Quando
si parla del Borneo Malese vengono subito alla mente luoghi selvaggi ed
incontaminati ed in parte è ancora così soprattutto nello Stato del Sarawak che
offre ai visitatori...
.... territori inesplorati racchiusi nei parchi nazionali e molte altre
attrattive.
Nel Parco Nazionale Bako si trovano numerose spiagge selvagge,orlate da
mangrovie, e itinerari escursionistici che portano i turisti alla scoperta di una
flora e fauna unica nel suo genere: la Raflesia, il fiore più grande al mondo
che può raggiungere anche un metro di diametro, ben quattro tipi di piante
carnivore, oppure la simpatica scimmia Nasica dal lungo naso a proboscide, i
macachi e oltre centocinquanta specie diverse di uccelli.
Le meraviglie naturali non sono l'unica attrattiva di questo stato, la visita al
Sarawak offre infatti anche la possibilità di incontrare e conoscere lo stile di vita di
importanti gruppi etnici, che hanno saputo conservare la loro identità e le loro
antiche tradizioni.
Stiamo parlando dell'importante gruppo dei Dayak, gli antichi e famosi
cacciatori di teste che abitano lungo i fiumi, nelle caratteristiche abitazioni
chiamate 'Longhouse'. Ma non bisogna preoccuparsi, queste popolazioni ormai
hanno abbandonato questo rituale destinato ai loro nemici. Oggi i turisti
vengono amichevolmente ospitati nei loro villaggi dopo essere stati presentati
dalla guida locale: meglio però non farli arrabbiare perché maneggiano ancora
abilmente le armi da loro realizzate!
Kuching, la capitale dello stato, è un ottima base dove organizzare un
tour per la visita di queste tribù attraverso le numerose agenzie locali che
offrono escursioni del tutto similari tra loro.
Prima di partire per il tour è meglio spendere almeno un giorno per la visita di
questa tranquilla cittadina dove regna un'atmosfera rilassata.
Si può cominciare con una bella passeggiata lungo la riva del Sungai Sarawak,
assaporando le specialità locali come ad esempio il granchio di fiume, per poi passare alla visita
dei luoghi di maggiore interesse come il mercato della domenica mattina, lo
storico Sarawak Museum considerato uno dei più raffinati del Sud-est asiatico,
il Forte Margherita e il tempio buddhista di Tua Pek Kong.
Nella città vecchia merita una visita la via pedonale di Indian Street dove fare
ottimi acquisti di seta e tessuti, nei numerosi negozi indiani. Due file di palme
seguono parallele la via e conferiscono a tutto il quartiere un'aria molto
esotica.
Spiccano inconfondibili le grandi statue a forma di gatto che rispecchiano
perfettamente il nome della città che in malese significa appunto "gatto":
tuttora sono il simbolo della città.
L'escursione per la visita dei villaggi dei Dayak prevede una prima sosta presso
il Centro di Riabilitazione degli Orang Utan di Semonggok dove gli
esemplari vengono curati e rimessi in buone condizioni prima di essere
restituiti alla giungla.
In silenzio si aspetta l'arrivo degli oranghi percepito prima ancora di vederli
dal fruscio degli alberi e dalla vista delle cime che si piegano sotto il loro
peso, un'emozione unica vederli volteggiare da un ramo all'altro con movimenti
per loro assolutamente leggeri e naturali.
Qualche ora di viaggio separa il Centro di Riabilitazione dal fiume e dal molo
dove si trovano ormeggiate le lance a motore che portano i turisti fino alle
Longhouse.
Magnifico lo scenario che si presenta durante il tragitto in barca: una
rigogliosa giungla con altissime piante e rami che si protraggono sopra il letto
del fiume, crea un riparo al forte sole malese. Piccoli villaggi e bambini che si
divertono in acqua salutando al passaggio dell'imbarcazione, fanno parte della quotidianeità della vita che si svolge lungo il fiume.
Dopo circa un'ora di navigazione finalmente si arriva al villaggio delle
popolazioni Iban e alle caratteristiche abitazioni, le lunghissime strutture in
legno su palafitte che ospitano l'intera comunità.
Dopo la sistemazione e l'assegnazione delle camere in una spartana abitazione, la
giornata prosegue con l'incontro con gli abitanti, e la visita e spiegazione di tutte
le attività che compiono all'interno del villaggio.
Ci viene mostrato l'albero del caucciù dal quale si ricava il liquido che verrà
poi venduto per produrre la gomma, le piantagioni di pepe verde e altre erbe
aromatiche.
Poi è la volta del 'coque fithing' ossia il combattimento tra i galli che
vengono aizzati l'uno contro l'altro. In questo caso però non vengono legate
lame agli speroni dei volatili e il vincitore viene decretato per la migliore
combattività e non per ko dell'avversario attraverso l'uccisione o il ferimento.
Dopo aver tolto le scarpe si visita l'interno della Longhouse. Ogni famiglia
possiede uno spazio separato ma che si affaccia su una veranda comune, gestito
autonomamente per la cura dei più piccoli e per le piccole attività quotidiane.
Questo particolare stile di vita svolto in comune è proprio la caratteristica
principale degli abitanti delle Longhouse .
Le donne realizzano a mano coloratissimi manufatti in tessuto, mentre
dall'intreccio delle foglie di particolari piante vengono creati bellissimi
cesti, tappeti e altri oggetti ornamentali.
Gli uomini costruiscono invece prodotti legati all'antica arte guerriera come
scudi in legno e lavoratissimi macete realizzati interamente a mano.
Tutti i prodotti sono in vendita ma non è obbligatorio l'acquisto. Sarebbe
comunque buona cosa che ogni turista acquistasse almeno un piccolo oggetto
considerando che il ricavato è destinato a finanziare l'intera comunità.
Le persone sono cordialissime e gentili e mostrano molto volentieri ogni tipo di
lavorazione per niente infastiditi dalla curiosità di noi turisti.
In un angolo dell'abitazione è appeso un teschio umano che inevitabilmente
attira la nostra attenzione e suscita domande. Secondo quanto riferito dalla
guida il reperto sembra risalire alla seconda guerra mondiale: forse si tratta
dell'ultimo taglio di teste da parte dei Dayak.
La parte più bella della giornata è sicuramente la sera durante la quale gli
Iban si esibiscono nelle loro tipiche danze. Prima le donne e poi gli uomini con
i costumi di guerra, perfezionano con perfetta armonia dei movimenti antiche
movenze che nascondono sicuramente tecniche di combattimento tramandate nella
comunità, invitando anche gli spettatori a prenderne parte.
Alla festa prendono parte anche gli anziani della comunità che siedono con noi
durante l'assaggio del Tuak il loro fortissimo vino di riso.
La guida traduce per noi le domande che rivolgiamo e che ci sorgono spontanee
alla vista del loro aspetto. L'intero corpo è coperto infatti da numerosi tatuaggi ognuno dei
quali ha un preciso significato, chissà quante storie potrebbero raccontarci
questi due gentili e sorridenti vecchietti e quante avventure avranno vissuto.
Ma la loro tranquillità non deve confondere, sicuramente in passato erano dei
temibili guerrieri.
Nel frattempo il Tuak fa il suo effetto e prepara gli ospiti ad una notte di
profondo sonno nonostante le 'non perfette' condizioni dell'alloggio.
La mattina seguente inizia con un'attività molto divertente: il tiro con la
cerbottana.
A prima vista sembra facile ma come tutte le cose bisogna conoscere la giusta
tecnica ed infatti tutti sfigurano nei confronti dei due 'anziani guerrieri' che
sbaragliano i principianti con precisi tiri dalla distanza.
Successivamente piccoli gruppetti percorrono un sentiero nella giungla durante
il quale la guida mostra le piante medicinali e il loro uso, alcuni esempi di
trappole e il cimitero della comunità: un'esperienza che può essere molto
istruttiva. Nel pomeriggio si ripercorre a ritroso il fiume verso il mezzo di
trasporto che riporterà tutti in città.
La visita del Sarawak e delle sue meraviglie lascia così un ricordo indelebile
nella memoria di tutti i turisti che hanno avuto la fortuna di poter visitare
questi luoghi. Sicuramente un viaggio da intraprendere prima o poi nella vita di
ogni viaggiatore!
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