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L'isola del conte PDF Stampa E-mail
Scritto da Francesco Riscica   

Finalmente è arrivato il giorno tanto atteso. L'escursione che tutti aspettavamo da tempo finalmente si tramuta in realtà. Fare un tuffo nel mediterraneo di un tempo, non profanato dal turismo incontrollato e dal traffico estivo dei natanti, che sfrecciano lungo le coste più belle della nostra Italia.
Immergersi nelle acque di un'isola aperta a solo un migliaio di subacquei l'anno, riserva integrale sin dal 1971, non può che essere oggetto di desiderio di tutti noi, e finalmente, in una giornata di fine settembre, il sogno si realizza.
La più a sud delle isole dell'arcipelago toscano, dista circa 40 miglia da Porto Santo Stefano. La giornata non è proprio delle migliori, soffia un forte vento e le condizioni del mare non sono ideali. Sarà una lunga navigazione in quelle condizioni, non solo per i passeggeri che scenderanno a terra per un'escursione unicamente terrestre, ma anche per alcuni di noi subacquei, non del tutto immuni dal mal di mare. Carichiamo tutta l'attrezzatura nel castello di poppa e all'interno della barca, legando ben bene le bombole e tutto quanto si possa spostare affrontando quel mare. Finalmente si parte.

La traversata durerà circa due ore e mezza e, dopo avere attraversato il canale dell'argentario, ci proteggiamo dal vento e dalla forza delle onde dietro l'isola del Giglio. Passato il cono protettivo dell'isola, sarà tutta navigazione in mare aperto, e il mare si farà sentire.

Finalmente avvistiamo l'isola di lontano. L'isola è di roccia bianca, di origine granitica, la stessa origine geologica delle altre isole dell'arcipelago toscano. Le condizioni meteomarine ci costringono a scegliere per le nostre immersioni una caletta riparata a nord dell'isola, posizionata tra Punta del Diavolo e Punta Cappel di Prete. Ci fermiamo e finalmente il mare si placa, permettendoci di preparare l'attrezzatura subacquea, che fino a pochi minuti prima era ben legata, onde evitare di rincorrerla per tutta la barca sotto i colpi impetuosi delle onde.
Siamo finalmente pronti, e ci accingiamo a pianificare la nostra prima immersione. La morfologia del sito ci suggerisce di dedicarci prima alla parete nord, che ci appare molto regolare con una forte pendenza. Decidiamo di scendere sulla catena dell'ancora calata a poppa fino alla profondità di circa quaranta metri.

L'emozione di scendere in queste acque praticamente incontaminate, dove la fauna marina non è assolutamente avvezza ad incontri con i subacquei, e in cui l'impatto dell'uomo è stato praticamente nullo negli ultimi trentacinque anni, ci rende elettrici, speriamo di ritrovare quel mar mediterraneo tanto raccontato dai subacquei di una certa generazione e che noi oggi ci sogniamo di poter rivedere.
Finalmente è il momento e macchine fotografiche alla mano ci buttiamo. Già dalla catena dell'ancora, mettendo la testa sotto il pelo dell'acqua, branchi di tanute ci attorniano a centinaia.
Iniziamo la discesa, tutto è a posto e le castagnole si mischiano alla danza delle tanute avvolgendoci dolcemente, un magnifico benvenuto per la nostra discesa.
Siamo quasi all'ancora, che senza appoggiarsi sulla parete, ci lascia a pochi metri da essa, permettendoci di continuare in tranquillità la nostra discesa. L'acqua è assolutamente cristallina, e la visibilità veramente notevole. Ovunque si vedono branchi di occhiate e di saraghi fasciati, saettanti ricciole a caccia, e timide corvine che si nascondono lì dove la morfologia della parete glielo permette.
Noi ci attestiamo sul fondo per poi cominciare una lenta e progressiva risalita lungo la parete. Gli anfratti sono ricchi di polpi ed aragoste, mentre le murene si nascondono a fatica nelle tane concesse dalla parete liscia. Una di loro ci accompagnerà per un tratto in acqua libera, forse disturbata durante la sua passeggiata da quegli strani esseri, i subacquei. Qua e là le gorgonie gialle e bianche offrono ospitalità a granchi non comuni da incontrare nelle solite immersioni. Ma lo spettacolo più appariscente è rappresentato dalla quantità incredibile di anemoni del mediterraneo ospitanti granchi sembionti.

Le loro dimensioni notevoli con tentacoli lunghi anche più di un metro che si estendono in corrente, ci hanno lasciato stupefatti e ci hanno ricordato come il nostro mare, rispettato e salvaguardato, riesca a regalarci degli spettacoli sommersi fantastici.
La fine della nostra immersione ci riporta sulla catena dell'ancora da cui eravamo scesi, facciamo la tappa di sicurezza in compagnia di uno sciame di castagnole e di tanute, che ci circondano in quei momenti in cui gli sguardi felici miei e dei miei compagni si incrociano esultanti.
Dopo esserci rifocillati e rilassati per un po' ci prepariamo per la seconda immersione, che ci porterà lungo la parete verso la punta opposta della baia, Punta Cappel del Prete.
Ci tuffiamo e ci accostiamo alla parete per proseguire poi verso la punta. Sott'acqua lo spettacolo ricomincia con un branco veramente notevole di occhiate, che si mischia a un gruppo altrettanto grosso di saraghi fasciati di notevole pezzatura. Ovunque le spaccature sono ricchissime di anemoni, e gli spirografi si mischiano alle gorgonie gialle.
Le spaccature tra i massi sono ricche di tane con cernie e grosse musdee, che si nascondono ai nostri obbiettivi indiscreti.
Le pareti negative sono ricoperte di astroides e margherite di mare, che danno un tono di colore acceso col loro magnifico arancione, a cui si unisce il rosso vivo delle spugne incrostanti.
Ovunque la flora e la fauna del mare nostrum ci appaiono più grandi e più ricche rispetto ai luoghi dove ci siamo immersi fino ad oggi. Purtroppo il tempo sta passando e dobbiamo risalire.
La visita ai fondali dell'isola di Montecristo finisce qui, grazie signor Conte per le emozioni regalateci, torneremo a trovarti presto.

 

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