Si tratta probabilmente della malattia più antica di
cui si ha notizia. La parola "rabbia" deriva dal sanscrito "rabbahs", che
significa "fare violenza".
La rabbia è una zoonosi, causata da un virus appartenente alla famiglia dei
rabdovirus, genere Lyssavirus. Colpisce animali selvatici e domestici e si può
trasmettere all'uomo e ad altri animali attraverso il contatto con saliva di
animali malati, quindi attraverso morsi, ferite, graffi, soluzioni di continuo
della cute o contatto con mucose anche integre. Il cane, per il ciclo urbano, e
la volpe, per il ciclo silvestre, sono attualmente gli animali maggiormente
interessati sotto il profilo epidemiologico.
La malattia sviluppa una encefalite: una volta che i sintomi della malattia si
manifestano, la rabbia ha ormai già un percorso fatale sia per gli animali che
per l'uomo. Senza cure intensive la morte arriva entro una settimana.
La rabbia attualmente viene elencata dall'Oie (Organizzazione mondiale di sanità
animale), viene elencata nella 'Lista B', che raccoglie le " malattie
trasmissibili considerate di importanza socio-economica e/o di sanità pubblica
all'interno degli stati e che sono significative nel commercio internazionale di
animali e di prodotti di origine animale".
Sintomi e decorso negli animali
Il decorso clinico dell'encefalite rabida è caratterizzato da due possibili
forme che hanno sempre in comune una prima fase caratterizzata da sintomi
generici e poco specifici che coinvolgono il sistema respiratorio,
gastrointestinale e il sistema nervoso centrale. Successivamente la malattia può
evolvere in due forme a decorso acuto.
La forma furiosa (75 % dei casi) caratterizzata da disturbi psicomotori
eccitativi nei quali spiccano la perdita del senso dell'orientamento,
vagabondaggio, accessi di iperattività talora a carattere furioso. Negli animali
si possono avere alterazioni della fonesi e perdita di saliva, sintomo
strettamente correlato alla potenziale diffusione del contagio. L'epilogo della
malattia è caratterizzato dai segni progressivi di paralisi della muscolatura,
fino al coma e alla morte.
la forma paralitica (25 % dei casi), nella quale compare la paralisi
progressiva senza le manifestazioni di aggressività che caratterizzano la forma
furiosa.
Per l'identificazione di un caso di rabbia attenzione particolare deve essere
posta alle turbe del comportamento, a fenomeni di aggressività da parte di
animali normalmente mansueti o viceversa, e a modifiche della fonesi. Questi
sintomi sono ovviamente più facilmente rilevabili da chi, come il proprietario
di un animale domestico d'affezione (cane, gatto), vive a continuo contatto con
l'animale, che quindi diventa un elemento importante per la sorveglianza e la
prevenzione della malattia.
Trattamenti e profilassi
La prevenzione della malattia nell'uomo si basa sulla vaccinazione
preventiva per chi svolge attività professionale 'a rischio specifico'
(veterinari, guardie forestali, cinovigili, guardie venatorie ecc.) e sul
trattamento vaccinale post esposizione, limitato a particolari situazioni di
rischio, come l'aggressione da parte di un animale sospetto. In questo caso,
l'animale deve essere sottoposto ad una osservazione di 10 giorni, in modo tale
da poter escludere l'esposizione al virus al momento dell'aggressione o
esposizione.
Per quanto riguarda la prevenzione della malattia negli animali è
importante:
- la vaccinazione (obbligatoria o volontaria a seconda del dato epidemiologico)
degli animali domestici, la lotta al randagismo e l'attuazione di provvedimenti
coercitivi (cattura ed eventuale abbattimento) al fine di realizzare attorno
all'uomo un anello di protezione costituito da animali domestici non recettivi e
quindi incapaci di trasmettere l'infezione (prevenzione del ciclo urbano della
malattia);
- la vaccinazione orale dei carnivori selvatici, volpi in particolare,
introdotta da più di un decennio in alcuni paesi europei. A seguito di tale
misura è stato osservato un significativo decremento dell'incidenza della
malattia, rilevato attraverso piani di sorveglianza sul serbatoio selvatico
(prevenzione e controllo del ciclo silvestre della malattia).
In caso di post-esposizione alla rabbia è importante lavare e sciacquare
la ferita o il punto di contatto con acqua e sapone, detergenti o acqua
naturale, seguito dalla applicazione di etanolo, tintura o soluzione acquosa di
iodio. A questo punto, a seconda dei casi, si effettua la somministrazione del
vaccino (che rappresenta uno strumento di profilassi ma è efficace anche quando
viene somministrato dopo una esposizione) o di immunoglobuline anti-rabbiche.
Fonte:
EpiCentro, sito web
del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute
dell'Istituto superiore di sanità.
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