Finalmente è arrivato il giorno tanto atteso. L'escursione
che tutti aspettavamo da tempo finalmente si tramuta in realtà. Fare un tuffo
nel mediterraneo di un tempo, non profanato dal turismo incontrollato e dal
traffico estivo dei natanti, che sfrecciano lungo le coste più belle della
nostra Italia.
Immergersi nelle acque di un'isola aperta a solo un migliaio di subacquei
l'anno, riserva integrale sin dal 1971, non può che essere oggetto di desiderio
di tutti noi, e finalmente, in una giornata di fine settembre, il sogno si
realizza.
La più a sud delle isole dell'arcipelago toscano, dista circa 40 miglia da Porto
Santo Stefano. La giornata non è proprio delle migliori, soffia un forte vento e
le condizioni del mare non sono ideali. Sarà una lunga navigazione in quelle
condizioni, non solo per i passeggeri che scenderanno a terra per un'escursione
unicamente terrestre, ma anche per alcuni di noi subacquei, non del tutto immuni
dal mal di mare. Carichiamo tutta l'attrezzatura nel castello di poppa e
all'interno della barca, legando ben bene le bombole e tutto quanto si possa
spostare affrontando quel mare. Finalmente si parte.

La traversata durerà circa due ore e mezza e, dopo avere
attraversato il canale dell'argentario, ci proteggiamo dal vento e dalla forza
delle onde dietro l'isola del Giglio. Passato il cono protettivo dell'isola,
sarà tutta navigazione in mare aperto, e il mare si farà sentire.

Finalmente avvistiamo l'isola di lontano. L'isola è di roccia
bianca, di origine granitica, la stessa origine geologica delle altre isole
dell'arcipelago toscano. Le condizioni meteomarine ci costringono a scegliere
per le nostre immersioni una caletta riparata a nord dell'isola, posizionata tra
Punta del Diavolo e Punta Cappel di Prete. Ci fermiamo e finalmente il mare si
placa, permettendoci di preparare l'attrezzatura subacquea, che fino a pochi
minuti prima era ben legata, onde evitare di rincorrerla per tutta la barca
sotto i colpi impetuosi delle onde.
Siamo finalmente pronti, e ci accingiamo a pianificare la nostra prima
immersione. La morfologia del sito ci suggerisce di dedicarci prima alla parete
nord, che ci appare molto regolare con una forte pendenza. Decidiamo di scendere
sulla catena dell'ancora calata a poppa fino alla profondità di circa quaranta
metri.

L'emozione di scendere in queste acque praticamente
incontaminate, dove la fauna marina non è assolutamente avvezza ad incontri con
i subacquei, e in cui l'impatto dell'uomo è stato praticamente nullo negli
ultimi trentacinque anni, ci rende elettrici, speriamo di ritrovare quel mar
mediterraneo tanto raccontato dai subacquei di una certa generazione e che noi
oggi ci sogniamo di poter rivedere.
Finalmente è il momento e macchine fotografiche alla mano ci buttiamo. Già dalla
catena dell'ancora, mettendo la testa sotto il pelo dell'acqua, branchi di
tanute ci attorniano a centinaia.
Iniziamo la discesa, tutto è a posto e le castagnole si mischiano alla danza
delle tanute avvolgendoci dolcemente, un magnifico benvenuto per la nostra
discesa.
Siamo quasi all'ancora, che senza appoggiarsi sulla parete, ci lascia a pochi
metri da essa, permettendoci di continuare in tranquillità la nostra discesa.
L'acqua è assolutamente cristallina, e la visibilità veramente notevole. Ovunque
si vedono branchi di occhiate e di saraghi fasciati, saettanti ricciole a
caccia, e timide corvine che si nascondono lì dove la morfologia della parete
glielo permette.
Noi ci attestiamo sul fondo per poi cominciare una lenta e progressiva risalita
lungo la parete. Gli anfratti sono ricchi di polpi ed aragoste, mentre le murene
si nascondono a fatica nelle tane concesse dalla parete liscia. Una di loro ci
accompagnerà per un tratto in acqua libera, forse disturbata durante la sua
passeggiata da quegli strani esseri, i subacquei. Qua e là le gorgonie gialle e
bianche offrono ospitalità a granchi non comuni da incontrare nelle solite
immersioni. Ma lo spettacolo più appariscente è rappresentato dalla quantità
incredibile di anemoni del mediterraneo ospitanti granchi sembionti.

Le loro dimensioni notevoli con tentacoli lunghi anche più di
un metro che si estendono in corrente, ci hanno lasciato stupefatti e ci hanno
ricordato come il nostro mare, rispettato e salvaguardato, riesca a regalarci
degli spettacoli sommersi fantastici.
La fine della nostra immersione ci riporta sulla catena dell'ancora da cui
eravamo scesi, facciamo la tappa di sicurezza in compagnia di uno sciame di
castagnole e di tanute, che ci circondano in quei momenti in cui gli sguardi
felici miei e dei miei compagni si incrociano esultanti.
Dopo esserci rifocillati e rilassati per un po' ci prepariamo per la seconda
immersione, che ci porterà lungo la parete verso la punta opposta della baia,
Punta Cappel del Prete.
Ci tuffiamo e ci accostiamo alla parete per proseguire poi verso la punta.
Sott'acqua lo spettacolo ricomincia con un branco veramente notevole di
occhiate, che si mischia a un gruppo altrettanto grosso di saraghi fasciati di
notevole pezzatura. Ovunque le spaccature sono ricchissime di anemoni, e gli
spirografi si mischiano alle gorgonie gialle.
Le spaccature tra i massi sono ricche di tane con cernie e grosse musdee, che si
nascondono ai nostri obbiettivi indiscreti.
Le pareti negative sono ricoperte di astroides e margherite di mare, che danno
un tono di colore acceso col loro magnifico arancione, a cui si unisce il rosso
vivo delle spugne incrostanti.
Ovunque la flora e la fauna del mare nostrum ci appaiono più grandi e più ricche
rispetto ai luoghi dove ci siamo immersi fino ad oggi. Purtroppo il tempo sta
passando e dobbiamo risalire.
La visita ai fondali dell'isola di Montecristo finisce qui, grazie signor Conte
per le emozioni regalateci, torneremo a trovarti presto.

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