Da anni soggiorniamo nel Comune di Pejo, posizionato entro i confini del
Parco Nazionale dello Stelvio, nel settore trentino.
Io e Vittoria siamo entrambi in pensione e nutriamo entrambi l'amore per la
montagna.
Siamo dei buoni camminatori e se il tempo lo permette passiamo buona parte delle
giornate per sentieri od escursioni a quote più elevate. La scelta in questa
straordinaria valle è vastissima: ovunque si cammini si aprono ambienti pieni di
suggestione, dai masi ben conservati ai vasti boschi, dalle malghe agli ampi
pascoli, per finire ai percorsi classici in quota.
Ci sono luoghi ideali, paesi, valli, il lavoro dei locali, intrecci di paesaggi
che costituiscono la natura e la filosofia del rispetto di questi luoghi e la
visibile integrazione fra gente e territorio, dove si scorge la cura per il
mantenimento dell'equilibrio ambientale e la tutela dei beni del parco,
sentieri, boschi, pascoli, malghe, corsi d'acqua.
Uno dei percorsi preferiti, appena lo scioglimento delle nevi lo permette, è
quello sulla destra della alta val Venezia, con passaggio sul lago Careser, ove
si possono ammirare scenari incantevoli, una natura incontaminata, animali
selvatici, i laghetti alpini d'alta quota, massicci innevati su cui primeggia
frontalmente il Palon de la mare e la Vedretta rossa e altre
diverse superfici ghiacciate come la Vedretta de la mare che si può ammirare
giunti al rifugio Larcher.
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Purtroppo questo splendida lingua di ghiaccio si sta ritirando anno dopo anno.
Spesso, in autunno inoltrato o a fine primavera può capitarci di trovarci soli
in quei grandi spazi, ingigantiti dallo specchiarsi dei monti nell'acqua quieta
dei laghetti, spazi che incutono per la loro immensità un poco di timore, che ci
rapportano con la nostra piccola umanità.
Chi ci legge non sia tratto in inganno: non siamo in cerca di emozioni forti o di
sfide particolari.
Certo la montagna presenta sempre i suoi rischi, ma affrontiamo solo percorsi
attrezzati adatti alle nostre capacità e con cautela, e se le condizioni
climatiche non lo permettono evitiamo di spostarci per percorsi in quota.
Ci alziamo di buon mattino per trovarci al primo appuntamento, se siamo
fortunati, con camosci, marmotte, volpi, scoiattoli ed un variegato mondo di
piccoli e festosi uccelli. Se durante il percorso non osserviamo nessuna specie
di fauna pazienza: il resto del percorso o dell'escursione merita la levata
mattiniera.
Portiamo sempre con noi una discreta attrezzatura fotografica; il peso è
rapportato alle ottiche che si portano via, che possono cambiare secondo i
progetti fotografici : se si pensa di attraversare percorsi ad alta probabilità
di avvistamento animali il teleobiettivo è d'obbligo ed il peso aumenta., che
dividiamo negli zaini. Se al contrario il percorso è meramente panoramico al
posto del tele un grand angolo.
Qualche amico mi suggerisce di usare uno zoom per disporre di tutte queste
possibilità insieme.
E' vero, ma finché le gambe ci consentono di trasportarlo, la soddisfazione di
una immagine riuscita con un buon tele fisso è impagabile.
L'hobby per la fotografia ci appassiona entrambi e va di pari passo con quello
della montagna: sarebbe imperdonabile non fissare molte di quelle situazioni che
rendono la montagna così bella ed affascinante.
Nel tempo abbiamo fissato innumerevoli immagini, dai panorami, ai ritratti della
gente locale, di mestieri montani, dalla flora alla fauna.
Sono tutte queste cose insieme, vita, cultura, immagine, che rendono piacevoli
ed animati i nostri percorsi.
L'osservazione di animali avviene spesso ed in questi anni gli incontri sono
stati molteplici: abbiamo avuto la fortuna di osservare e fotografare pure gli
ermellini in manto estivo, ben presenti ma non facili da osservare e
soprattutto da fotografare, perché sempre in movimento e non facili da
avvicinare a distanza fotografica.
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Più facile fotografare le marmotte: basta appostarsi nei pressi della tana su
cui si è rintanata ed aver pazienza che esca guardinga. Se esce dallo stesso
punto (spesso esce da altro cunicolo del labirinto di passaggi sotterranei su
cui costruisce i suoi rifugi), stando immobili e senza fare movimenti bruschi,
si può tranquillamente fotografare con buone risoluzioni.
I camosci si riescono a vedere di buon mattino, ad alte quote, quando sono
ancora in movimento, prima di rintanarsi in mezzo ai dirupi più alti.
Anche in questo caso la migliore certezza per l'avvistamento è quello di
trovarsi sui posti al mattino presto.
In quanto ai cervi o caprioli, più schivi, si possono vedere nelle radure ai
limiti dei boschi, di primo mattino, intenti a brucare l'erba. Subito sopra
l'abitato di Pejo o nei pressi del parco faunistico non è difficile poterli
scorgere; invece l'avvicinamento a tiro di teleobiettivo è più difficile se non
appostati.
In primavera inoltrata si può osservare verso l'alto le fioriture di tutte le
specie della flora alpina.
Già ad aprile spuntano nei campi i magnifichi anemoni e a giugno i versanti si
coprono del rosso purpureo dei rododendro.
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Frequentando la valle abbiamo fatto conoscenza con dei locali, alcuni che
resistono in attività ormai scomparse e che basta saper ascoltare per
ripercorrere i percorsi della memoria di un tempo ormai perduto.
Dopo quella di Pejo, quella percorsa con consuetudine è la valle adiacente di
Viso, sul versante bresciano del parco, con un caratteristico abitato di case di
pietra a vista, con tetti in lastre in pietra locale , situato in un punto
strategico per l'allevamento del bestiame. In questi baiti nei mesi estivi vi si
trasferiscono i loro proprietari di fondo valle, mantenendo vive, in queste sedi
provvisorie, i modi e le usanze consuete. L'abitato è posto a 1.800 metri, che raggiungiamo a piedi partendo da Pian Palù, valicando il passo
Montozzo, attraverso la valle omonima, o se impossibilitati dal tempo, e per non
mancare all'appuntamento, in vettura, passando da Pezzo.
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Vi incontriamo quasi sempre il cordialissimo Sveno, che ti invita
immancabilmente a prendere il caffè dentro il suo baito, che è il più vecchio
del borgo, senza particolari rimaneggiamenti, al contrario di altri ricostruiti
tal quali dopo una rovinosa valanga. E' ospitalissimo, garbato e di prodigiosa
memoria, che d'inverno vive a Pezzo, e che non ti lascia ripartire senza aver
assaggiato i suoi gustosi formaggi, con fette di polenta calda. Per suoi intendo
dire che li produce con le sue mani, da latte di pecore che accudisce in
proprio.
Un autunno inoltrato, l'abbiamo trovato intendo a rasare le pecore; pur
impegnato in questo mestiere, con gli attrezzi e la stessa tecnica manuale di un
tempo, non ha mancato il consueto invito dentro casa sua.
Ed anch'esso, con lucida e puntuale memoria racconta la storia di quei luoghi,
della vita in paese, di quando giovanotto traversava anch'esso il passo del
Montozzo per partecipare a sagre a Pejo; anche di un fatto triste e tragico
avvenuto in mezzo a quei baiti durante l'ultimo conflitto bellico, che hanno
coinvolto anche un suo fratello, all'epoca giovanissimo, ammazzato dai tedeschi.
Un breve passaggio anche nel vicino Pirli, caratteristico villaggio di poche
case disabitate, anch'esse al pari di quelle di Viso senza energia elettrica e
gas, tenute aperte solo d'estate, in cui invece ci vive tutto l'anno, in
perfetta solitudine ed in simbiosi con la natura la signora Antonietta, l'unica
residente stabile del borgo, che non si è voluta mai trasferire nel vicino paese
di Pezzo.
Quando inizia l'inverno e la neve comincia ad essere copiosa sono i guardaparco
che vanno a verificare il suo stato di salute e approvvigionarla di viveri
freschi.
E a chi gli chiede il perché di tale scelta risponde che si sente più felice
vivere lì, scambiare impressioni coi turisti di passaggio ed accudire il suo
orto, che viene immancabilmente 'visitato' dagli abitanti naturali il bosco
circostante, cervi, caprioli, ecc.
Anche per noi è bello camminare per sentieri, poter annusare i freschi profumi
del bosco, quello intenso della resina fresca degli alberi ed ascoltare nel
silenzio il rumore dello spezzarsi degli arbusti secchi e delle pigne a terra
calpestate dai nostri scarponi. |