quel momento mi sento un
uomo veramente libero, un uomo veramente felice, un uomo veramente realizzato!
Circa 4 chilometri prima di arrivare in città troviamo il camping Moussafir
sulla sinistra ed entriamo per fermarci per la notte. Troviamo tutti i
partecipanti della manifestazione 'Amsterdam - Dakar Challenge', conosciamo un
ragazzo tedesco che con la sua bici cerca di raggiungere Tombouctou e alcuni
giovani francesi che sono in vacanza con un monovolume bianco così la sera è una
grande festa. Musica e alcool a fiumi. Da queste parti è quasi impossibile
trovare alcolici, ma gli olandesi son partiti ben riforniti come d'altronde il
mio amico di avventura Filippo che, da buon veneto, in una bottiglia di plastica
si è portato una bella grappa che unisce ogni qualvolta ci prepariamo il caffè
(minimo 2 volte al giorno)!
Ceniamo con buonissimi piatti di pesce pagando naturalmente prezzi molto
ragionevoli.
Il giorno successivo decidiamo di rilassarci in laguna, così ci dirigiamo in
spiaggia con le moto e piazziamo la tenda per trascorrere l'intera giornata e la
nottata. Un rilassante bagno nelle acque dell'oceano, un sonnellino sdraiati
sulla sabbia umida, un'ottima cena preparata sul forellino a gas ammirando il
sole che comincia a scomparire all'orizzonte dietro una distesa di sabbia
la
laguna di Dakhla! Infine a sera facciamo una chiacchierata in inglese con una
coppia di sudafricani, che con il loro land rover attraversano l'intero
continente nero, e poi in spagnolo con un ragazzo Saharawi orgoglioso della sua
terra. La gente del posto è gentilissima, molto ospitale, educata e parlano
quasi tutti lo spagnolo. Fino a 30 anni fa era territorio iberico! Mi parla del
Sahawari e dei rapporti non idilliaci con il Marocco. E' per questo motivo che
da Tan Tan, città dove inizia il Sahara Occidentale o ex Sahara Spagnolo, è
pieno di polizia, militari e si trovano infiniti posti di blocco.
Nel 1975, dopo circa 2 anni di guerriglia tra le truppe spagnole e il Polisario
(gruppo di lotta composto da gente Saharawi e supportato dall'Algeria), gli
spagnoli si ritirarono e nonostante la Corte Internazionale di Giustizia dell'Aja
si fosse pronunciata a favore dell'indipendenza del Sahara Occidentale, il
Marocco e la Mauritania occuparono quel territorio. Il Re Hassan II organizzò la
Marcia Verde, in cui 350.000 civili marocchini disarmati attraversarono a piedi
l'antica frontiera per riappropriarsi del territorio non facendo svolgere in
questo modo il referendum promesso dalla Spagna prima del suo ritiro.
La Mauritania abbandonò il Sahara Occidentale dopo pochi anni così il Marocco si
appropriò di tutto il territorio. Per anni vi sono state continue azioni di
guerriglia da parte del Polisario contro le truppe marocchine al fine di
ottenere l'indipendenza. Solo con un 'cessate il fuoco' stabilito dall'ONU nella
primavera del 1989 si è messo fine al conflitto. Il governo marocchino, al fine
di 'tener buona' la gente Saharawi, garantisce diverse agevolazioni fiscali (per
esempio: la benzina costa circa 0,60€ al litro, quasi la metà rispetto al
Marocco del nord).
Il giorno seguente, di buon ora, riprendiamo la strada in quanto vorremmo
arrivare a Nouadhibou in giornata. Maciniamo tantissimi chilometri sotto un sole
cocentissimo tra una distesa alternata di sabbia bianca e rossa incrociando
pochissimi camion carichi di materiale che provengono dalla frontiera. L'unica
persona incontrata è un altro 'pazzoide' che se ne va in giro con la sua bici
nel bel mezzo del deserto! Superiamo il 'tropico del cancro'. Il deserto qui ha
proprio le caratteristiche dell'hammada. Creste screpolate di roccia galleggiano
sulla sabbia, ammassi di sassi scuri si stendono sulla piana; rilievi cretosi
foggiati a cumulo hanno un aspetto sinistro, sembrano residui di eventi lontani
che hanno sconquassato il mondo. Parecchi km prima di arrivare alla dogana,
all'altezza di una freccia che indica il villaggio Corbero, c'è un posto di
blocco. Ai militari consegniamo i fogli già preparati con le nostre generalità,
come abbiamo fatto altre volte.
Il paesaggio è movimentato da cumuli alti, poi c'è una grande duna bianca,
quindi alture frastagliate, sovrastate da sassi ammonticchiati come pinnacoli.
Dopo alcune ore arriviamo alla frontiera marocchina di Guerguarat ma
dobbiamo aspettare le ore 15 perché il funzionario della dogana è impegnato nel
suo 'riposino' pomeridiano! Dopo diversi controlli possiamo uscire dal Marocco.
Appena alzano la sbarra della frontiera, l'asfalto finisce e lascia spazio ad
uno sterrato che fa impallidire la mia moto! Siamo nella 'terra di nessuno': non
siamo né in Marocco, né tantomeno in Mauritania! Seguiamo la pista e, arrivati
ad uno svincolo, dobbiamo decidere se prendere la pista di destra o quella di
sinistra. Avevo fortunatamente letto su un forum che quella di sinistra era
preferibile in quanto si trovano i resti della striscia di asfalto spagnolo.
Così è! Io, con la mia Hornet, riesco ad arrivare al posto di gendarmeria mauro
mentre dall'altra parte vedo il furgone dei giovani francesi insabbiato in una
conca di sabbia. Si dice anche che fuori dalla pista siano rimaste le mine
dell'epoca della guerra tra Marocco e Mauritania, ma alcuni uomini locali, capre
ed asini passeggiano tranquillamente tra i resti di carcasse di macchine.
Arrivati alla frontiera maura, entriamo, uno alla volta, in una capanna di
lamiera dove 3 poliziotti con addosso delle uniformi che il nostro Esercito
utilizzava nella Grande Guerra, registrano la nostra entrata sul passaporto e su
un registro fatto di fogli volanti e poi ci chiedono un 'chadoux'. Altra fermata
obbligatoria alla dogana e pagamento di 10 € a testa con rilascio di ricevuta di
3.000 Oug. Appena usciti da questa specie di frontiera stipuliamo
l'assicurazione (anche se è possibile stipularla a Nouadhibou con un risparmio
di circa 3€!) e cambiamo del denaro con lo stesso assicuratore naturalmente in
nero! In Africa non c'è bisogno di andare nelle banche a comprare la valuta
locale, è possibile farlo dovunque, ma attenzione perché, seppur essere la
normalità, rimane una cosa illecita.
Superiamo i binari della ferrovia e ci troviamo nuovamente ad un altro posto di
blocco. Siamo sulla nuova strada tra Nouadhibou e Nouakchott. Giriamo a destra e
dopo aver superato un ulteriore posto di blocco con richiesta anche stavolta di
un piccolo chadaux arriviamo in città. Niente di più facile che muoversi a
Nouadhibou. Superiamo la prima ed unica rotonda, la città è strutturata lungo
l'arteria principale e qui si può trovare tutto quanto si necessita. E' un
festival tipicamente mauritano, carretti che tengono 'testardamente' la corsia
asfaltata e veicoli a motore che invece si spostano a lato, taxi che
incessantemente caricano e scaricano clienti ovunque, furgoni facenti la
funzione di taxi collettivi, ammassi di ferraglia utilizzati come 'automobili' e
non solo
ed è stato simpatico vedere un cartello con scritto: 'circolate con
prudenza, la vostra auto vi può abbandonare in qualsiasi momento
'
Sistemiamo la tenda al camping 'Baie du Lévrier' in pieno centro e scambiamo due
chiacchiere con una coppia di italiani di La Spezia che con il loro Land Rover
se ne vanno in giro per il deserto e usciamo a mangiare un boccone. Ci sediamo
ad un ristorante e chiediamo un pollo arrosto. Nella mia mente rimane
un'immagine che non potrò mai dimenticare: quella cucina affianco ai servizi
igienici, quei gatti che aspettano che il cuoco desse loro da mangiare e vicino
al nostro tavolo, una coppia di francesi e i loro due figli, uno dei quali di
appena 1 anno e mezzo, che sono in vacanza in Africa con il loro furgone bianco!
Il giorno seguente andiamo a visitare la costa a sud della città dove decine e
decine di relitti di navi sono abbandonati. Incontriamo un italiano che da oltre
due anni lavora da quelle parti e che taglia quelle navi arenate e lasciate lì
ad arrugginire per poi rivendere il ferro nelle più disparate parti del mondo.
Fa caldo e dobbiamo ancora iniziare la nostra guida verso la capitale. La nuova
strada è perfetta, non una buca, non un granello di sabbia ed una buona
segnaletica. Ogni tanto vediamo delle tende maure e diversi dromedari. Le dune
di sabbia si fanno sempre più alte e il leggero vento fa muovere velocemente la
sabbia. La guida prosegue tranquilla con diverse soste per bere dell'acqua
quando, all'improvviso, si rompe la catena della moto di Filippo. Ci fermiamo a
ripararla non senza poche difficoltà e sentiamo dei suoni che sembrano delle
voci provenire dal deserto. Ci giriamo a vedere di cosa si tratta e ci
accorgiamo che è il vento. Dei suoni strani e magnifici. E' vero quando si dice
che in Africa non si è mai soli!
E' tardi e il sole inizia a scomparire dietro alcune dune di sabbia. Dobbiamo
percorrere ancora oltre 100 chilometri. Superiamo un posto di blocco e arriviamo
a Nouakchott che è buio. Troviamo il camping 'Nouvelle Auberge' e anche
qui scambiamo qualche parola con una coppia di Sarzana che collaborano per
l'associazione umanitaria 'bambini del deserto' e che con il loro pick-up stanno
tornando in Italia dopo aver attraversato il deserto dell'Algeria, del Mali e
quello della Mauritania.
E' l'ultimo giorno in Mauritania, oggi raggiungeremo il Senegal. Stiamo per
arrivare alla nostra meta. Il paesaggio inizia a cambiare, il deserto lascia
spazio alla savana, non vediamo più tende berbere ma solo muri di terra rossa e
lamiera, i volti bellissimi delle donne non sono più coperti dal velo, gli
uomini non indossano più il turbante nero tipico della gente del
Sahara
.l'Africa nera è alle porte!
Senza
accorgercene arriviamo a Rosso. Saremmo voluti andare alla frontiera di
Diama, ma invece entriamo in dogana dove un poliziotto ci prende i
passaporti e tutti i documenti della moto. Inizia l'inferno, un ricordo
'meraviglioso' che rimarrà indelebile nella mia mente. Io comincio a contrattare
con il doganiere.
Non dovremmo sborsare un centesimo di euro ma invece ci vengono richiesti
diverse decine di euro. Alla fine, dopo più di un'ora di contrattazioni e per
poter riottenere i nostri passaporti, paghiamo 20€ a testa e prendiamo il
traghetto che ci conduce sulle sponde opposte del fiume Senegal. Altra
frontiera, altro inferno!
Anche qui veniamo assaliti da bambini e adulti che ci offrono il loro aiuto per
superare i controlli della polizia e quelli doganali. I nostri passaporti
vengono trattenuti da un poliziotto che scompare tra la folla. Pensiamo di
averli persi, ma dopo circa 15 minuti ricompare il funzionario pubblico che ci
restituisce i documenti timbrati.
E' tempo di andare in dogana. Mentre Filippo se ne sta comodamente seduto a
terra a chiacchierare con un gruppo di ragazzi del luogo e controllare le moto,
io provvedo a cambiare qualche euro in CFA, naturalmente in nero!
Entro nell'ufficio doganale, faccio registrare i mezzi sul passaporto, pago la
tassa d'ingresso e poi mi dirigo a stipulare l'assicurazione obbligatoria.
Mi fanno entrare in una stanza con una scrivania e due sedie. Oltre al
boss dell'ufficio, c'è un uomo che parla in inglese con me, un altro che ha
deciso di fare da faccendiere, altri due uomini che seguono le contrattazioni e
fuori dal locale decine di bambini curiosi che guardano la scena dai vetri
sporchi della porta. Anche qui devo dare il meglio di me, per poter spuntare un
prezzo 'accettabile'. Finalmente io e Filippo ci rimettiamo in sella alle nostre
moto e usciamo dalla dogana, non prima di aver pagato circa 1€ a testa come
tassa al comune.
Siamo sulle strade del Senegal!
Immediatamente in un posto di polizia ci controllano i documenti e le
attestazioni dell'assicurazione. La strada è in pessime condizioni. Buche grosse
come crateri fanno impallidire gli ammortizzatori della mia moto, bambini che
attraversano la strada senza fare attenzione, donne che camminano tranquille ai
bordi della carreggiata
Ho spesso riflettuto, attraversando i villaggi a bordo della mia 'due ruote' e
con in testa un casco spaziale da far incuriosire tutti, sulla differenza fra la
giovane, triste ed annoiata mamma europea che spinge il passeggino verso
l'ipermercato e la povera, spesso sorridente africana scalza che ti saluta, con
il bambino sul dorso avvolto nello scialle.
Altre mamme le vedi battere il pesante pestello per frantumare i cereali del
misero pasto, sempre con il bambino in spalla, la testolina che condola al ritmo
dei colpi.
Altre, hanno preso, chilometri più in là, un po' di frutta o verdure che sperano
di vendere al mercato o ai bordi della strada, sempre con un fagottino sulle
spalle, muto, perché è difficile sentire un bambino africano che piange.
Arriviamo a Saint Louis e ci sistemiamo nell'economico albergo 'Café des
Arts' dove la simpaticissima proprietaria ci prepara un'ottima cena a base di
pesce. Rimaniamo 3 giorni nella cittadina passando il tempo a fare acquisti,
rilassarci sulla spiaggia dell'oceano, seguiamo la finale di calcio del torneo
cittadino in un campo sportivo gremito fino all'inverosimile e partecipiamo ad
una visita guidata al parco naturale di Djoudj dove ammiriamo decine di specie
di uccelli tra cui tantissimi pellicani.
Riprendiamo le moto e ci accorgiamo che i motori fanno degli strani rumori.
Cerchiamo di capire di cosa si tratta, ma alla fine, dopo aver smontato e
visionate vari parti, i rumori persistono. Io e Filippo decidiamo di partire
ugualmente affidandoci alla volontà di Allah. Come si dice da queste parti: 'in
Shallah Allah'!
Sono emozionato perchè nel pomeriggio arriverò nel villaggio di Ngarigne, meta
agognata da tempo. E' un piacere guidare su queste strade molto belle che
attraversano scene e scenari di vita quotidiana che mi porterebbero a guidare
per centinaia e centinaia di chilometri
paesaggi vivacissimi, la gente è
cordiale e disponibile, ci sono decine di carretti trainati da muli, capre
libere a bordo strada, i bambini che ti salutano e gli anziani che ti guardano
stupiti.
Nei pressi di Rufisque svoltiamo in direzione Lac Retba, più
conosciuto come Lac Rose, nome derivante dal colore delle sue acque a causa
dell'intensa presenza di sale e posto famoso perchè sede dell'ultima tappa della
Paris - Dakar.
Breve sosta e poi proseguiamo in direzione Mbour sulla Petite Cote e iniziamo la
ricerca del villaggio di Ngarigne in quanto non si trovano indicazioni
stradali. Arriviamo davanti la scuola dove ci aspetta il Sig. Albert Saar,
direttore dell'istituto, precedentemente avvertito del nostro arrivo. Io e
Filippo siamo felicissimi, ci abbracciamo e ci congratuliamo a vicenda. Ce
l'abbiamo fatta!
Il giorno seguente andiamo a scuola e lì troviamo tutti i bambini che ci stanno
aspettando impazienti. Al nostro arrivo due bellissime bambine ci consegnano dei
fiori e tutti gli altri iniziano a cantare: Happy birthday! E' il giorno del mio
compleanno! Qualche lacrima comincia a scendere dai miei occhi. I sorrisi e gli
sguardi felici di quei bambini mi riempiono di gioia. Sono felici perché due
persone 'nuove' sono lì per loro, a portare la loro presenza. Iniziamo la
consegna dei gadgets forniti dagli sponsors: cappellini, matitine, portachiavi,
piccoli elefantini e palloncini. I bimbi sono felicissimi. Vederli correre
dietro un palloncino che gonfiamo e che lanciamo in aria mi fa venire i brividi!
Ci salutano tutti e ci sorridono felici. Nei loro occhi vediamo la gioia e la
loro semplicità.
Quei bambini mi hanno regalato per il mio compleanno un qualcosa che nessuno mi
aveva dato prima: la semplicità di un sorriso vero!
Io e Filippo trascorriamo 4 giorni sulla Petite Cote, giocando con i bambini
della scuola, visitando il villaggio dei pescatori di M'Bour, la tanto
turistica Saly, la strana ma bellissima isola di conchiglie di
Joal-Fadiouth e aiutando Albert a montare una rete nel giardino della
scuola. Lungo la nostra guida a sud del Senegal ammiriamo le tante foreste di
baobab, la pianta africana per eccellenza, caratteristica per essere vuota
all'interno. Per questo motivo vi è tanto artigianato in legno, non di baobab ma
di ebano. Molti sono i prodotti offerti dall'artigianato locale, dalle statuette
alle maschere. Avendo consegnato i gadgets a scuola e donato alcuni miei
indumenti, le borse della moto sono scariche così faccio il pieno di questi
oggetti.
E' il giorno della partenza. Salutiamo Albert e tutte le altre persone
conosciute in questi ultimi giorni e ci promettiamo di rivederci in futuro.
Mentre attraversiamo il villaggio e quelli vicini, i bambini della scuola che
aspettano il pulmino con le loro mamme ci salutano festosi e ci chiamano per
nome. Ricambio il saluto con un suono di clacson. Sono felice e ho il cuore in
gola!
Arriviamo a Rufisque dove abbiamo l'appuntamento con Paolo, lo spedizioniere
della Macedonia Adventures. Più ci avviciniamo a Dakar e più il traffico
diventa caotico. Smog, sabbia, fumo
non riesco più a respirare decentemente! A
pomeriggio portiamo le moto al porto e le carichiamo in un container. Il
rapporto che si è creato con la mia moto è così 'umano' che la saluto e le
auguro buon viaggio. L'aspetterò impaziente in Italia tra circa 3 settimane!
E' così strano, siamo a piedi. Le nostre inseparabili motociclette non ci sono
più. Io e Filippo raggiungiamo in taxi il paese di Yoff a nord di Dakar
che, nonostante sia distante solo pochi chilometri, dato l'intenso traffico,
trascorriamo circa 2 ore in compagnia del tassista! Ci sistemiamo nell'economico
ma carino albergo 'Lumumba' e trascorriamo il giorno seguente in spiaggia a
prendere il sole e mangiare pezzi di anguria e cocco. A notte inoltrata ci
imbarchiamo sull'aereo che ci riporterà in Italia facendo scalo a Lisbona.
Perdo la coincidenza e così ho anche l'opportunità di visitare la capitale
portoghese.
L'avventura è terminata. Questo viaggio è stato un susseguirsi di incontri con
volti nuovi, usanze differenti, parole e discorsi dal sapore sconosciuto. Ogni
incontro con una persona è stato un viaggio per me, uno scoprire nuove terre,
spazi impensati, accorgermi di frontiere e di emozioni inimmaginate.
Gli africani sono gente sorridente. Molti vivono tutta la vita con niente, ai
bordi delle strade, davanti a case che di case non sanno davvero. Ma gli
sguardi, le facce, sono fieri e sereni. In alcuni villaggi del Senegal, l'uomo è
ancora alle origini, cammina sulla terra rossa e calda, vive in comunità, la
gente è un tutt'uno. Hanno poche cose ma lo spirito è calmo, positivo, pieno di
speranza. I bambini sono i bambini del villaggio, non solo dei loro genitori,
vengono tutelati da tutti gli abitanti. Gli anziani stanno insieme a tutti gli
altri e nessuno è mai lasciato a se stesso.
Ho visto bambini che non hanno nulla, nemmeno un giocattolino, nemmeno un
vestitino addosso, correre sorridenti e gioiosi in giro per le strade,
portandosi appresso solo la loro voglia di crescere. E' la comunità che conta,
la solidarietà, la famiglia nel senso più completo del termine. Anche nei
quartieri di Dakar o Noudibhou o Nouchkott dove ho visto regnare la miseria, la
sensazione non è mai stata quella di compatire, ma di rispettare la loro fiera
compostezza. Nemmeno per un minuto mi sono sentito 'superiore' perché vivo in un
mondo dove c'è tutto. Invece tante volte ho chinato la testa davanti a quegli
sguardi espressivi, pieni di speranza e di voglia di vivere che mi facevano
seriamente riflettere sul mio modo di vivere, sui miei comportamenti, sulle mie
paure ed ansie.
Forse la nostra società occidentale, fatta di cose, di beni materiali, fondata
sul concetto dell'individuo e del profitto si è un po' allontanata dalla natura
autentica dell'essere umano.
L'Africa nera non è un semplice luogo dove andare per prendere la tintarella. I
quasi 5.000 chilometri percorsi mi hanno aiutato a 'capirmi'. Il viaggio mi ha
scombussolato, ha fatto traballare quei valori che sembravano essere
fondamentali, ma che invece non lo erano, ha rafforzato quelli veri, autentici
ed importanti!
Camminavo di sera nel villaggio di Ngarigne, l'unica luce era quella della luna
e delle migliaia di stelle, gli abitanti del villaggio erano seduti davanti le
porte di case fatte di terra rossa, le ombre delle persone che incrociavo
scivolavano lievi coperte di silenzio e mi lanciavano un 'ca và?' (come stai?),
senza fermarsi e mi lasciavano dentro una grandiosa lezione di vita e quel senso
di stupenda dignità della miseria che premiano il mio girovagare per questa
magnifica terra
.l'Africa!
CONSIGLI UTILI:
Preparare il modello D16 bis in nave, in modo da non perdere tempo una volta
sbarcati;
Chiedere il visto per la Mauritania in ambasciata maura a Casablanca in quanto
costa 200Dih (circa 20€) anziché 50€ come richiesto a Roma (portatevi nr. 2
fotografie formato tessera);
Preparatevi, prima di partire, delle schede notizie in francese in modo da non
perdere tempo agli infiniti posti di blocco (nome, cognome, nr. passaporto, data
e luogo di emissione, professione, tipo e targa del mezzo, ecc.);
A Laayoune c'è l'ultimo distributore di benzina verde, da lì in poi, solo
super e gasolio;
Arrivare prima delle 16 alla frontiera di Guerguerat, perché mentre quella
marocchina rimane aperta fino alle 18, quella maura chiede alle 16;
Attenzione al cambio (in nero) in Mauritania. I cambiavalute cercano di far
valere 1€ circa 33 oug anziché 330! Si può spuntare anche 340 oug a Noudibhou e
350 oug a Nouchkott;
Fare l'assicurazione del mezzo a Nouadhibou anziché alla frontiera. Si
risparmiano circa 3€ per un'assicurazione di 4 giorni;
Possibilità di fare carburante al distributore sulla strada Nouadhibou -
Nouakchott al km 175 provenendo da nord.
Cercare di evitare la frontiera di Rosso, altrimenti armatevi di pazienza e
sfornate le vostre migliori doti di contrattatore cercando di pagare il meno
possibile;
Chiedete sempre la ricevuta nel caso in cui la polizia volesse elevarvi una
multa. La maggior parte delle volte vi lascerà andare!;
Non cercate di andare da soli in giro con il mezzo a Dakar. E' facilissimo
perdersi!;
Attenzione ai cambiavalute all'aeroporto di Dakar. Vi cambieranno le banconote
locali con monete di euro. Contatele nuovamente quando ce le avrete in mano
prima di consegnare le vostre banconote. Sono dei prestigiatori!
DOCUMENTI PER IL VIAGGIO:
Patente internazionale;
Libretto internazionale di circolazione se la moto non è più vecchia di 5
anni, altrimenti carnet de passage;
Libretto di vaccinazione febbre gialla;
Assicurazione da fare in ogni Paese, escluso il Marocco se la vostra
assicurazione faccia valere la carta verde in quel Paese;
L'Associazione umanitaria:
Fondazione 'aiutare i bambini ONLUS'
Si ringraziano i seguenti sponsor:
Ferrino & C. S.p.A.
Tucano Urbano s.r.l.
Vueffe Racing - Pisa
GIVI s.r.l.
Istituto Professionale di Stato Servizi Alberghieri e della Ristorazione 'G.
Matteotti' - Pisa
Agenzia viaggi Lunella affiliato 'Pinguino' - Pisa
Scuola media statale - Navacchio (PI)
Studio di consulenza del lavoro del Dott. P. Babbo - Lecce
Officina 'G. Carneschi'- Ospedaletto (PI)
Viviana Bruno e i suoi amici del Politecnico di Torino
Amici e parenti!
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