La febbre emorragica di Marburg è una malattia virale causata da un virus
indigeno dell'Africa, molto simile a quello dell'Ebola, appartenente alla
famiglia delle Filoviridae. In entrambi i casi si tratta di agenti patogeni
estremamente aggressivi che danno luogo a una malattia dalle conseguenze
drammatiche e con un alto tasso di fatalità. Se da un punto di vista virologico
Marburg e Ebola sono distinti, molto più complesso è operare una distinzione dal
punto di vista clinico, perché i sintomi e il decorso della malattia sono molto
simili.
Il virus di Marburg fu descritto la prima volta nel 1967, in occasione di
una epidemia a Francoforte, in Germania, e a Belgrado, nella ex Yugoslavia.
L'origine fu riscontrata, in quel caso, nell'importazione di scimmie
dall'Uganda, che contagiarono ricercatori in alcuni laboratori. Ci furono 25
infezioni primarie con 7 morti. Il virus riapparve poi nel 1975 in Sudafrica,
nel 1980 e nel 1987 in Kenya, con pochissimi casi subito isolati. Epidemie più
violente si sono registrate invece tra il 1998 e il 2000 nella Repubblica
democratica del Congo e nel 2004 in Angola, con più di un centinaio di morti.
Sintomi e trasmissione
La malattia si manifesta in modo improvviso e rapido con forte mal di testa,
dolori muscolari e un acuto stato di malessere. Il primo giorno compare una
febbre alta e il malato va incontro a una rapida debilitazione. Verso il terzo
giorno compaiono dolori addominali e crampi, diarrea acquosa che può durare
anche per una settimana, nausea e vomito. In molti casi, tra il quinto e il
settimo giorno, il malato ha delle emorragie da diverse parti del corpo, che
spesso portano a morte. In tutto questo periodo il paziente mantiene una elevata
temperatura, il virus attacca anche gli organi interni e il sistema nervoso
causando stato di confusione, irritabilità, aggressività, perdita di peso, stati
di delirio, shock, insufficienza epatica. Nei casi fatali, la morte sopraggiunge
nell'arco di 8-9 giorni.
Il virus colpisce persone di tutte le età, anche se la maggior parte dei casi è
stata registrata sugli adulti (nel corso dell'epidemia del Congo, i bambini
sotto i 5 anni di età rappresentavano il 12%).
Il contagio avviene per trasmissione diretta del virus da persona a
persona, per contatto con i fluidi corporali, il sangue, l'urina, il vomito ma
anche le secrezioni respiratorie. Non sembra invece essere molto efficace la
trasmissione via aerosol.
Prevenzione e trattamento
Secondo l'Oms, le ricerche effettuate finora hanno escluso che gli esseri umani
siano parte del ciclo naturale del virus, e quindi il contagio avverrebbe per
contatto casuale con altri animali infetti. Tuttavia, gli studi svolti fino ad
oggi non hanno permesso di identificare quale animale sia serbatoio naturale
della malattia, nonostante siano stati analizzati più di 3000 vertebrati e oltre
30mila artropodi. E questo rende molto più difficile l'attuazione di misure
preventive.
Il virus non si trasmette durante il periodo di incubazione, che dura da 3 a 9
giorni. Il momento in cui il paziente è più contagioso è invece quello della
fase acuta della malattia, soprattutto durante le manifestazioni emorragiche. Il
contagio è favorito in tutte le situazioni di condizioni sanitarie precarie,
come frequentemente è il caso nei Paesi a basso reddito, e dove le persone sono
a contatto diretto con il malato e con superfici e materiali infetti. Ecco
perché un adeguato isolamento e sepoltura dei corpi, per ridurre al minimo la
circolazione del virus in ambiente, e la rigorosa applicazione di misure
igieniche che evitino il contatto con strumenti, vestiario e tutto quello che
può essere a contatto diretto con il malato, sono le uniche pratiche che possono
consentire di arginare la dimensione dell'epidemia.
Per i viaggiatori che visitano un Paese dove si sta registrando
un'epidemia di Marburg, è opportuno raccogliere informazioni sulla malattia
prima di intraprendere il viaggio in modo da rivolgersi immediatamente a un
presidio medico al primo sintomo di febbre, adottare pratiche igieniche
stringenti (come lavarsi le mani frequentemente) e non mangiare carne di animali
selvatici, come ad esempio quella di scimpanzé o di scimmia. Non esiste un
vaccino contro la febbre emorragica di Marburg, né alcun trattamento efficace
contro la malattia. L'unico trattamento è quello, laddove possibile, di
assistere il paziente, cercando di ricostituire la sua riserva di acqua ed
elettroliti, fornendo ossigeno ed effettuando trasfusioni di sangue.
Fonte:
EpiCentro, sito web
del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute
dell'Istituto superiore di sanità.
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