Sono un po' stanco, avendo viaggiato tutta la notte sul
traghetto che da Pantelleria mi ha portato a Trapani. Quando però, mentre sto
facendo il biglietto dell'aliscafo per Marettimo mi suona il cellulare e Fabio
mi chiede se la barca che sta uscendo per le immersioni deve aspettarmi, con
entusiasmo gli rispondo di si, sarò lì tra un'ora pronto a cominciare questa
nuova avventura subacquea!
Sono reduce da stupende immersioni nelle trasparenti acque dell'isola di
Pantelleria, ma la voglia di tornare al più presto in quello che Cousteau
definiva il mondo silenzioso fa si che, dopo essere sbarcato da un minuto
sull'isola, io salga con tutti i miei bagagli appresso sulla barca del Marettimo
Diving Center e vesta la bombola a me assegnata...con ancora lo zainetto sulle
spalle!
Tempo neanche un'ora e sono sott'acqua, poichè la nostra meta, l'orlata San
Simone, dista meno di mezzo miglio dal porticciolo.
La prima cosa che mi
colpisce è il trovare le gorgonie rosse (paramuricea clavata) a soli venticinque
metri di profondità: dapprima piccole, man mano che scendo diventano più grandi
e più belle. Il colpo d'occhio di un canyon dalle cui due pareti affacciano
questi rossi ventagli è memorabile. Una gialla leptogorgia sarmentosa
contribuisce a colorare questo giardino, abitato da piccole aragoste, cernie
brune che cercano di nascondersi negli anfratti della roccia e buffe vacchette
di mare (peltodoris atromaculata).
Nel pomeriggio siamo a punta Martina dove,
dopo un bagno di sole e uno spuntino, siamo pronti per la seconda immersione. Su
un pianoro ad una decina di metri di profondità si apre un "buco", detto il
camino: un passaggio che conduce dieci metri più in basso ad una bella grotta,
nella quale sotto forma di grande chiarore subito si evidenzia l'uscita. Le
pareti sono tappezzate di colorate spugne, briozoi e parazoanthus. In un angolo,
parzialmente coperta di sabbia, è adagiata una torpedine (torpedo marmorata) con
questi occhi che sembrano piccoli telescopi. Una sinuosa murena attraversa
velocemente la grotta passandoci vicino.
All'uscita ci accoglie una lepre di
mare (aplysia depilans) che con morbidi movimenti si posa su un'alga, suo
nutrimento, e si lascia ammirare.
Solo alla fine della giornata faccio conoscenza col paese di Marettimo, l'antica
Hiera, quando lo attraverso per raggiungere la mia abitazione. Le case,
concentrate ai piedi del monte Capararo, sono tutte bianche e basse, con porte e
finestre dipinte di azzurro e abbellite da grandi quantità di bouganville. Altre
pennellate di colore si devono alle numerose barche di pescatori che,
galleggianti sull'acqua trasparente o tirate in secca, popolano festose i due
approdi dell'isola.
Quando le ombre della sera hanno il sopravvento e la luce elettrica si
sostituisce, ahimè, a quella del sole, faccio un'altra piacevole conoscenza,
questa volta seduto davanti ad una tavola apparecchiata: il pesto trapanese, che
condisce una pasta fatta in casa ma anche un trancio di pescespada e si candida
a rimanere a lungo nella memoria delle mie papille gustative.
La luce accecante dei raggi del sole riflessi dai bianchi muri che delimitano le
stradine del paese mi accompagna nel percorso mattutino fino alla barca, forse
il momento più bello della giornata, ricco di aspettative per le imminenti
immersioni. Aspettative quasi sempre mantenute.
Punta Bassana diventa presto la meta preferita delle nostre immersioni: ce ne
sono tre o quattro davvero splendide. Il lato nord ha una parete quasi
totalmente ricoperta di madrepora arancione (astroides calycularis), e le prime
gorgonie rosse compaiono già a venti metri di profondità. Ci sono anche gorgonie
gialle (eunicella cavolinii) e bianche (eunicella singularis) e scorgo un bel
ramo di un corallo molle color porpora, l'alcyonium acaule. Nel blu danno
spettacolo dentici e banchi di centinaia di saraghi. Lo scoglio cavo, anch'esso
ricoperto di gorgonie, ospita anche numerose spugne composte da arancioni
digitazioni ramificate (axinella polypoides) e aragoste, oltre a un' àncora in
ferro e una litica, l'una vicina all'altra. Discorso a parte merita lo scoglio
esterno di punta Bassana.
Lo si raggiunge a trenta metri di profondità e la sua parete termina una
quindicina di metri più in basso. Trovo molta corrente in superficie e devo
scendere tenendomi alla catena dell'àncora. Ne vale la pena. Mi imbatto in un
meraviglioso giardino di gorgonie, tra cui sonnecchiano grossi scorfani rossi
e gronghi dagli occhi blu.

Non mi pare vero: tra le rosse paramuricee
c'è un ramo completamente giallo! A volte sfumano in giallo limone
alle estremità, ma tutte gialle sono una vera rarità. Giallo è anche un vero e
proprio cespuglio di falso corallo nero (gerardia savaglia) poco più in là.
Molte tane sono popolate da cernie e baffute musdee. Dopo un'immersione così si
fa volentieri anche la lunga decompressione nel blu. Una volta tornati in barca
Fabio mi chiede : hai visto il tritone? Mi paralizzo. Non lo avevo visto, e ci
avrei tenuto tanto.... Mi tolgo la muta e mi isolo in un angolo, arrabbiato.
Dopo una mezz'ora il buon Fabio viene a dirmi: dai, torniamo giù solo io e te.
Non credo di aver indossato mai una muta tanto velocemente. La corrente in
superficie è aumentata, ma è più forte la voglia di andare a vedere 'sto
tritone. Arriviamo a quaranta metri e...voilà, in una spaccatura circondata da
gorgonie rosse si palesa il grosso mollusco (charonia rubicunda),
dietro al quale cerca di nascondersi una murena. Scatto una ventina di foto
prima di tornare a malincuore in superficie.
Avevo molto sentito parlare della
grotta della Cattedrale, ora finalmente vado a
vederla. Sono quasi emozionato. In breve giungiamo al suo ingresso, a trenta
metri di profondità. Siamo sei subacquei e riusciamo a tenerci ben sopra la
sabbia, in modo da non creare sospensione. Man mano che ci addentriamo nella
profonda cavità la meraviglia, lo stupore, l'incredulità aumentano. Sembra di
entrare in un mondo di fate: colonne centrali e laterali, alcune più grosse
altre più sottili, stalagmiti e stalattiti di vario calibro
attraversano la grotta. Arriviamo fino in fondo a questa incredibile caverna,
lunga oltre cento metri, e quasi non vorrei tornare più indietro, tanto fatata e
insolita è l'atmosfera. Ci sono anche resti fossili di tartarughe.
Tornando
indietro si intravede il chiarore dell'uscita che si fa sempre più grande. Una
magnosa (scyllarides latus) sulla volta della grotta sembra ne sia il guardiano.
A tutto questo ripenso oggi seduto sul divano di casa, davanti al computer, e il
cuore batte un po' più forte nel ricordo.
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