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Nel Sarawak tra i tagliatori di teste: i Dayak PDF Stampa E-mail
Scritto da Luigi Tanzillo   

Quando si parla del Borneo Malese vengono subito alla mente luoghi selvaggi ed incontaminati ed in parte è ancora così soprattutto nello Stato del Sarawak che offre ai visitatori...



.... territori inesplorati racchiusi nei parchi nazionali e molte altre attrattive.
Nel Parco Nazionale Bako si trovano numerose spiagge selvagge,orlate da mangrovie, e itinerari escursionistici che portano i turisti alla scoperta di una flora e fauna unica nel suo genere: la Raflesia, il fiore più grande al mondo che può raggiungere anche un metro di diametro, ben quattro tipi di piante carnivore, oppure la simpatica scimmia Nasica dal lungo naso a proboscide, i macachi e oltre centocinquanta specie diverse di uccelli.

Le meraviglie naturali non sono l'unica attrattiva di questo stato, la visita al Sarawak offre infatti anche la possibilità di incontrare e conoscere lo stile di vita di importanti gruppi etnici, che hanno saputo conservare la loro identità e le loro antiche tradizioni.
Stiamo parlando dell'importante gruppo dei Dayak, gli antichi e famosi cacciatori di teste che abitano lungo i fiumi, nelle caratteristiche abitazioni chiamate 'Longhouse'. Ma non bisogna preoccuparsi, queste popolazioni ormai hanno abbandonato questo rituale destinato ai loro nemici. Oggi i turisti vengono amichevolmente ospitati nei loro villaggi dopo essere stati presentati dalla guida locale: meglio però non farli arrabbiare perché maneggiano ancora abilmente le armi da loro realizzate!
 


Kuching, la capitale dello stato, è un ottima base dove organizzare un tour per la visita di queste tribù attraverso le numerose agenzie locali che offrono escursioni del tutto similari tra loro.
Prima di partire per il tour è meglio spendere almeno un giorno per la visita di questa tranquilla cittadina dove regna un'atmosfera rilassata.
Si può cominciare con una bella passeggiata lungo la riva del Sungai Sarawak, assaporando le specialità locali come ad esempio il granchio di fiume, per poi passare alla visita dei luoghi di maggiore interesse come il mercato della domenica mattina, lo storico Sarawak Museum considerato uno dei più raffinati del Sud-est asiatico, il Forte Margherita e il tempio buddhista di Tua Pek Kong.



Nella città vecchia merita una visita la via pedonale di Indian Street dove fare ottimi acquisti di seta e tessuti, nei numerosi negozi indiani. Due file di palme seguono parallele la via e conferiscono a tutto il quartiere un'aria molto esotica.
Spiccano inconfondibili le grandi statue a forma di gatto che rispecchiano perfettamente il nome della città che in malese significa appunto "gatto": tuttora sono il simbolo della città.

L'escursione per la visita dei villaggi dei Dayak prevede una prima sosta presso il Centro di Riabilitazione degli Orang Utan di Semonggok dove gli esemplari vengono curati e rimessi in buone condizioni prima di essere restituiti alla giungla.
In silenzio si aspetta l'arrivo degli oranghi percepito prima ancora di vederli dal fruscio degli alberi e dalla vista delle cime che si piegano sotto il loro peso, un'emozione unica vederli volteggiare da un ramo all'altro con movimenti per loro assolutamente leggeri e naturali.




Qualche ora di viaggio separa il Centro di Riabilitazione dal fiume e dal molo dove si trovano ormeggiate le lance a motore che portano i turisti fino alle Longhouse.
Magnifico lo scenario che si presenta durante il tragitto in barca: una rigogliosa giungla con altissime piante e rami che si protraggono sopra il letto del fiume, crea un riparo al forte sole malese. Piccoli villaggi e bambini che si divertono in acqua salutando al passaggio dell'imbarcazione, fanno parte della quotidianeità della vita che si svolge lungo il fiume.


Dopo circa un'ora di navigazione finalmente si arriva al villaggio delle popolazioni Iban e alle caratteristiche abitazioni, le lunghissime strutture in legno su palafitte che ospitano l'intera comunità.
Dopo la sistemazione e l'assegnazione delle camere in una spartana abitazione, la giornata prosegue con l'incontro con gli abitanti, e la visita e spiegazione di tutte le attività che compiono all'interno del villaggio.
Ci viene mostrato l'albero del caucciù dal quale si ricava il liquido che verrà poi venduto per produrre la gomma, le piantagioni di pepe verde e altre erbe aromatiche.
Poi è la volta del 'coque fithing' ossia il combattimento tra i galli che vengono aizzati l'uno contro l'altro. In questo caso però non vengono legate lame agli speroni dei volatili e il vincitore viene decretato per la migliore combattività e non per ko dell'avversario attraverso l'uccisione o il ferimento.


Dopo aver tolto le scarpe si visita l'interno della Longhouse. Ogni famiglia possiede uno spazio separato ma che si affaccia su una veranda comune, gestito autonomamente per la cura dei più piccoli e per le piccole attività quotidiane. Questo particolare stile di vita svolto in comune è proprio la caratteristica principale degli abitanti delle Longhouse .


Le donne realizzano a mano coloratissimi manufatti in tessuto, mentre dall'intreccio delle foglie di particolari piante vengono creati bellissimi cesti, tappeti e altri oggetti ornamentali.
Gli uomini costruiscono invece prodotti legati all'antica arte guerriera come scudi in legno e lavoratissimi macete realizzati interamente a mano.
Tutti i prodotti sono in vendita ma non è obbligatorio l'acquisto. Sarebbe comunque buona cosa che ogni turista acquistasse almeno un piccolo oggetto considerando che il ricavato è destinato a finanziare l'intera comunità.
Le persone sono cordialissime e gentili e mostrano molto volentieri ogni tipo di lavorazione per niente infastiditi dalla curiosità di noi turisti.
In un angolo dell'abitazione è appeso un teschio umano che inevitabilmente attira la nostra attenzione e suscita domande. Secondo quanto riferito dalla guida il reperto sembra risalire alla seconda guerra mondiale: forse si tratta dell'ultimo taglio di teste da parte dei Dayak.



La parte più bella della giornata è sicuramente la sera durante la quale gli Iban si esibiscono nelle loro tipiche danze. Prima le donne e poi gli uomini con i costumi di guerra, perfezionano con perfetta armonia dei movimenti antiche movenze che nascondono sicuramente tecniche di combattimento tramandate nella comunità, invitando anche gli spettatori a prenderne parte.


Alla festa prendono parte anche gli anziani della comunità che siedono con noi durante l'assaggio del Tuak il loro fortissimo vino di riso.
La guida traduce per noi le domande che rivolgiamo e che ci sorgono spontanee alla vista del loro aspetto. L'intero corpo è coperto infatti da numerosi tatuaggi ognuno dei quali ha un preciso significato, chissà quante storie potrebbero raccontarci questi due gentili e sorridenti vecchietti e quante avventure avranno vissuto. Ma la loro tranquillità non deve confondere, sicuramente in passato erano dei temibili guerrieri.


Nel frattempo il Tuak fa il suo effetto e prepara gli ospiti ad una notte di profondo sonno nonostante le 'non perfette' condizioni dell'alloggio.

La mattina seguente inizia con un'attività molto divertente: il tiro con la cerbottana.
A prima vista sembra facile ma come tutte le cose bisogna conoscere la giusta tecnica ed infatti tutti sfigurano nei confronti dei due 'anziani guerrieri' che sbaragliano i principianti con precisi tiri dalla distanza.


Successivamente piccoli gruppetti percorrono un sentiero nella giungla durante il quale la guida mostra le piante medicinali e il loro uso, alcuni esempi di trappole e il cimitero della comunità: un'esperienza che può essere molto istruttiva. Nel pomeriggio si ripercorre a ritroso il fiume verso il mezzo di trasporto che riporterà tutti in città.


La visita del Sarawak e delle sue meraviglie lascia così un ricordo indelebile nella memoria di tutti i turisti che hanno avuto la fortuna di poter visitare questi luoghi. Sicuramente un viaggio da intraprendere prima o poi nella vita di ogni viaggiatore!



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Maggio 2007
640 pagine





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