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Soggiorno nel Parco Nazionale dello Stelvio PDF Stampa E-mail
Scritto da Cesarino Leoni   

Da anni soggiorniamo nel Comune di Pejo, posizionato entro i confini del Parco Nazionale dello Stelvio, nel settore trentino. Io e Vittoria siamo entrambi in pensione e nutriamo entrambi l'amore per la montagna.



Siamo dei buoni camminatori e se il tempo lo permette passiamo buona parte delle giornate per sentieri od escursioni a quote più elevate. La scelta in questa straordinaria valle è vastissima: ovunque si cammini si aprono ambienti pieni di suggestione, dai masi ben conservati ai vasti boschi, dalle malghe agli ampi pascoli, per finire ai percorsi classici in quota.
Ci sono luoghi ideali, paesi, valli, il lavoro dei locali, intrecci di paesaggi che costituiscono la natura e la filosofia del rispetto di questi luoghi e la visibile integrazione fra gente e territorio, dove si scorge la cura per il mantenimento dell'equilibrio ambientale e la tutela dei beni del parco, sentieri, boschi, pascoli, malghe, corsi d'acqua.

Uno dei percorsi preferiti, appena lo scioglimento delle nevi lo permette, è quello sulla destra della alta val Venezia, con passaggio sul lago Careser, ove si possono ammirare scenari incantevoli, una natura incontaminata, animali selvatici, i laghetti alpini d'alta quota, massicci innevati su cui primeggia frontalmente il Palon de la mare e la Vedretta rossa e altre diverse superfici ghiacciate come la Vedretta de la mare che si può ammirare giunti al rifugio Larcher.


Purtroppo questo splendida lingua di ghiaccio si sta ritirando anno dopo anno.
Spesso, in autunno inoltrato o a fine primavera può capitarci di trovarci soli in quei grandi spazi, ingigantiti dallo specchiarsi dei monti nell'acqua quieta dei laghetti, spazi che incutono per la loro immensità un poco di timore, che ci rapportano con la nostra piccola umanità.
Chi ci legge non sia tratto in inganno: non siamo in cerca di emozioni forti o di sfide particolari. Certo la montagna presenta sempre i suoi rischi, ma affrontiamo solo percorsi attrezzati adatti alle nostre capacità e con cautela, e se le condizioni climatiche non lo permettono evitiamo di spostarci per percorsi in quota.
Ci alziamo di buon mattino per trovarci al primo appuntamento, se siamo fortunati, con camosci, marmotte, volpi, scoiattoli ed un variegato mondo di piccoli e festosi uccelli. Se durante il percorso non osserviamo nessuna specie di fauna pazienza: il resto del percorso o dell'escursione merita la levata mattiniera.
Portiamo sempre con noi una discreta attrezzatura fotografica; il peso è rapportato alle ottiche che si portano via, che possono cambiare secondo i progetti fotografici : se si pensa di attraversare percorsi ad alta probabilità di avvistamento animali il teleobiettivo è d'obbligo ed il peso aumenta., che dividiamo negli zaini. Se al contrario il percorso è meramente panoramico al posto del tele un grand angolo.
Qualche amico mi suggerisce di usare uno zoom per disporre di tutte queste possibilità insieme. E' vero, ma finché le gambe ci consentono di trasportarlo, la soddisfazione di una immagine riuscita con un buon tele fisso è impagabile.
L'hobby per la fotografia ci appassiona entrambi e va di pari passo con quello della montagna: sarebbe imperdonabile non fissare molte di quelle situazioni che rendono la montagna così bella ed affascinante.
Nel tempo abbiamo fissato innumerevoli immagini, dai panorami, ai ritratti della gente locale, di mestieri montani, dalla flora alla fauna.
Sono tutte queste cose insieme, vita, cultura, immagine, che rendono piacevoli ed animati i nostri percorsi.
L'osservazione di animali avviene spesso ed in questi anni gli incontri sono stati molteplici: abbiamo avuto la fortuna di osservare e fotografare pure gli ermellini in manto estivo, ben presenti ma non facili da osservare e soprattutto da fotografare, perché sempre in movimento e non facili da avvicinare a distanza fotografica.


Più facile fotografare le marmotte: basta appostarsi nei pressi della tana su cui si è rintanata ed aver pazienza che esca guardinga. Se esce dallo stesso punto (spesso esce da altro cunicolo del labirinto di passaggi sotterranei su cui costruisce i suoi rifugi), stando immobili e senza fare movimenti bruschi, si può tranquillamente fotografare con buone risoluzioni.
I camosci si riescono a vedere di buon mattino, ad alte quote, quando sono ancora in movimento, prima di rintanarsi in mezzo ai dirupi più alti. Anche in questo caso la migliore certezza per l'avvistamento è quello di trovarsi sui posti al mattino presto.
In quanto ai cervi o caprioli, più schivi, si possono vedere nelle radure ai limiti dei boschi, di primo mattino, intenti a brucare l'erba. Subito sopra l'abitato di Pejo o nei pressi del parco faunistico non è difficile poterli scorgere; invece l'avvicinamento a tiro di teleobiettivo è più difficile se non appostati.
In primavera inoltrata si può osservare verso l'alto le fioriture di tutte le specie della flora alpina.
Già ad aprile spuntano nei campi i magnifichi anemoni e a giugno i versanti si coprono del rosso purpureo dei rododendro.



Frequentando la valle abbiamo fatto conoscenza con dei locali, alcuni che resistono in attività ormai scomparse e che basta saper ascoltare per ripercorrere i percorsi della memoria di un tempo ormai perduto.
Dopo quella di Pejo, quella percorsa con consuetudine è la valle adiacente di Viso, sul versante bresciano del parco, con un caratteristico abitato di case di pietra a vista, con tetti in lastre in pietra locale , situato in un punto strategico per l'allevamento del bestiame. In questi baiti nei mesi estivi vi si trasferiscono i loro proprietari di fondo valle, mantenendo vive, in queste sedi provvisorie, i modi e le usanze consuete. L'abitato è posto a 1.800 metri, che raggiungiamo a piedi partendo da Pian Palù, valicando il passo Montozzo, attraverso la valle omonima, o se impossibilitati dal tempo, e per non mancare all'appuntamento, in vettura, passando da Pezzo.


Vi incontriamo quasi sempre il cordialissimo Sveno, che ti invita immancabilmente a prendere il caffè dentro il suo baito, che è il più vecchio del borgo, senza particolari rimaneggiamenti, al contrario di altri ricostruiti tal quali dopo una rovinosa valanga. E' ospitalissimo, garbato e di prodigiosa memoria, che d'inverno vive a Pezzo, e che non ti lascia ripartire senza aver assaggiato i suoi gustosi formaggi, con fette di polenta calda. Per suoi intendo dire che li produce con le sue mani, da latte di pecore che accudisce in proprio.
Un autunno inoltrato, l'abbiamo trovato intendo a rasare le pecore; pur impegnato in questo mestiere, con gli attrezzi e la stessa tecnica manuale di un tempo, non ha mancato il consueto invito dentro casa sua. Ed anch'esso, con lucida e puntuale memoria racconta la storia di quei luoghi, della vita in paese, di quando giovanotto traversava anch'esso il passo del Montozzo per partecipare a sagre a Pejo; anche di un fatto triste e tragico avvenuto in mezzo a quei baiti durante l'ultimo conflitto bellico, che hanno coinvolto anche un suo fratello, all'epoca giovanissimo, ammazzato dai tedeschi.
Un breve passaggio anche nel vicino Pirli, caratteristico villaggio di poche case disabitate, anch'esse al pari di quelle di Viso senza energia elettrica e gas, tenute aperte solo d'estate, in cui invece ci vive tutto l'anno, in perfetta solitudine ed in simbiosi con la natura la signora Antonietta, l'unica residente stabile del borgo, che non si è voluta mai trasferire nel vicino paese di Pezzo.
Quando inizia l'inverno e la neve comincia ad essere copiosa sono i guardaparco che vanno a verificare il suo stato di salute e approvvigionarla di viveri freschi. E a chi gli chiede il perché di tale scelta risponde che si sente più felice vivere lì, scambiare impressioni coi turisti di passaggio ed accudire il suo orto, che viene immancabilmente 'visitato' dagli abitanti naturali il bosco circostante, cervi, caprioli, ecc.
Anche per noi è bello camminare per sentieri, poter annusare i freschi profumi del bosco, quello intenso della resina fresca degli alberi ed ascoltare nel silenzio il rumore dello spezzarsi degli arbusti secchi e delle pigne a terra calpestate dai nostri scarponi.

 

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